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Sebastopoli non è una città come le altre. E questo è possibile ravvisarlo anche nel suo status politico. A prescindere che si tratti della costituzione ucraina, quella vigente sul territorio secondo il diritto internazionale, oppure delle disposizioni russe valevoli de facto, Sebastopoli gode di un’amministrazione autonoma distinta da quella del resto della Crimea. Vale a dire che sia a Kiev che a Mosca, la città ha un rango differente rispetto le altre.

Il perché di questo status è dato soprattutto dal suo porto. Qui è ormeggiata gran parte della flotta russa che opera nel Mar Nero e nel Mar Mediterraneo. Era quindi solo questione di tempo prima di vedere Sebastopoli investita in in pieno dalla guerra. Il raid missilistico di questo venerdì lo dimostra. Il suo porto è stato pesantemente bersagliato, le schegge degli ordigni lanciati dall’Ucraina hanno colpito anche uno dei teatri più importanti. La gente si è messa in fuga e riversata nei rifugi. Sebastopoli, durante l’ultimo attacco di Kiev, ha vissuto le stesse sensazioni di guerra ravvisabili a Odessa, giusto per restare nell’orbita del Mar Nero.

Il raid missilistico di venerdì

Quando le sirene di allarme aereo hanno risuonato, forse in pochi si aspettavano un attacco di così vasta portata. La gente è da tanti mesi che ha messo in conto di rimanere impelagata nel conflitto. Tra l’azione dei droni e le incursioni di natanti senza pilota nel porto, il rumore di esplosioni e sirene di emergenza dirette verso la base navale ha consegnato la percezione agli abitanti di Sebastopoli di abitare a pochi passi dal fronte.

Ma in questo venerdì la situazione si è fatta subito diversa. Molti testimoni hanno notato l’attivazione della contraerea. Segno di come sulla città non stavano arrivando solo i droni, ma al contrario c’era da aspettarsi un importante bombardamento missilistico. Le esplosioni sono state potenti, il rumore delle deflagrazioni ha fatto tremare anche il centro storico ed è stato udito a chilometri di distanza. E subito dopo l’allarme delle sirene non è cessato. Anzi, il governatore dell’amministrazione russa ha invitato i cittadini a non recarsi in centro e a cercare un qualunque rifugio.

Sul campo, secondo fonti di Mosca, l’attacco avrebbe ucciso almeno un soldato. Ma sui social in tanti hanno sottolineato la presenza di una decina di ambulanze vicino il quartier generale della flotta sul Mar Nero. Proprio questo edificio è stato quello più danneggiato, forse per Kiev ha rappresentato il vero obiettivo dell’attacco. Tanto che dalla capitale ucraina, nel primo pomeriggio, sono arrivati messaggi di rivendicazione del raid e della distruzione del quartier generale.

Non più soltanto droni

Non è stato comunque il primo attacco di Kiev contro la penisola. Al contrario, nelle ultime settimane si è assistito a un’intensificazione delle azioni contro le forze russe stanziate in Crimea. Un territorio, è bene ricordarlo, che i russi considerano oramai parte integrante della federazione dal 18 marzo del 2014. Ma che gli ucraini non hanno mai smesso di reclamare. Per Kiev ogni attacco contro la penisola è un attacco contro forze di occupazione. Per Mosca, al contrario, i raid sulla Crimea sono considerabili come diretti contro il proprio territorio.

Nell’ottobre del 2022 si è avuto il primo attacco eclatante contro la penisola da parte ucraina. Ha riguardato il ponte sullo stretto di Kerch, per il Cremlino il simbolo del ritorno alla federazione russa della Crimea visto che unisce la regione con la Russia continentale. Si è trattato però in quel caso non di un missile, bensì di un’azione di sabotaggio attuata da un camion bomba. Poi è stata la volta di diverse azioni compiute dai droni, sia aerei che navali. Mezzi senza pilota capaci di colpire anche l’area del porto di Sebastopoli.

L’attacco di venerdì è stato preceduto da un altro raid, attuato lo scorso 21 settembre contro una base aerea a nord di Sebastopoli. L’area, in particolare, è stata colpita da missili da crociera lanciati dalle forze di Kiev. Ordigni in parte neutralizzati dalla contraerea. Venerdì quindi l’Ucraina ha definitivamente alzato il tiro. Con Sebastopoli questa volta caduta nel mirino non di sabotatori o di droni, ma di altri missili da crociera.

Perché Kiev attacca la Crimea

La penisola non ha un valore unicamente simbolico. “Tutto è partito dalla Crimea e tutto finirà in Crimea”, ha dichiarato nei mesi scorsi Mykhail Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ma non è soltanto per un mero segnale che Kiev sta concentrando oggi molti dei suoi attacchi in questa regione. Al contrario, la Crimea ha un valore al momento prettamente strategico. Da qui passa la gran parte dei rifornimenti russi diretti nelle regioni meridionali dell’Ucraina, le stesse occupate da Mosca a partire dal febbraio 2022. E le stesse dove da giugno si sta combattendo nell’ambito della controffensiva promossa da Kiev.

Gli attacchi verso la Crimea hanno quindi una duplice funzione. Da un lato sono attacchi contro le retrovie, capaci quindi potenzialmente di generare caos a sud delle principali linee del fronte. Dall’altro si tratta di raid volti a creare seri danni alla logistica russa, in modo da ridimensionare la capacità di trasferimento di uomini e mezzi verso le trincee e le aree di combattimento. Più si andrà avanti con gli scontri nelle aree meridionali e più la Crimea è destinata a diventare tra i più importanti teatri di guerra.

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