Si è ufficialmente insediato nella giornata di martedì scorso a Tel Aviv, lì dove ha ancora sede il ministero della difesa, il nuovo capo di stato maggiore dell’esercito israeliano. Si tratta di Aviv Kochavi, nominato nei mesi scorsi quando alla guida del dicastero vi è Avigdor Lieberman, poi dimessosi in quanto uscito dalla maggioranza. Adesso il ministero chiave delle forze di difesa israeliane è guidato ad interim dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Il passaggio di consegne è importante in un Paese, come Israele, che vive in uno stato di guerra latente: Kochavi succede a Gadi Eizenkot, quest’ultimo insediatosi nel 2015.
Chi è Aviv Kochavi
Nato a Kiryat Bialik, nel distretto di Haifa, il 23 aprile 1964, Kochavi è un veterano di lungo corso nell’esercito israeliano. La sua carriera militare parte nel 1982 all’interno dei paracadutisti, in cui si arruola come volontario. Da allora scala i ranghi all’interno della brigata dei paracadutisti, partecipando alle varie operazioni di guerra che si alternano nel corso degli anni: dalla prima intifada, all’intervento militare in Libano, fino alle azioni compiute in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Aviv Kochavi, oltre ad avere la fama di duro e di intransigente, viene anche riconosciuto come un militare “rivoluzionario”: come si legge in diverse descrizioni fatte del nuovo capo di stato maggiore nei quotidiani israeliani, Kochavi sarebbe infatti in grado di “smantellare e costruire” tutto in poco tempo, secondo quanto scritto sul quotidiano Hareetz. La sua notorietà tra gli ambienti militari, risale comunque al 2003: in quell’anno, durante un’operazione dell’esercito israeliano inquadrata all’interno della seconda intifada, Aviv Kochavi si distingue nella presa del campo profughi palestinese di Balata.
Una mossa in realtà non proprio ben vista dall’Idf, per via dell’alta densità di popolazione della zona. Tuttavia Kochavi procede con una tecnica innovativa: abbattere le mura delle case per far avanzare dall’interno i soldati, evitando loro di essere esposti al tiro dei cecchini per strada. Una mossa poi presa come modello dagli americani in Afghanistan, ma che in quell’occasione sul piano etico presenta non poche perplessità. E dubbi sul passato di Kochavi non ne mancano: nel 2006 un suo viaggio a Londra viene cancellato in quanto le autorità britanniche risultano intenzionate ad arrestarlo per indagare su presunti crimini compiuti mentre è comandante della divisione di Gaza. Nella striscia di Gaza lui resta dal 2004 al 2006, in quel frangente è chiamato a gestire anche l’evacuazione delle colonie ordinata da Sharon nel settembre 2005. Nel 2010 arriva la nomina a generale. Di lui si dice anche che sia convintamente vegetariano. Divenuto vice di Eizenkot, adesso arriva la nomina a capo di stato maggiore.
Le sfide per il nuovo capo di stato maggiore
Aviv Kochavi eredita un esercito che davanti a sé ha non poche sfide. Il suo predecessore lascia lanciando una serie di dichiarazioni che, a prima vista, potrebbero risultare sorprendenti. L’ultima, in ordine di tempo ed a poche ore dal passaggio di consegne, riguarda l’attività dell’esercito israeliano in Siria: “Abbiamo dato armi ai ribelli siriani – dichiara Eizenkot al Sunday Times – Lo abbiamo fatto per autodifesa”. Un’ammissione che a prima vista potrebbe sembrare una rivelazione frutto della volontà dell’uscente capo di stato maggiore di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Ed invece, secondo i quotidiani israeliani, non è così: le dichiarazioni di Eizenkot sono figlie di una precise strategia, in cui l’esercito vuole ora dimostrare maggiore trasparenza circa le proprie attività in Siria. E proprio la guerra nel confinante Paese arabo è la prima questione sul tavolo di Aviv Kochavi. La prosecuzione o meno dei raid mirati contro obiettivi iraniani, le mosse da attuare in vista dell’oramai conclamata vittoria di Assad, sono questi temi scottati che il nuovo capo di stato maggiore in qualche modo deve adesso affrontare. Anche perchè la questione siriana apre tante altre problematiche: Hezbollah, Libano ed ovviamente l’Iran.
Sul tavolo però ci sono anche questioni più politiche. A partire dalle influenze che sull’attività dell’esercito potrebbero avere le imminenti elezioni politiche. Attualmente la figura di primo ministro e ministro della difesa coincidono in quelle di Benjamin Netanyahu. Dal Jerusalem Post ad Hareetz, sono tanti i quotidiani israeliani che sottolineano le incognite di questa situazione a livello politico, con Netanyahu che potrebbe cavalcare “l’onda militare” per meri calcoli elettorali. E su questo, è il giudizio di molti, Kochavi deve stare molto attento. Sfide importanti dunque, che inevitabilmente non riguardano solo Israele ma l’intera regione mediorientale.