Il ritiro russo dall’Isola dei Serpenti, avvenuto, come comunicato da Kiev e Mosca, il 30 giugno, cambia lo scacchiere bellico del Mar Nero. Il fronte meridionale della guerra russo-ucraina ha sempre avuto uno dei suoi principali teatri di battaglia proprio in quel minuscolo isolotto a circa 40 miglia dalle coste di Odessa e diventato famoso sin dai primi giorni di conflitto per quella risposta fatta circolare da Kiev contro i russi che chiedevano la resa: “Andate a farvi f…!”. Poi le cose sono andate diversamente: quella guarnigione si è arresa e i suoi soldati, in larga parte, si sono ritrovati sulla terraferma in mano ai russi. Ma nei mesi successivi, Zmiinyi, come viene chiamato quello scoglio del Mar Nero occidentale, è stato continuamente oggetto di rafforzamento della guarnigione russa e di tentativi di assalti da parte delle forze aeree e missilistiche ucraine, che prima hanno affondato alcune navi di Mosca e poi hanno bombardato i sistemi Pantsir giunti sull’isola.

Oggi, dopo la ritirata russa dall’isola dei Serpenti, lo scenario del Mar Nero sembra essere cambiato di nuovo. Anche se è molto complicato dire quanto questo possa influire sulla guerra in generale. L’isola era ed è essenziale per la sua posizione strategica, trovandosi sulla rotta verso Odessa e con la possibilità, attraverso l’installazione di missili a lungo raggio, di mettere sotto tiro anche la costa della Romania. Secondo alcuni osservatori, la presenza russa sull’isola avrebbe potuto anche rappresentare un fondamentale supporto in caso di sollevazione dei separatisti della Transnistria in Moldavia. E guardando a lungo termine, il possesso da parte russo unito a quella della Crimea avrebbe di fatto consegnato il controllo del Cremlino su tutto il Mar Nero nord-occidentale.

La fine del controllo russo è stata descritta da Mosca come un “gesto di buona volontà” per permettere il passaggio dei cargo carichi di cereali dai porti ucraini. Tuttavia, sul punto, sorgono delle perplessità. Innanzitutto, se è vero che la presenza russa avrebbe rappresentato una minaccia, è altrettanto vero che sarebbe stata la stessa Russia a decidere di porla. Nessuno avrebbe costretto le forze di Vladimir Putin ad attaccare o rappresentare una minaccia a navi cargo o di una eventuale missione internazionale, quindi la volontà politica avrebbe comunque avuto la meglio. Inoltre, la presenza russa dalle coste dell’oblast di Kherson fino a tutta la parte occidentale della Crimea, unita alla presenza delle imbarcazione e dei sottomarini della Flotta del Mar Nero rappresentano comunque fattori sufficienti per mettere in pericolo il traffico mercantile. Per cui non sarebbe certo il solo possesso dell’Isola dei Serpenti a rimuovere il rischio.

Infine, resta il problema delle mine, che di certo non sono scomparse con la guarnigione russa e che riguardano diversi chilometri di coste e di porti ucraini. Quegli ordigni, di cui non si conosce in larga parte l’origine, la quantità e la posizione, sono in questo momento la minaccia più seria alla navigazione. Per cui anche senza russi non sembra essere affatto scontata la partenza delle navi dal Mar Nero. Basti pensare che in queste ore la Marina militare bulgara ha disinnescato una mina non lontano dalla foce del fiume Kamchiya, 25 chilometri a sud di Varna.

Dal punto di vista strategico, la ritirata russa potrebbe indicare semmai un cambiamento degli equilibri militari e delle reali intenzioni di Putin, che in questo momento cerca di passare all’incasso evitando il protrarsi di una “operazione militare speciale” logorante e in cui non gli è possibile vincere su tutti i fronti. La presa di Odessa, paventata dall’inizio della guerra anche con un fantomatico pericolo di sbarco anfibio mai avvenuto (e forse mai teorizzato dai comandi russi) appare oggi remota. La Russia ha intensificato gli attacchi nella zona di Mykolaiv e altri raid hanno colpito la città sul Mar Nero, ma l’assedio non sembra essere prossimo. E in ogni caso la fine del controllo sull’isola dei Serpenti appare un indizio su come potrebbe svolgersi l’avanzata a sud, e cioè senza un grosso ausilio da parte della flotta. Il motivo è legato anche all’operatività dei missili antinave che sono giunti a Kiev e che si sono uniti agli indigeni Neptune. L’affondamento dell’incrociatore Moskva e di altre imbarcazioni hanno fatto comprendere che la difesa costiera ucraina non permette un libero movimento della Flotta del Mar Nero. La presenza di una guarnigione sull’isola senza possibilità di rinforzi sarebbe stata un sacrifico quantomeno inutile dopo mesi di guerra e con grosse perdite alle spalle.

Il ritiro dall’Isola dei Serpenti dunque simboleggia in qualche modo la cristallizzazione del conflitto. La parte orientale del Mar Nero, ovvero quell’area che va dalla Crimea fino alle coste del Donbass e del confine russo, appare ormai saldamente nelle mani russe. Il Mar d’Azov è in mano a Mosca e la caduta di Mariupol, città martire dei primi mesi di guerra, ha consolidato le posizioni delle forze occupanti. Per quanto riguarda la parte centrale, ovvero la Crimea e Kherson, la presenza russa è consolidata. Mentre sul fronte occidentale, la situazione appare ancora complessa. Le forze di Mosca premono da est, ma appare difficile una repentina avanzata russa, considerato l’enorme dispendio di energie e di uomini a est dell’Ucraina e l’impossibilità di utilizzare la flotta senza mettere a rischio uomini e unità sotto il tiro dei missili di Kiev. Tutto questo con un grande punto interrogativo: che la ritirata russa da Zmiinyi sia definitiva e non una semplice mossa tattica in attesa di nuovi sviluppi sul piano bellico e diplomatico. La sua posizione strategica non è certo secondaria ed è chiaro che questo ritiro non possa essere derubricato come semplice “gesto” benevolo di Putin: Kiev e l’Occidente hanno comunque inferto un colpo importante ai piani russi sul fronte.

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