Lo abbiamo sostenuto in tempi non sospetti, e non possiamo fare altro che continuare a ripeterlo: le guerre di oggi si combattono con l’intelligence prima ancora che con le armi. Per questa ragione lo Stato d’Israele – indispettito dall’utilizzo di droni kamikaze di fabbricazione iraniana da parte di Mosca nel teatro ucraino – sta o starebbe fornendo qualcosa di più prezioso, non tracciabile, e meno “compromettente” di sistemi d’arma che potrebbe incrinare i rapporti con il Cremlino e ampliare la portata del conflitto: la teoria necessaria a sopprimere la minaccia dei droni iraniani.
Secondo quanto riportato al New York Times, i servizi segreti dello stato ebraico stanno fornendo ai soldati di Kiev informazioni essenziali per abbattere i droni iraniani Shahed-136: le piccole e capaci ali volanti sviluppate da Teheran che vengono impiegate dai russi come arma del terrore nel territorio ucraino. Armi che hanno l’obiettivo di “paralizzare le infrastrutture elettriche e di riscaldamento nelle città ucraine nella speranza di demoralizzare la popolazione”.
Sono stati sviluppati per “colpire Israele” sostengono i vertici di Mossad, e per questo motivo i commandos dei Serayet si sono “addestrati” a sopprimere efficacemente questo tipo di minaccia. Una lezione che può essere impartita facilmente a quanto pare e spedisce un messaggio abbastanza chiaro agli hezbollah che intendessero inviarsi sul territorio ebraico.
A svelare questo ulteriore retroscena è stato un funzionario del governo ucraino rimasto come di consueto protetto dall’anonimato. L’uomo di Kiev ha dichiarato che l’intelligence israeliano sta condividendo ”informazioni utili per colpire i droni iraniani” che vengono impiegati dalle forze russe. Un tipo di armamento che secondo fonti d’intelligence britanniche – molto attive sul territorio – si starebbe rivelando estremamente inefficace; dal momento che il 70% dei droni che riescono a penetrare il primo livello delle difese aeree ucraine viene poi intercettato e abbattuto prima di raggiugnere l’obiettivo.
La strategia per abbattere i “kamikaze” made in Iran
I resoconti divulgati dal Times in merito alle tecniche di abbattimento dei droni killer riportano la memoria alle temibili bombe volanti V-1 che durante la Seconda guerra mondiale venivano avvistate, segnalate e eliminate dai caccia che le intercettavano e abbattevano prima che potessero terminare la loro corsa letale. Un pilota ucraino riportato col nome in codice di “Juice” ha spiegato come i droni kamikaze impiegati dai russi vengono tracciati/illuminati dai controllori di terra che indicano il bersaglio al caccia, il quale, attraverso il vantaggio concessogli dalla velocità, deve intercettarlo e abbatterlo. Viene riportato con un missile aria-aria, ma è lecito supporre venga abbattuto con una raffica di mitragliatrice/cannoncino aeronautico che montano sia MiG che Sukohoi. Una missione comunque pericolosa dato che i detriti della preda una volta esplosi – oggi come allora – potrebbero investire il velivolo cacciatore e costringere il pilota a lanciarsi dal suo aereo prima di perdere il controllo. Il caso si sarebbe verificato a un pilota di MiG che aveva ingaggiato un drone kamikaze diretto sulla città di Vinnytsia, nell’Ucraina centrale.
Sempre secondo quanto riportato dalla fonte reperita dagli americani, i droni di fabbricazione iraniana sono accompagnati da un tipico rumore o “ronzio”, paragonato a quello di una motosega in funzione e provocato dal sistema di propulsione affidato ad un’elica posizionata nella sezione posteriore del drone. Ragione per cui un altro caso di abbattimento si sarebbe verificato attraverso delle semplici raffiche di fucili d’assalto concentrate da 3 soldati ucraini che avevano riconosciuto il rumore e scovato il bersaglio mentre si abbassava per colpire l’obiettivo. Una sorta di “ultima chance” possibile.
Sarebbero tre infatti i livelli di protezione innalzati dalla difesa di Kiev per eliminate la minaccia dei droni kamikaze iraniani: la prima linea di difesa consiste nei jet da combattimento che vengono riportati in “missioni di pattugliamento 24 ore su 24” (contribuendo a confermare in tal caso come la supremazia aerea dei russi in Ucraina sia rimasa un miraggio); la seconda linea sui sistemi missilistici di vario genere e portata schierati a terra che costituiscono la bolla di difesa; la terza sulle squadre di soldati dotati di mitragliatrici pesanti e leggere che come in passato concentrato il fuoco incrociato sui droni che hanno violato la difesa aerea e sono in procinto di raggiungere un obbiettivo appositamente difeso. La vera difficoltà, confermano gli ucraini, consiste sempre nell’individuare sui radar i droni che, in virtù nella loro forma e ridotta dimensione, lasciano una firma facilmente confondibile con altri oggetti che non rappresentano una minaccia. Il contatto visivo spesso avviene troppo tardi.
Il delicato dilemma di Tel-Aviv
Kiev ha usato pochi giri di parole per esortare il governo israeliano a unirsi alle potenze occidentali che contribuiscono a rifornire l’Ucraina di armi difensive/offensive da contrapporre all’invasione russa. Appellandosi – proprio in seguito ai più recenti attacchi di droni kamikaze e missili di fabbricazione iraniana – all’occasione di misurarsi con quelle “armi di distruzione” che, secondo quanto dichiarato apertamente dal ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, sono state create appositamente “per colpire Israele“. La risposta della Difesa israeliana a tale sollecitazione si sarebbe conclusa tuttavia nel veto imposto in virtù della stretta collaborazione che intercorre tra Tel-Aviv e Mosca sul fronte siriano; dove IAF e VVS (rispettivamente aeronautiche militari israeliana e russa, ndr) collaborano nella soppressione delle minacce lanciate da hezbollah ai danni dello Stato ebraico.
Il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz avrebbe garantito l’esclusiva fornitura di sistemi di allerta precoce ma nessun tipo di sistema d’arma difensivo. Si era parlato nelle settimane precedenti – addirittura e sproposito – del famigerato “Iron dome”. Le dichiarazioni che fanno menzione dei fondamentali informazioni d’intelligence offerte al governo ucraino potrebbero frenare o addirittura interrompere la collaborazione tra Mosca e Tel-Aviv. È tuttavia “impossibile” – fino a ulteriore controprova o se non attraverso un successo dello spionaggio russo -dimostrare se il Mossad sta aiutando seriamente Kiev con le sue preziose “lezioni”.
Le intelligence occidentali continuano ad avanzare l’ipotesi che i droni kamikaze iraniani vengono impiegati dai vertici militari di Mosca per supplire la sempre maggiore scarsità di munizioni di precisione, quali “sostituti di armi di precisione a lungo raggio”. Un’altra informazione difficilmente conformabile, anche se più che plausibile dato quanto scritto in precedenza, e data il riscontro fattuale nell’impiego di questo e non di altre armi. Oltre allo spiacevole titolo di “suicida”, quello che potrebbe guadagnarsi lo Shaehd- 136 attualmente è “drone della discordia” – adesso che è entrato in linea nell’arsenale russo arginato dalle potenze del Patto Altantico, e minaccia dunque di allargare ulteriormente la portata del conflitto. Non più Washington / Mosca via Kiev dunque, ma anche Tel-Aviv / Teheran via Mosca passando per il fronte di Damasco. Una trama complessa, che per un istante fa quasi dimenticare – vergognosamente – le vittime collaterali civili che questa elementare “loitering munition made in Teheran” continua e continuerà a mietere fino al giorno di un sempre più complesso “armistizio”.