Sembrerebbe una storia di fantascienza alla Robocop quella che arriva dalla Cina se non fosse già realtà scientifica. Pechino starebbe carezzando il sogno della messa a punto di un esercito di superuomini la cui potenza e resistenza non passerebbe più dal proprio equipaggiamento, bensì dal proprio Dna. Come? Attraverso una esperimento che ha dato risultati inaspettati.

Il gene dei tardigradi e la sperimentazione

Un team di laboratorio dell’Accademia delle scienze militari di Pechino, specializzato in biotecnologie, ha infatti ha provato a impiantare in cellule staminali umane un gene appartenente alla specie dei tardigradi, noti anche come “orsi d’acqua“. Si tratta di un animale microscopico a otto zampe, più piccolo di un mm, risultato essere la specie più resistente sul pianeta: in anni di sperimentazione pare essere sopravvissuto a temperature pari a -200 °C, più di un’ora in acqua bollente e perfino ad un volo spaziale. Da qui, l’intuizione di mescolarne i geni con quelli umani alla ricerca di un superuomo. La peculiarità di questo essere sta in alcuni suoi geni in grado di generare proteine-scudo capaci di proteggere dall’ambiente esterno.

Una volta in laboratorio, il team cinese guidato dal professor Yue Wen ha utilizzato uno strumento molto comune ormai, il CRISPR/Cas 9, meglio noto come “forbice genetica“, valso il premio Nobel per la Chimica nel 2020 a Emanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna. La scoperta sensazionale? Il 90% delle cellule embrionali umane portatrici del gene dell’orso d’acqua, ha mostrato una resistenza straordinaria ai raggi X. Il gruppo ha poi pubblicato i risultati della ricerca lo scorso ottobre sulla rivista dell’Accademia, suscitando un revival di interesse, sebbene una delle più importanti pubblicazioni al riguardo risalga al 2019, essendo i tardigradi oggetto di studio all’interno della ricerca sul cancro, sul diabete e il morbo di Parkinson: il gene dell’orso d’acqua, infatti, pare possa svolgere una funzione protettiva dallo stress ossidativo responsabile di queste patologie.

Una sperimentazione legale?

Wen e il suo team si trincerano dietro la “legalità” della sperimentazione: questi risultati, infatti, sono stati prodotti attraverso linee cellulari coltivate artificialmente in provetta. In Cina, soprattutto dopo gli anni bui che hanno bollato Pechino come l’untrice del mondo, la notizia della sperimentazione è passata in sordina nascosta fra centinaia di studi e pubblicazioni sul Covid-19. Non c’è grande interesse a fare chiasso sui risultati, sebbene sia stata annunciata come una rilevante scoperta per curare numerose patologie. Nell’articolo del South China Morning Post che ha puntato sui riflettori sulla scoperta, più volte viene citato un ricercatore che – chiedendo l’anonimato – si esprime da Cassandra: al momento al ricerca verrebbe “coperta” dal fine legato a patologie comune, ma questo sarebbe solo una copertura scientifica a un fine militare, e i finanziamenti futuri ne sveleranno la portata. “Questo gioco potrebbe non avere un lieto fine”, ha dichiarato lo scienziato nell’articolo di Stephen Chen: è l’eventuale sperimentazione umana che apre scenari inquietanti che riportano a scenari da Mkultra.

Lo step successivo

L’esperimento, al di là degli interrogativi bioetici, pone delle problematiche pratiche di rilievo, poiché il trasferimento genetico può risultare fallimentare ma, soprattutto, l’ampio divario di specie, può essere in grado di generare mutazioni pericolose. Il team di Wen, tuttavia, è pronto a confermare che le staminali hanno funzionato normalmente e che sono perfino cresciute più velocemente in certe fasi dello sviluppo. La fase successiva ora sarà quella di produrre cellule ematopoietiche, ovvero in grado di produrre sangue. Ed è proprio lì, infatti, che viene combattuta l’esposizione alle radiazioni. L’idea di base è che, intervenendo sul midollo osseo con cellule così potenziate, si ridurrebbero gli effetti nefasti del fallout radioattivo aumentando la resistenza umana ad eventi apocalittici di natura nucleare come incidenti, conflitti o attentati terroristici. Il riferimento, però, nelle succinte dichiarazioni che hanno concesso è chiaramente al personale “militare” oltre che a quello civile.

Gli interrogativi bioetici

Del resto la Cina non è impermeabile, tantomeno l’unica, a questo tipo di sperimentazioni azzardate. Nel 2018, un precedente che balzò agli onori della cronaca: il biofisico He Jaiankui utilizzò la forbice genetica per alterare la composizione degli embrioni di due gemelle per renderle immuni all’HIV. Dopo la nascita delle due bambine e la divulgazione della notizia, lo scienziato è stato incarcerato per tre anni per aver “avventatamente applicato la tecnologia di editing genetico alla medicina riproduttiva umana assistita”. Scarcerato nel 2022, ha dichiarato di essere alle prese con la creazione di un centro di ricerca atto a osservare la crescita delle bambine e studiarne il caso. Oltre questo limite, tuttavia, non gli sarà concesso andare. E ancora, nel 2021, il genetista americano Juan Carlos Izpisua e un team di ricercatori cinesi hanno annunciato dia ver iniettato con successo cellule staminali in embrioni di scimmia macaco spalancando l’abisso della produzione in laboratorio di ibridi e chimere. Visti i famigerati precedenti, gli interrogativi sul team di Yue sono numerosi: chi finanzierà la seconda parte della sperimentazione? Il progetto è ancora nei limiti della legge o trattandosi di tecnologia militare, esula dalle comuni garanzie?

Un “super esercito”?

Eppure, questo non è l’unico punto sul quale si sta investendo per ottenere un esercito che da old fashion si trasformi in un modello all’avanguardia. Armi a microonde di ridotte dimensioni in grado di neutralizzare droni e aerei, pistole elettromagnetiche capaci di surclassare le tradizionali armi di fuoco in dotazione ai militari; ma anche droni spia ad alta quota come recentemente rivelato dai Pentagon Leaks.

Il conflitto in Ucraina, la vicenda di Taiwan, l’assertività nordcoreana. L’esperimento di Pechino sembra essere figlio dei tempi che corrono e di un atteso conflitto nucleare che si aggira come uno spettro, soprattutto in Asia. Il fatto che l’esperimento sui geni dei tardigradi sia stati condotto da un’istituzione scientifica militare rende chiaro quale sia il sogno futuribile della Repubblica Popolare e della sua Difesa. Un allarme che l’intelligence Usa aveva lanciato già nel 2019, denunciando l’utilizzo delle tecniche di editing genetico frutto della fusione militare-civile che la Cina starebbe mettendo in campo per realizzare dei super-soldati. In un articolo del 2019, pubblicato sulla rivista della Jamestown Foundation, infatti, proprio la forbice genetica veniva individuata come un'”arma” potenzialmente letale nelle mani dei militari cinesi. L’allora vicepresidente dell’Accademia delle scienze militari, il Maggiore generale He Fuchu, venne salutato come l’ideologo della militarizzazione della biotecnologia, fautore di concetti come “dominio biologico” e “frontiera biologica” che oggi sono parte fondamentale della strategia di militare di Pechino.

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