In una analisi del 2017 del Center for International Maritime Security, a firma di Jason Y. Osuga, si poteva leggere che uno degli obiettivi della Marina ucraina (e dell’Occidente in qualità di partner) doveva essere quello di costruire una forza navale asimmetrica in grado di fronteggiare un possibile attacco russo nel Mar d’Azov.
L’intuizione nasceva dalla constatazione che le forze russe e quelle ucraine, per quanto riguarda la componente navale, fossero all’epoca significativamente impari. La Flotta russa del Mar Nero, insieme a quelle di altri settori che potevano unirsi a essa in caso di attacco, era evidentemente più forte e più preparata rispetto alla Marina ucraina, pesantemente indebolita dopo la caduta della Crimea, e considerata obsoleta e sottofinanziata. Per questo, l’incapacità di colmare la differenza con la forza navale di Mosca doveva essere – a detta di questa analisi – il volano per Kiev per sviluppare una Marina asimmetrica la cui “spina dorsale” doveva essere “una flotta considerevole di piccole motovedette, navi missilistiche e posamine”. In pratica, quello che ha fatto l’Iran dalla fine degli Anni Ottanta costruendo una flotta di navi estremamente piccole che, nella tipica formazione dello sciame, riescono a essere molto pericolose sia per il traffico mercantile che, soprattutto, in caso di guerra con un nemico più forte a livello convenzionale.
L’Ucraina, che come ricorda Naval News già durante gli anni partenariato con la Nato aveva assorbito le tattiche e le dottrine tipiche delle Marine occidentale, con l’invasione russa si è dimostrata estremamente recettiva sul punto, tanto da avere di fatto ricostruito una flotta da zero impostandola proprio sulla logica della guerra asimmetrica.
La strategia navale di Kiev
Questa strategia di Kiev si fonda su diverse direttrici. In primo luogo, l’Ucraina, grazie al sostengo angloamericano, ha saputo blindare tutta la difesa costiera dalla foce del Dnepr fino a Odessa. Già solo grazie a questa mossa, le forze del Paese invaso hanno potuto allontanare la flotta russa negandole il controllo del mare e facendolo capire con il colpo di immagine più duro: quello dell’incrociatore Moskva.
In secondo luogo, la Marina ucraina ha saputo dotarsi di droni estremamente avanzati che sono risultati letali specialmente nell’ultimo attacco alla Crimea, quello avvenuto a Sebastopoli a fine ottobre. Questi mezzi senza equipaggio, dalla forma di un barchino che ricorda quelli utilizzati dai cartelli dei narcos, sono stati in grado di eludere le difese della flotta del Mar Nero e colpire nel cuore della Marina russa del Mar Nero. Un attacco che secondo quanto riportato da Andrea Mucedola su Difesaonline, dovrebbe essere avvenuto con circa 16 droni, di cui nove aerei e sette di superficie. Di questi mezzi, quelli di superficie sono una novità del panorama del Mar Nero che si era materializzata già nelle settimane precedenti, quando un drone dello stesso tipo era apparso al largo della Crimea ed era stato catturato dalle forze russe.
Infine, non va dimenticato nemmeno un altro fattore non certo secondario delle operazioni di guerra simmetrica: quello della information war e, collegata ad essa, della guerra psicologica. I danni compiuti dalla Marina ucraina con i vari attacchi nel Mar Nero, non solo quello di Sebastopoli di fine ottobre, sono infatti estremamente rilevanti. Dall’affondamento del Moskva ai droni di Sebastopoli, dalla riconquista dell’isola dei Serpenti fino all’affondamento di diverse navi utilizzando anche droni Bayraktar, fino alla negazione completa del controllo del mare davanti alle coste ucraine: tutti questi elementi hanno avuto un impatto molto rilevante sull’immagine della guerra russa in Ucraina.
Anche superiore rispetto al valore in sé del teatro operativo. Gli attacchi ucraini sul fronte navale stanno mettendo in luce tutte le difficoltà tradizionali della Marina russa, e, oltre a mostrare le gravi lacune dell’intelligence di Mosca, confermano come la guerra asimmetrica sia uno strumento fondamentale che può quasi rovesciare le sorti di un conflitto in cui le forze in campo appaiono decisamente impari ai blocchi di partenza.