Nell’”amicizia senza limiti” siglata da Vladimir Putin e Xi Jinping ci sono numerose zone d’ombra che devono essere chiarite per capire il reale peso della partnership sino-russa. Innanzitutto, a differenza di quanto non si possa pensare, quella tra Russia e Cina non è affatto un’alleanza né intende in alcun modo avvicinarvisi.
La prova più evidente sta nel fatto che la Cina ha scelto di non seguire la Russia nella guerra in Ucraina. Non solo: a Pechino più di un alto funzionario è rimasto sorpreso, se non in certi casi contrariato, per la piega presa dagli eventi sul fronte, per le minacce nucleari, per la distruzione totale di un Paese, l’Ucraina appunto, che nei piani cinesi avrebbe dovuto far parte della Belt and Road Initiative (BRI). Ma anche per tutte le conseguenze indirette dell’escalation ancora in atto, in primis una maggiore assertività della Nato nell’Indo-Pacifico.
Certo, al governo cinese non può che far piacere osservare da lontano, a debita distanza di sicurezza, il rivale statunitense impantanato nel nodo ucraino e impegnato a rifornire di armamenti Volodymyr Zelensky. Anche perché, banalmente, più armi e attenzioni americane sono dirette verso l’Europa orientale e meno spazio di manovra ha Washington per ragionare sull’Asia.
Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggressività di Putin rischia di creare una spaccatura insanabile tra il blocco occidentale e quello formato da Mosca e dai governi non allineati o in posizione ambigua. La Cina, a differenza della Russia, non ha infatti intenzione di ritrovarsi chiusa in un angolo, demonizzata o peggio esclusa dal commercio globale.
Dal canto suo, Xi ha più volte auspicato la risoluzione del conflitto mediante colloqui di pace ma non è mai davvero sceso in campo per impedire al Cremlino di continuare a sferrare offensive contro Kiev. Il perché è semplice: Pechino non controlla in nessun modo le azioni di Putin. È vero che la partnership sino-russa pende nettamente in favore della Cina ma, a quanto pare, la Russia gode di ampissima autonomia. Giusto per capirsi, il capo del Cremlino non avrebbe neppure avvertito il suo omologo cinese dell’intenzione di lanciare una simile “operazione militare speciale” in Ucraina, lasciando perplessa la leadership del Partito Comunista Cinese.
Una posizione difficile
È sempre più difficile per Xi rapportare costi e benefici della guerra in Ucraina. Toppe le variabili impazzite sul tavolo: su tutte l’imprevedibilità di Putin, che non sembrerebbe intenzionato a mollare la presa nel suo ormai personalissimo testa a testa con il blocco occidentale.
E pensare che in un primo momento, prima del 24 febbraio 2022, la Cina non poteva che nutrire aperto interesse nei confronti di un leader che stava picconando a suo modo il potere degli Stati Uniti e, al tempo stesso, mettendo a dura prova le alleanze statunitensi in Europa, il tutto quasi senza alcun costo per Pechino. Nella migliore delle ipotesi, intervenendo sull’Ucraina, Putin avrebbe forse persino spianato la strada a Xi per raggiungere il suo principale obiettivo in politica estera: riannettere Taiwan alla Cina continentale.
Quando il presunto piano di Putin per far cadere il governo di Zelensky è fallito – e probabilmente, come detto, la Cina lo ha scoperto in differita come il resto del mondo – è apparso evidente che la missione russa in terra ucraina si sarebbe trasformata in una guerra di logoramento.
Da quel momento in poi per Pechino sono iniziati i dolori. Come giustificare il fatto che l'”amico senza limiti” di Xi metta a ferro e fuoco un Paese indipendente, per altro contraddicendo il solido principio cinese di non interferenza negli affari degli altri governi? Come ignorare gli ingenti danni causati dalle bombe russe ai costosissimi investimenti cinesi in Ucraina? Come lasciar perdere lo choc energetico innescato dal conflitto, con l’aumento del costo di elettricità e petrolio in Europa, con ricadute nel business globale, ovvero la piscina prediletta del Dragone cinese?
Anche potendo rispondere a tali domande, la Cina non può rimproverare apertamente Putin, pena il prestare il fianco alla narrazione statunitense e rischiare di perdere un amico che, tutto sommato, fa ancora comodo alla causa cinese.
Finora, Pechino ha insistito sul fatto che la sua amicizia con Mosca è “solida come una roccia”, ma la sensazione è che Xi aiuterà il Cremlino finché ciò non comprometterà l’agenda cinese. È quindi probabile che il matrimonio tra Xi e Putin rimanga un matrimonio di convenienza.
Indipendentemente dall’esito della guerra in Ucraina, la coppia potrà ancora causare molti problemi agli Stati Uniti e ai suoi alleati, ma potrebbe avere grandi difficoltà a raggiungere una vera alleanza (per intendersi, come quella che Washington ha con il Giappone o la Gran Bretagna).
Intanto, ad un anno esatto dallo scoppio della guerra, la Cina ha presentato una proposta formata da 12 punti per porre fine al conflitto. Il documento è stato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri ed è, di fatto, una sintesi approfondita degli appelli fin qui lanciati da Pechino. “Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono restare razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni per impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura vada fuori controllo“, si legge nel paper. La proposta della Cina include la richiesta di un cessate il fuoco e colloqui di pace, oltre alla fine delle sanzioni occidentali contro la Russia. Sottolinea che “i Paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali” e “fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina”. Tra le linee troviamo una critica rivolta agli Stati Uniti (la necessità di archiviare la “mentalità da Guerra Fredda”) ma anche un flebile richiamo alla Russia (basta bombardare strutture civili e non usare armi nucleari).
Opportunità da sfruttare
La guerra in Ucraina offre però alla Cina anche diverse opportunità da sfruttare. Pechino può aiutare Mosca a eludere le sanzioni statunitensi, privare Washington di qualsiasi leva finanziaria e costringere il Cremlino a perdere la sua indipendenza economica. In altre parole, Putin ha un cappio attorno al collo che potrebbe stringersi sempre di più in base alle necessità di Xi.
Il presidente cinese ha definito il capo del Cremlino il suo “migliore amico” e, in effetti, molti fattori li stanno avvicinando. Economicamente, ad esempio, Cina e Russia sono partner complementari. Per i cinesi, la Russia è un fornitore di importanti materie prime, mentre i russi hanno bisogno degli investimenti della Cina e dei suoi prodotti ad alta tecnologia. Il commercio tra i due governi continua a crescere, mentre non mancano neppure esercitazioni militari congiunte.
In ogni caso è inutile girarci attorno: per il Dragone la guerra in Ucraina rappresenta prima di tutto un evento inatteso che potrebbe contribuire ad indebolire gli Stati Uniti e modificare l’attuale ordine globale. Il punto è che, mano a mano che Pechino diventerà più potente, il divario tra Cina e Russia si amplierà sempre di più. Putin sarà disposto a diventare l’amico subordinato di Xi?