È stata denominata “l’intifada dei coltelli” a causa di una tecnica ben specifica dei terroristi palestinesi, quella di avvicinare civili e militari israeliani per poi pugnalarli a morte cercando di fare il maggior numero di vittime, prima di venire freddati dagli agenti di sicurezza.
L’ondata di violenza che ha colpito Israele negli ultimi otto mesi non è però condotta esclusivamente con armi bianche; spunta infatti, come mostrano le dinamiche dell’attentato di Tel Aviv di quattro giorni fa, anche la cosiddetta “Karlo”, un’arma da fuoco rudimentale, assemblata con vari pezzi provenienti da vecchie pistole e mitragliette, ma anche con pezzi di legno, lamiere di varia provenienza e tubi idrici.
Il nome “Karlo” deriva dal fatto che i primi assemblaggi clandestini prendevano spunto dal design della mitraglietta svedese Carl Gustav M-45, utilizzata negli anni 40-50 anche in Egitto e Siria.
Oggi il termine “Karlo” fa più che altro riferimento a una tecnica rudimentale di assemblaggio per fabbricare armi, piuttosto comune in Cisgiordania ma anche a Gaza. Come spiega Dani Reshef, esperto israeliano di terrorismo: “In Cisgiordania ci sono diverse officine che dispongono dei macchinari necessari per costruire una “Karlo” utilizzando pezzi di metallo e ferro presi da varie carcasse tra cui quelle di vecchie auto, trattori eccetera”.
Reshef aggiunge: “A Gaza avevano l’abitudine di costruire mortai utilizzando tubature ad alta pressione per l’acqua, fornite da Israele per utilizzo agricolo”.
L’originale “Carl Gustav” non aveva l’opzione a colpo singolo e poteva sparare solo a ripetizione. Gli assemblaggi odierni della “Karlo” possono invece variare a seconda dell’officina di produzione; alcune hanno anche l’opzione a colpo singolo, ma sono assolutamente imprecise, utili soltanto a distanza ravvicinata ed hanno anche la caratteristica di incepparsi frequentemente.
I modelli assemblati possono vagamente richiamare nella forma ad armi di fabbrica come M-16 ed M-4, Uzi, H&K e Skorpion, ma i pezzi con i quali vengono composti sono spesso scadenti, approssimativi e con una meccanica di estrema semplicità. Un esempio, la canna dell’arma utilizzata per uccidere Hadar Cohen lo scorso febbraio era stata fabbricata con un tubo idrico facilmente reperibile in commercio.
Nonostante i bassi costi di produzione-vendita e la scarsa affidabilità, a corto raggio l’assemblaggio “Karlo” ha comunque un livello di pericolosità molto elevato e in più occasioni ha dimostrato di poter essere fatale, oltre che facile da occultare.