Nei giorni scorsi, due membri del gruppo Wagner, Azamat Uldarov e Alexei Savichev, hanno confessato al canale dissidente russo, Gulagu.net, di aver ucciso oltre venti bambini e adolescenti tra Bakhmut e Soledar, su ordine di Yevgeny Prigozhin. Le confessioni dei due sono terribili: “Ho sparato alla testa a una bambina di cinque anni”, dice uno. E ancora: “Ho eseguito l’ordine con questa mano, ho ucciso i bambini”.
Molti giornali, in particolare quelli italiani, si sono affrettati a rilanciare questa notizia, senza soppesare il fatto che la fonte fosse un canale palesemente contrario a Vladimir Putin, quindi di parte, e che i racconti dei due ex soldati (il fatto che ora non siano più attivi è stato volutamente omesso) fossero impossibili da verificare. Erano testimonianze, certo. Ma perché rilanciarle così senza metterle in dubbio o senza controllare se fossero vere o no?
Ora però uno dei due, Azamat Uldarov, è stato nuovamente intervistato e veniamo a sapere un’altra versione dei fatti. Anch’essa impossibile da verificare, ovviamente. Ma che smonta quanto da lui affermato in precedenza e che dimostra quanto, in questa guerra (ma in generale in ogni conflitto) sia importante soppesare le dichiarazioni di tutti. Soprattutto dei canali e delle fonti più parziali.
Nella nuova intervista, l’ex militare del gruppo Wagner racconta che le confessioni fatte a Gulagu.net sarebbero, oltre che false, anche frutto di una minaccia: se Uldarov non avesse parlato, qualcuno (l’ex soldato non dice chi) avrebbe pubblicato il video dello stupro e delle torture che avrebbe subito in carcere. L’uomo, prosegue, avrebbe ricevuto il filmato mentre si trovava insieme alla moglie e, se si fosse rifiutato di fare quelle tremende dichiarazioni, il video sarebbe stato inviato a tutta la sua famiglia. Un’offerta che non si poteva dunque rifiutare. Ora: è palese che le due interviste si contraddicano a vicenda e che in una dei due Uldarov menta. In quale, però, non possiamo dirlo. Ciò che ci preme sottolineare è il ruolo che i media stanno avendo in questo conflitto, sempre pronti a rilanciare storie più o meno convincenti in cui i russi vengono rappresentati come i barbari calati dalle steppe pronti a uccidere e stuprare chiunque capiti a tiro. La realtà, di solito, è però un po’ più complessa.
Il canale telegram Grey Zone, inoltre, ha pubblicato un filmato in cui si vedono i commilitoni di Uldarov affermare che, sì, ha combattuto con loro. Ma che era stato inviato nelle retrovie con mansioni minori a novembre, ben prima dunque delle offensive su Bakhmut e Soledar. I delitti confessati dai due sarebbero stati quindi impossibili da commettere. Almeno dando per buona (e noi non lo stiamo facendo) la versione degli uomini del gruppo Wagner.
Qui non vogliamo prendere nessuna posizione. Vogliamo solamente evidenziare una cosa ovvia: che in guerra la prima vittima è la verità. E che viene ammazzata ogni giorno.