Mentre accerchiavano la capitale Kiev e ponevano sotto assedio la metropoli dell’Est, Kharkiv, i russi intenti a combattere nella guerra in Ucraina hanno aperto anche un terzo fronte, a Sud. Un fronte che nel primo giorno di marzo ha conosciuto un’evoluzione repentina con l’entrata delle truppe di Mosca a Kherson, città sulle sponde del Mar Nero che rappresenta la “porta” del Sud dell’Ucraina e l’unico, vero ostacolo sulla strada che porta a una delle città strategicamente più importanti, Odessa.
Kherson e Mikolajiv, ultimo baluardo dela terza città del Paese e per il controllo del Mar Nero, hanno resistito per diversi giorni. Emerge in tutta la sua gravità l’errore ucraino di non far saltare il ponte di Antonovka, sul Dnepr, che è stato bombardato dai russi mentre la resistenza di Kiev si concentra nel villaggio di Aleshki.
Sotto il profilo politico l’accerchiamento e l’ingresso dei russi a Kherson ha una valenza paragonabile a quella militare. Su quest’ultimo fronte, come sottolineato su queste colonne, Kherson può essere un perno capace di accelerare un’ulteriore avanzata sul Paese invaso dalle truppe di Vladimir Putin e condurre al cedimento del fronte difensivo ucraino, spalancando a Mosca la possibilità di consolidarsi sull’asse compreso tra i confini di Stato, il Mar Nero e l’ansa orientale del fiume Dnepr. Ma sul versante politico ha un’importanza in quanto asset vitale per le trattative che Russia e Ucraina sono pronte a riaprire in Bielorussia.
Sembra di tornare ai tempi della Pace di Westfalia o del Congresso di Vienna: città occupate e utilizzate come arma negoziale per delle trattative. Potenze che utilizzano come leve trattative le conquiste strategiche fatte sul terreno. L’architettura securitaria europea che si sgretola e viene sostituita dalla nuova logica di potenza di occupazione delle zone grigie e prevenzione della penetrazione avversaria perseguita, con una narrazione difensiva, dalla Russia. L’occupazione di Kherson vuol dire per Mosca segnare il primo, grande punto dall’inizio della guerra. Vuol dire aprire la strada all’interdizione del Mar Nero agli ucraini, vuol dire la possibilità per i loro carri armati e le loro truppe di correre a tutta velocità per le pianure sarmatiche a Est del Dnepr. Mettendo al sicuro le fonti idriche anelate da Crimea e Donbass. Aprendo all’annullamento di fatto di qualsiasi discorso sull’interdizione del Mar Nero alle navi russe per mezzo di blocco del Bosforo da parte della Turchia. Portando al tavolo delle trattative una situazione militare molto favorevole.
Vi è dunque un’importanza ben chiara nella battaglia che infuria nella città in cui, forse ancora più che a Kharkiv, mezzi pesanti, inclusi artiglieria e lanciamissili, aerei e carri armati hanno imperversato per le strade di un centro abitato divenuto terra contesa. Un’importanza simbolica tanto quanto materiale: Kherson, lontano dalla mediaticità dei primi giorni che condizionava principalmente il fronte di Kiev, serve alla Russia per consolidare il suo asse di penetrazione, portare il fronte lontano dalla Crimea, dividere l’Ucraina in due.
Kherson, obiettivo ben meno complicato rispetto a Kharkiv e Kiev, potrebbe dunque essere la prima “perla” aggiunta dalla Russia alla sua collezione di conquiste ed essere, come anticipato, una possibile svolta nella guerra, facendo venire meno la potenzialità di risposta degli ucraini.
Una posizione di maggior forza negoziale
Lunedì si è avuto il primo round di colloqui tra russi e ucraini in territorio bielorusso. In questo mercoledì dovrebbe tenersi un nuovo incontro. Le condizioni però adesso sono diverse. Mosca può mettere sul piatto il controllo di Kherson e di buona parte del sud del Paese. Forse è proprio per questo che le operazioni su questa regione e su questa città si sono intensificate nelle ultime 48 ore. Mentre a Kiev i carri armati sono rimasti in periferia, a Kherson sono potuti avanzare fino al cuore del centro urbano. Quando russi e ucraini saranno nuovamente l’uno di fronte all’altro, Mosca può mettere in chiaro di avere al sicuro la Crimea e le coste del mar D’Azov, oltre ad avere la chiave per accedere a Odessa e lungo le regioni costiere del mar Nero. Uno dei due punti chiesti dal Cremlino per un cessate il fuoco, durante il primo round dei colloqui, ha riguardato proprio la Crimea e, in particolare, il riconoscimento della sua sovranità sulla penisola. Gli ucraini, che vedono adesso la loro integrità seriamente minacciata e temono una reale spaccatura del Paese, chiederanno il ritiro delle truppe.
Richieste russe e richieste ucraine potrebbero trovare in Kherson una leva importante. Se Kiev vuole la fine delle operazioni militari, la Russia potrebbe, alla luce delle avanzate a sud, puntare sul riconoscimento della Crimea. Scenari non così remoti, al netto poi delle concrete possibilità di dialogo tra le parti. Il punto è che di fatto Kherson potrebbe diventare pedina di scambio. Ma anche perno di una strategia militare volta a dilagare nel sud dell’Ucraina. Comunque vadano le cose, una fetta importante del conflitto passa da questa città.
Qual è la situazione a Kherson
Sulle sorti militari della battaglia però non manca la confusione. Mercoledì mattina il ministero della Difesa russo aveva confermato quanto trapelato nelle ore precedenti dai video. E cioè che Kherson era stata definitivamente presa e conquistata. Poche ore dopo però il sindaco Igor Kolykhayev ha smentito. Pur ammettendo la presenza dei russi attorno il centro urbano e in alcuni quartieri, ha fatto sapere però che la città è in mano ucraina. L’unica cosa certa è che qui, comunque sia realmente la situazione, le truppe di Mosca hanno realmente sfondato le prime linee ucraine. A differenza invece di quanto accaduto a Kiev e Kharkiv. Dunque, comunque vada, Kherson è già un’importante pedina di scambio per i russi e un importante perno militare. Sarà importante vedere, da qui ai prossimi giorni, la reazione della popolazione locale alla presenza dei mezzi di Mosca.