Gli F-35B sono la versione a decollo corto e atterraggio verticale (Stovl) del noto caccia di quinta generazione della Lockheed-Martin. I velivoli vengono prodotti da un consorzio plurinazionale che ci vede protagonisti di primo piano: a Cameri, in provincia di Novara, c’è un Faco (Final Assembly and Check-out) che sforna cellule e complete e ali, l’unico sito di assemblaggio e produzione al di fuori del territorio statunitense insieme a quello di Nagoya, in Giappone. L’Italia avrebbe dovuto avere 120 velivoli che sarebbero andati a sostituire la linea di volo da attacco al suolo, interdizione e antiradiazioni dell’Aeronautica Militare, con una quota riservata anche alla Marina Militare per sostituire gli AV-8B plus utilizzati dalla componente aerea imbarcata, costituita dai Panavia Tornado e dagli Amx Ghibli.
Il governo Monti, nel 2013, ha ridotto il programma di acquisizione a 90 macchine: 60 del tipo A per l’Aeronautica, e 30 del tipo B equamente divise tra l’Arma Azzurra e la Marina Militare.
Recentemente, e proprio per via di questa scelta insieme ad un altro fattore contingente ma non secondario rappresentato dalla lentezza della consegna ai reparti dei velivoli, si è accesa un’aspra querelle interna alla Difesa che vede protagoniste le due forze utilizzanti il caccia stealth.
Ciascuna arma ha le proprie ragioni per cercare di cambiare la destinazione finale dei 30 velivoli Stovl.
Secondo l’Aeronautica, la versione nata esplicitamente per l’impiego imbarcato sarebbe la C, quella sinora solo impiegata dagli Stati Uniti, che andrà a comporre i prossimi stormi dell’U.S. Navy in sostituzione degli F-18 Super Hornet. La versione B, invece, sarebbe più idonea per l’utilizzo terrestre da piste avanzate, corte, ricavate da infrastrutture diverse rispetto a quelle aeroportuali classiche: tesi espressa dal generale Leonardo Tricarico. Quindi in funzione della capacità di colpire in profondità le forze nemiche, e in considerazione della maggiore possibilità, con questa tipologia di impiego, di “passare più tempo” sul bersaglio, gli F-35B dovrebbero vestire esclusivamente le coccarde tricolori dell’Arma Azzurra.
La Marina Militare, d’altro canto, afferma quasi l’esatto contrario. Renato Scarfi, già capitano di vascello e pilota della Marina, sentito precedentemente da Lorenzo Vita su InsideOver, afferma che “la versione Stovl, che è nota come la versione navale dell’F-35, è destinata esclusivamente per l’utilizzo sulle navi. Questi mezzi non sono sono adatti a piste non preparate in ambiente ostile, ma richiedono una pista perfetta, pulita e totalmente idonea all’atterraggio e al decollo di questi mezzi”. L’ammiraglio Michele Cosentino, sempre interrogato da InsideOver sulla questione, sottolinea poi l’esigenza della Marina Militare di avere un’aviazione navale, che è uno strumento ormai imprescindibile per la capacità di proiezione di forza.
L’idea dell’Aeronautica di avere il controllo su “tutto ciò che vola”, come in altri periodi storici, impiegando quindi i suoi F-35B sulle navi alla bisogna, non piace alla Marina, che preferisce, per una questione di prestigio ma anche per non perdere le capacità acquisite nel campo delle operazioni aeree imbarcate, avere una propria componente ad ala fissa.
La diatriba è tanto più accesa quanto più le macchine tardano ad affluire ai reparti. La versione B, per l’architettura del velivolo, è più complessa da costruire, e le sue consegne avvengono con una lentezza esasperante, esacerbate anche dal rallentamento degli ordini imposto tre anni fa, i cui effetti si sentiranno anche oltre il Dpp 2020-2022 (Documento Programmatico Pluriennale) che imprime un’inversione a 180 gradi nella politica di acquisizione. L’Aeronautica attualmente possiede (e avrà ancora per almeno un altro anno) un solo F-35B, recentemente visto questa estate per una dimostrazione di impiego avanzato a Pantelleria. La Marina, invece, dovrà aspettare il 2024 per impiegare tre o quattro F-35B su nave Cavour, ottenendo la tanto sospirata Ioc (Initial Operational Capability) che era prevista per l’anno scorso, e con più aerei in linea.
Al Faco di Cameri è quasi pronto ad essere consegnato il quarto esemplare della versione B per la Marina mentre un quinto arriverà alla fine dell’anno prossimo, e attualmente non si sa ancora a quale delle due Forze Armate sarà destinato. Un rateo di consegna inaccettabile.
Questa diatriba sembra quindi non vedere risoluzione, e spiace che gli Stati Maggiori si accapiglino su un tema del genere con la Difesa che, sostanzialmente, non prende posizione. Entrambe le Forze Armate hanno le loro ragioni però, ma entrambe hanno anche i propri torti. Sicuramente l’F-35B non nasce esclusivamente per l’impiego terrestre: la scelta dei Marines degli Stati Uniti di utilizzarlo come unico velivolo imbarcato è indicativa del suo utilizzo navale, che però non è assolutamente predominante ed esclusivo.
La decisione, effettuata negli anni ’70 e ’80, dal Regno Unito di far utilizzare gli Harrier nelle varie versioni (Gr3, 5 e successive) dalla Royal Air Force – se pur con la presenza della versione navale rappresentata dal Sea Harrier – ha dimostrato come una macchina simile per concetto e configurazione (coi dovuti distinguo) all’F-35B possa operare da terra e da piste avanzate. La ragione, quindi, in questo caso sta nel mezzo, o per meglio dire non sta da nessuna parte: gli F-35B possono essere utilizzati dal ponte di una portaerei (anche senza catapulte) così come da piste avanzate, che è proprio quello che fanno (e faranno) i Marines.
Il problema, semmai, è l’esiguo numero di velivoli di tipo Stovl che sono destinati all’Italia: 30 macchine sono poche per tutti, e soprattutto non accontentano tutti. Nè l’Aeronautica, che coi suoi 15 velivoli avrebbe comunque limitate capacità expeditionary, né la Marina, che riuscirebbe a organizzare a malapena un gruppo di volo per nave Cavour, lasciando sguarnita nave Trieste, a prescindere dal fatto che la seconda unità difficilmente verrebbe tenuta in mare in contemporanea alla prima, e soprattutto non con gli stessi compiti, quindi non con le stesse dotazioni aeronautiche. Molto probabilmente i Lightning II Stovl andrebbero a equipaggiare nave Cavour, oppure nave Trieste quando la prima dovesse trovarsi in cantiere per i periodici lavori di manutenzione, in modo da garantire alla Marina la necessaria capacità di proiezione di forza per poter continuare ad effettuare il servizio di difesa degli interessi nazionali che le compete.
Si tratta quindi anche di una questione di ruoli, ed in questo caso la Marina non ha l’esclusiva della capacità di proiezione di forza: l’Aeronautica ha (gli incursori del 17esimo Stormo nascono anche per la costruzione di piste avanzate e improvvisate non a caso) e deve continuare ad avere quel ruolo expeditionary già citato (non solo la difesa dello spazio aereo nazionale quindi) perché è quello che garantisce, in caso di bisogno, la continuità delle operazioni fuori area a lungo termine: una nave portaerei, prima o poi, deve tornare per forza in porto.
Insomma serve una capacità congiunta – definita jointness – dei comandi e una integrazione delle competenze, anche con parziali sovrapposizioni che garantirebbero una certa ridondanza in caso di necessità, quindi sostanzialmente la scelta di avere gli F-35B per due Forze Armate è giusta, ma non è giusta la decisione di acquistarne così pochi.