Sembra di esser tornati a 70 anni fa, quando Russia e Stati Uniti facevano a gara per liberare Berlino. Oggi, la situazione in Siria è simile. Fino a poco tempo fa, si parlava solamente di Raqqa (guarda il reportage dal fronte di Fausto Biloslavo), la capitale dello Stato islamico, e si diceva: chi arriverà prima vincerà la guerra. Vero. Quella in Siria non è solamente una guerra civile. È anche (o, forse, soprattutto) una guerra che viene da fuori e che, in gran parte, verrà risolta fuori. Gli Stati Uniti (che hanno innescato la crisi) e la Russia (intervenuta per arginare l’avanzata dei terroristi) stanno correndo per liberare Raqqa e, ora, anche Deir Ezzor.
I curdi, da mesi, avanzano sulla capitale dello Stato islamico. Guadagnare terreno è difficile, perché, come già successo a Mosul, le bandiere nere usano i civili come scudo umano e hanno trappolato diverse vie della città. Le forze democratiche siriane, lo scorso primo settembre, sono comunque riuscite a liberare la parte vecchia della città.
Ma ciò che ha colpito in questi giorni è che i curdi hanno momentaneamente interrotto l’avanzata su Raqqa per spostarsi verso Deir Ezzor, da poco liberata dall’esercito siriano. Una decisione che crea parecchia confusione e che dimostra come gli Stati Uniti non vogliano che l’esercito siriano raggiunga la sponda orientale dell’Eufrate. Il motivo è semplice e l’ha spiegato ieri Giordano Stabile su La Stampa: “Agli Usa spetta una zona di influenza all’Est dell’Eufrate, cioè lo spicchio nord-orientale del Paese, Assad e i russi sono liberi di riprendersi tutto il resto”. Si tratterebbe, in pratica, di “una piccola Yalta in Medio Oriente”. Ovviamente non ci sono conferme diplomatiche in questo senso, ma la realtà, almeno per il momento, è questa.
I curdi a nord controllano tutta l’area che va da Manbij (a est) fino ad Al Malikiyah (a ovest). La parte più a sud controllata in questa zona dalle Forze democratiche siriane dista pochi chilometri da Deir Ezzor, come dimostra un video diffuso dagli stessi curdi proprio poche ore fa.
First day of SDF “Operation Cizire Storm” where the SDF liberated several villages and finally reached Deir-Ez-Zor industrial zone. pic.twitter.com/FPFP4gLr79
— Afarin Mamosta (@AfarinMamosta) 10 settembre 2017
I curdi si sarebbero spostati a sud per cercare di frenare l’avanzata dell’esercito siriano e, soprattutto, per bloccare l’espansione di Damasco verso est. Ciò dimostra almeno una cosa: la Yalta mediorientale fatica a reggere. Se – e il condizionale è d’obbligo – russi e americani si sono accordati per spartirsi, almeno per il momento, zone di interesse in Siria, allora questo accordo non regge già da ora e, soprattutto, non reggerà mai.
In un altro articolo, abbiamo scritto che Assad ha ormai vinto la guerra. Forse sarebbe meglio dire: ha vinto la prima parte della guerra. I territori controllati dallo Stato islamico sono ormai ridotti a un lumicino in Siria e in Iraq. I ribelli controllano la provincia di Idlib, Daraa e la parte desertica del sud del Paese (anche se a breve abbandoneranno anche questa area). La vera partita si giocherà al nord, con i curdi che, come è noto, sono appoggiati dagli Stati Uniti. Cosa succederà? Difficile prevederlo. Forse, per Assad, potrebbe diventare preziosa la collaborazione con Recep Tayyip Erdogan. Il Reìs turco è sempre stato dalla parte dei ribelli siriani e, a lungo, ha sperato nella cacciata di Assad. Ha spalleggiato l’Isis, come hanno dimostrato diverse inchieste di giornali turchi e internazionali. Ma per Erdogan il nemico numero uno sono i curdi e Assad potrà far leva su questo per trovare una nuova sponda. Ma si tratta, per il momento, di fantapolitica.