Se da un granaio il grano non può uscire, chi dipende dal granaio per sfamarsi rischierà di patire la fame. E se il granaio d’Europa è l’Ucraina, allora ben si comprende cosa sta rischiano il Vecchio Continente (e non solo) per via della guerra attualmente in corso. A livello politico l’allarme ufficiale è stato lanciato dal presidente francese Emmanuel Macron. Nel corso della presentazione della sua campagna elettorale per la riconferma all’Eliseo, il capo dello Stato transalpino è stato categorico: “Non solo l’Europa ma tutto il mondo rischia una crisi alimentare di 12-18 mesi”. La guerra potrebbe affamare molti Paesi e provocare ulteriori guerre e ulteriori tumulti.

Cosa sta succedendo nel Mar Nero

L’Ucraina produce grossomodo sette volte la quantità di grano e derrate alimentari rispetto al suo fabbisogno. Le sue pianure vaste e fertili da tempo hanno assegnato al Paese il titolo di “granaio” d’Europa e del mondo. L’enorme surplus di produzione di Kiev garantisce forniture di farina e cibo a molti Paesi. Non solo nel Vecchio Continente ma anche ad esempio in nord Africa. Qui dove già manca di tutto, da settimane è lotta per accaparrarsi sacchi di farina e ogni tipologia di genere alimentare. La guerra non ha stoppato del tutto le attività nei campi ucraini. Il vero granaio ucraino ha sede nelle regioni occidentali, lì dove il conflitto sta incidendo di meno e dove molti servizi stanno ancora funzionando. Il problema però sta nelle esportazioni. Il 60% dell’export ucraino di grano, come sottolineato su IlMessaggero, passa dal porto di Odessa. Lo stesso da giorni sotto attacco dei russi e presidiato dalle navi della marina di Mosca in attesa di attuare una pericolosa azione anfibia.


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Non solo grano, ma anche frumento, mais, orzo. Prodotti che escono sempre dal porto di Odessa, “da cui dipende circa l’80% dell’export globale di frumento”, ha ricordato in alcune interviste recenti il ministro dell’Agricoltura ucraino Roman Leshchenko. Dalla terza città ucraina le navi salpano verso il resto del mondo attraversando il Mar Nero. Al di là della guerra che sta circondando il granaio d’Europa, a preoccupare sono le condizioni generali di sicurezza nel tratto di mare che collega il Bosforo con le coste ucraine. Venerdì un mercantile giapponese è stato colpito da un missile mentre era in navigazione nel Mar Nero. Un membro dell’equipaggio è stato ferito e il mezzo adesso ha subito gravi danni. Anche una nave battente bandiera moldava ha subito la stessa sorte. Nei primi giorni di guerra non sono mancati tiri di artiglieria sparati dalle navi russe in grado di sfiorare altri mezzi commerciali.

Segno di come la situazione è in via di ulteriore deterioramento. Quello che accade in mare non è così diverso da quello che accade in terra. Se ci si trova nei pressi di una zona di combattimento, il rischio di essere coinvolti è molto elevato. Molte navi sono “imprigionate” nel Mar Nero ed esposte alla guerra che scorre lungo le coste ucraine. La guerra però si sta combattendo proprio per il predominio su questo strategico grande specchio d’acqua. Non è un caso che i russi stiano riuscendo ad avanzare maggiormente a sud. Mosca potrebbe avere in mano i porti di Mariupol sul Mar d’Azov e di Odessa, se i piani del Cremlino dovessero andare a buon fine. Così facendo avrebbe le chiavi delle esportazioni ucraine e soprattutto allontanerebbe lo spettro di un Mar Nero in mano alla Nato in caso di ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica. Il vero confine russo da tutelare passa proprio da queste parti.

Una crisi alimentare alle porte

Per fare il punto della situazione, il ministro ucraino Leshchenko nei giorni scorsi ha incontrato la stampa internazionale a Leopoli. L’allarme è molto chiaro: chiudendo la possibilità di esportare via mare le derrate alimentari, molti Paesi rischiano di non avere beni di prima necessità. Un problema non inerente soltanto all’Europa. Secondo Leshchenko ci sono zone come quelle del Magreb che dipendono quasi interamente dall’export ucraino. É bene ricordare che nel 2010 la primavera araba ha mostrato i primi segni dopo pesanti rincari dei prezzi dei beni di prima necessità. Una penuria di grano e farina da queste parti costituirebbe una bomba ad orologeria nel cuore del Mediterraneo e in grado di interessare anche l’Italia, a sua volta penalizzata in modo diretto dal blocco delle esportazioni dall’Ucraina.

La guerra nel Mar Nero potrebbe quindi scatenare a catena altri conflitti e altra instabilità. Secondo Leshchenko la comunità internazionale dovrebbe intervenire a propria tutela, oltre che a tutela ucraina: “Dateci la possibilità di aprire almeno un porto – ha spiegato – e noi saremo in grado di esportare il nostro grano”. Kiev potrebbe incrementare l’export tramite le linee ferroviarie, ma il potenziale sarebbe comunque limitato: “Con il treno potremmo portare in territorio europeo circa 500mila tonnellate al mese di grano e frumento – ha chiarito ancora il ministro ucraino – con le navi invece 5 milioni di tonnellate”.