Indice Dossier

  1. Tutte le fasi della guerra in Ucraina
  2. Cosa succede a est? La guerra nel Donbass
  3. Dall'occupazione alla riconquista: cosa succede a Kherson
  4. Linee rosse e ipotesi di riconquista. La Crimea al centro della guerra
  5. Ecco dove si decide la guerra in Ucraina
  6. Il populismo di guerra di Zelensky
  7. Com'è cambiata la corte di Putin dall'inizio della guerra
  8. Corruzione, purghe e dimissioni: le lotte per il potere in Ucraina
  9. Il volto della guerra: cosa ci ha insegnato
  10. La guerra dei droni nei cieli dell'Ucraina
  11. Eserciti di Russia e Ucraina a confronto: cosa ha insegnato la guerra
  12. Missili, tank e jet: così la guerra è diventata un banco di prova per le armi
  13. L'industria bellica globale dopo la guerra in Ucraina
  14. Le spie anglosassoni al servizio di Kiev
  15. Tutti gli errori e i problemi dell'esercito russo nella guerra in Ucraina
  16. Dalla maskirovka all'impegno del Wagner: un anno di strategie russe in Ucraina
  17. Un anno di guerra in Ucraina: ecco cosa non abbiamo capito
  18. Sabotaggi dietro le linee nemiche. Così Kiev colpisce la Russia
  19. La guerra in Ucraina e la nuova logica dei blocchi
  20. La guerra in Ucraina: rischi e opportunità per la Cina
  21. Turchia, Israele e Vaticano: a che punto è la mediazione tra Russia e Ucraina
  22. La guerra e lo smarrimento Ue: così la Nato si è “ripresa” l’Europa
  23. La guerra in Ucraina e la partita italiana nella Nato
  24. Un anno di guerra: chi ha davvero aiutato l'Ucraina in Italia
  25. Le armi dell'Italia a Kiev: cosa abbiamo inviato
  26. La partita energetica a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina
  27. Con l’Ucraina ma divisa sugli armamenti a Kiev: il paradosso della sinistra in Italia

La guerra moderna, quella che si sta combattendo sul fronte ucraino tra eserciti convenzionali che mettono in campo ogni strategia e tecnologia, dalla guerriglia alla guerra ibrida, dal vecchio fucile d’assalto sovietico Ak-47 ai nuovi droni da battaglia mai in impiegati su così vasta scala e da ambo le parti, ci ha mostrato, in questo ultimo sofferto e sanguinoso anno di guerra, come i conflitti e il loro svolgimento sul campo siano in procinto di mutare per sempre. Se un secolo fa gli uomini assistevano con stupore ai primi “duelli” del cielo tra pionieri dell’aviazione che si misuravano nelle prime manovre di combattimento, scambiandosi “bordate” di pallottole da pistole automatiche come fossero fregate di marina; nei cieli dell’Ucraina che lambiscono l’Europa posta sotto l’ombrello difensivo della Nato, dove ogni giorno centinaia di droni da ricognizione e d’attacco portano a termine la loro missione, abbiamo assistito – per la prima volta – ad un combattimento aereo tra Uav (unmanned aerial vehicle): gli aeromobile a pilotaggio remoto che fino ad ora non aveva mai trovato un pari avversario nell’aria.

Si è registrato pochi mesi fa, nell’ottobre del 2022, e non si può avere un dato certo su quale sia stato il primo – come non si è ancora accertato veramente quali sono stati i primi piloti a combattere da un aereo all’altro – ma è stato confermato da un video, seguito da molti altri simili, come i droni dell’eterogenea flotta pilotata in remoto dagli ucraini abbia speronato un drone russo provocandone lo schianto. Provocando l’immediata “emulazione” da parte degli avversari per quello che è un nuovo e inatteso capitolo della guerra aerea.

La nuova guerra dei droni

Mentre a terra i carri armati e le batterei di razzi martellano i trinceramenti dei soldati che patiscono il gelo dell’inverno in attesa delle offensive e controffensiva di primavera, nemmeno stessimo leggendo un passo del libro di Erich Maria Remarque, in cielo piccolo prodigi della tecnologia svolgono un ruolo fondamentale in un conflitto che fornirà a strateghi, analisti e storici, le basi per studiare la misura nella “guerra del futuro” che si sta combattendo davvero, sul campo.

Se nei conflitti contemporanei, i droni considerati come “nuova” piattaforma da battaglia (sebbene siano impiegato con successo già dalle guerre balcaniche, che video il battesimo dell’aria dei primi Predator, ndr) erano principalmente impiegati in teatri dove si combatteva una guerra asimmetrica, per individuare e solo insieme seguito eliminare con il loro carico di missili guidati – pensiamo ad Afghanistan e Siraq – nel conflitto tra si sta consumando tra Russia e Ucraina, per la prima volta entrambe le parti sono dotate di questo tipo di arma e dei sistemi anti-aerei/di disturbo per sventare rispettivamente la minaccia. Motivo per il quale siamo assistendo ad un affinamento della strategie per il loro impiego, o forse, considerando che abbiamo appena parlato di uno speronamento, di “futuristiche” quanto efficaci regressioni.

Appare chiaro come questo nuovo approccio possa cambiare del tutto le strategie per l’impiego operativo degli Uav che sono esposti ad una nuova minaccia e non possono più essere piattaforme costose, delicate e incapaci di difendersi autonomamente. 

Attualmente l’impiego di droni da parte di Kiev, che ne affida l’utilizzo alle forze speciali, è comunque incentrato sull’osservazione del campo di battaglia. Piccole unità dotate di droni da ricognizione che hanno preso il nome di “Ochi” (Occhi, ndr), che raggiungono varie posizioni sul fronte e liberano i loro droni per seguire gli spostamenti dall’alto,  ed individuare l’avversario per poi mandare le coordinate di postazioni di comando russe, batterie d’artiglierei e sistemi da guerra sofisticati che “meritino” l’impiego di munizionamento guidato fornito dagli Occidentali. 

Accanto agli “aerei in miniatura” noti come i droni Punisher di progettazione ucraina – i preferiti dalle forze speciali ucraine poiché “incaricato” di recapitare piccole munizioni con un carico esplosivo di poco superiore ai 2 chilogrammi per un raggio d’azione di poco inferiore ai 50 chilometri – vengono impiegati prevalentemente droni di dimensioni ridotte, economici, del tipo para-commerciale (perché sicuramente vengono apportate più modifiche). Stiamo parlando di quadricotteri Matrice 300 o Mavic, entrambi prodotti in Cina ma acquistati su canali paralleli dal momento che ogni azienda produttrice cinese ha preso le distanze dalla guerra.

Piccoli “giocattoli della domenica” che come spiegato in dettaglio sul Washington Post, una volta in prima linea vengono commutati in armi da battaglia per la guerra moderna. Qualcosa di mai visto, solo teorizzato. Le forze speciali ucraine impiegano i Mavic con  piccole “lattine di Coca-Cola” inzeppate di esplosivo e collegare ad un sistema di “sgancia” per farle cadere sui campi minati e aprire dei varchi, ma anche per colpire il nemico e sottoporlo ad una nuova sorta di “guerra psicologica”, dato che le lattine esplosive vengo impiegate anche sugli accampamenti russi, e ormai sentir ronzare un piccolo drone “della domenica” potrebbe equivalere a saltare in aria per una lattina carica di tritolo o simili.

Dall’altra parte del fronte, i russi si affidando all’Orlan-10, il principale drone da ricognizione dell’esercito di Putin che vanta anche capacità di guerra elettronica – che gli consente acciecare i droni avversari – ma ci ricorda una delle più grandi problematiche di Mosca: la carenza di componenti microelettroniche, essenziali per sistemi più avanzati che la Federazione Russa ha sempre acquistato all’estero, senza farne sufficiente incetta prima della rafforzamento delle sanzione che le impediscono di acquisirli. Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, il ministero della Difesa russo avrebbe riconosciuto ufficialmente questo suo deficit. Svelando il secondo grave “problema di approvvigionamento dopo quello dei sistemi di guida del munizionamento intelligente che già da mesi si è ipotizzato inizi a “scarseggiare” negli arsenali di Mosca, o almeno in quelli ai quali si è attinto fino ad ora per le operazioni militari in Ucraina. Secondo le fonti ucraine, sarebbero 580 Orlan-10 abbattuti durante quest’anno. Un numero enorme per un’arma di questo tipo.

Soldati ucraini che usano un drone nella regione di Kherson: Foto: EPA/HANNIBAL HANSCHKE.

I principali droni stranieri sul fronte ucraino 

Bayraktar Tb2 di fabbricazione turca. Kiev ha acquistato i primi nel 2019, utilizzandoli principalmente come droni da ricognizione nel conflitto mai cessato con i separatisti filo-russi attivi sulla quella che era la linea di demarcazione nel Donbas. Nell’ottobre 2021 un TB2 ha effettuato il suo primo attacco da “drone armato”, il suo bersaglio era un obice nemico. I TB2 turchi, che hanno un costo unitario di cinque milioni di dollari possono essere considerati come piattaforma UAV più potente della flotta aerea di Kiev, essendo capati ci trasportare e sganciare sul bersaglio quattro missili a guida laser – MAML o anticarro UMTAS, entrambi prodotti dall’azienda turca Roktsan – nelle sortite che possono durare fino a 24 ore, tenendo un’altitudine oltre i 7.000 metri. Praticamente capacità analoghe ai Predator RQ-1 statunitensi. I Bayraktar hanno avuto un posto di rilievo nei conflitti in Libia e Siria, svolgendo un ruolo non meno decisivo nei combattimenti tra Azerbaigian e Armenia nel Nagorno-Karabakh. L’esercito di Kiev ha usato i TB2 per attaccare le basi e le navi russe sull’isola dei serpenti nel Mar Nero, da cui le forze di Mosca si sono ritirate abbandonando un presidio che si credeva perso per sempre.

Per parte sua la Russia – che pure ha sviluppato negli anni diversi programmi per l’ottenimento e dispiegamento di droni da battaglia – ha acquistato, e impiegato per bersagliare obiettivi di ogni tipo, sia militari che civili, centinaia di droni di fabbricazione iraniana Shahed-136. Droni kamikaze basati sul concetto di ala volante capaci di trasportare con un carico esplosivo di oltre trenta chilogrammi per un raggio d’azione di 2.500 chilometri.

Utilizzati, come opzione a basso costo che oltre a supplire la carenza di munizionamento di precisione russo, ha attirato i missili terra-aria come ucraini come gli S-300 e i Buk che erano preposti alla soppressione della minaccia aerea. Un genere di armamento che non manca nell’arsenale fornito alle truppe di Kiev, che hanno ricevuto le loitering-munition Switchblade gentilmente concesse dagli Stati Uniti.

Si tratta di un piccolo Uav killer lanciabile da un dispositivo portatile simile a un mortaio, con una tangenza di 15,000 piedi ed è stato impiegato con successo in Afghanistan contro quelli che gli americani classificano come “high value targets”, generalmente leader e personalità influenti delle organizzazioni terroristiche ma anche postazione trincerate come un nido di mitragliatrici.

Un drone iraniano Shahed129. Foto: EPA/SEPAH NEWS.

Un duello tra droni

Entrambe le parti belligeranti continuano a impiegare droni secondo l’uso convenzionale che se ne è fatto fino ad ora: compiere voli di ricognizioni per acquisire informazioni e localizzare bersagli sui quali guidare il fuoco dell’artiglieria. L’uso dei droni kamikaze da parte dei russi, che hanno messo nel mirino la rete elettrica ucraina, è una nuova declinazione dell’impiego del drone, ma non essenzialmente una “novità” dato che i droni kamikaze o “suicide drone” sono stati sviluppati proprio per questo genere di azione. Ciò ha anche fatto luce sulla difficoltà d’intercettazione di questi piccoli oggetti volanti che non vengono individuati dai radar e in ogni caso richiederebbero l’impiego di costosi missili dei sistema di difesa aerea Patriot o Nasams, senza costringere l’avversario a sacrificare o mandare a vuoto un sistema d’arma altrettanto costoso. La guerra, come ben sappiamo, è fatta anche di economia.

I duelli tra droni, che come abbiamo detto incentrano le loro tattiche su manovre di speronamento, stanno già assistendo ad un affinamento della tecnica, vedendo gli attaccanti ucraini compiere dei “tuffi” sui droni russi piombandogli dall’alto e sfruttando il loro “punto cieco” e mirando, da una parte come dall’altra ai rotori dei quadricotteri che perdendo anche una singola lama di uno delle pale, perdono il controllo schiantandosi a terra, potrebbero però passare in secondo piano grazie a una nuova tecnologia che come le altre potrebbe mostrarci – sul campo – un’altro scenario delle guerra del futuro: i droni intercettori.

Proprio per ovviare alle letali incursioni dei droni kamikaze iraniani impiegati dai russi, Kiev sta pensando – con il supporto di quelli che ormai sono a tutti gli effetti i suoi “consiglieri” occidentali – all’impiego su vasta scala del sistema Marss. Fabbricato da una startup attiva nel settore della difesa con sede a Monaco, tale sistema si basa su una nuova tipologia di drone che utilizzando l’intelligenza artificiale identifica, traccia e attacca autonomamente i suoi obiettivi in aria.

Ma questa, come al solito è soltanto la punta dell’iceberg. Se fino a dieci anni fa – quando le tensioni tra Russia e Ucraina manifestavamo le avvisaglie di un conflitto che ancora oggi si combatte – il “drone” era considerato come un’arma pionieristica, maneggiata da pochi ed estremamente “solitaria” – i primi Uav infatti venivano mandati a combattere in territori distanti e ostili, contro gruppi di guerriglieri armati al massimo di Rpg, e mitragliatrici leggere incapaci di abbatterli – oggi chi ne sa più di noi ipotizza già “flotte di droni intercettori” a caccia di formazioni di “droni bombardieri” che potrebbero ricevere a loro volta la copertura di droni da combattimento posti a protezione. Insomma, lo stesso scenario delle battaglia aeree del passato, quelle della seconda guerra mondiale, con le stesse tattiche, ma con un piccolo non trascurabile dettaglio a fare la differenza: l’assenza dell’essere umano in quel vortice di manovre di combattimento che l’asso da caccia francese Pierre Clostermann chiamava ai suoi tempi “Le grand cirque“.

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