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Un ufficiale delle forze armate di Israele ha confermato al New York Times che c’è l’aviazione israeliana dietro l’attacco alla base T -4 in Siria della scorsa settimana.

In molti hanno sospettato da subito il coinvolgimento di Israele nel raid. Troppo preciso e troppo chiaro il bersaglio: l’Iran. La base T-4 vicino Palmira è infatti considerata il maggiore avamposto delle forze armate iraniane in territorio siriano. Ma nessuno da Israele aveva confermato l’attacco né smentito le accuse. Accuse che arrivarono da Damasco, da Teheran ma anche da Mosca. Il ministero della Difesa russo, infatti, accusò immediatamente Israele di aver bombardato la base con due F-15 dallo spazio aereo libanese.

“Era la prima volta che attaccavamo direttamente obiettivi iraniani, sia strutture che persone”, ha detto la fonte militare israeliana al New York Times. Una conferma che arriva dopo il raid in Siria da parte di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti e di cui il raid sulla base T-4 sembrava essere il preludio.

Un attacco che ha rivelato i veri obiettivi della strategia israeliana in Siria (colpire l’Iran a qualunque costo) e che hanno dato il via a un’escalation di tensione estremamente pericolosa. All’inizio l’Iran aveva quasi minimizzato le perdite. Ma poi quei sette militari uccisi hanno iniziato a pesare come macigni. E Ali Akbar Velayati, uno dei più importanti consiglieri della guida suprema dell’Iran, durante una visita in Siria ha affermato che “I crimini non rimarranno senza risposta”. La guerra per procura, in sostanza, è da archiviare: ora la guerra è diretta. Israele ha bombardato una base iraniana. 

Ora quello che si teme è appunto la reazione iraniana all’attacco di Israele. Perché Teheran ha giurato di vendicarsi. Ma da parte dell’Iran, fino ad ora, la reazione non c’è stata. E il motivo è che la risposta deve essere studiata nei minimi dettagli e soprattutto di concerto con gli alleati regionali, specialmente con la Russia. Il rischio di provocare un incendio di proporzioni eccessive è alle porte. E bisogna trovare il modo di rispondere senza dare adito a Israele di poter di nuovo colpire l’Iran come contro risposta.

I più alti vertici della difesa israeliana hanno già reso noto che se gli iraniani dovessero colpire obiettivi israeliani, le Israel defense forces (Idf) potrebbero sfruttare l’opportunità per realizzare un massiccio contrattacco sull’intera infrastruttura militare iraniana in Siria. Per la strategia di Teheran sarebbe una catastrofe. Per l’Iran, il rischio di cadere in una trappola è forte. Ed è stato ampiamente valutato dalle forze armate iraniane, che adesso vogliono capire come rispondere. 

La questione è tutt’altro che da sottovalutare. Israele non è rimasto particolarmente soddisfatto dai raid compiuti dalla coalizione occidentale sulla Siria. Hanno colpito presunti centri di ricerche e basi per le armi chimiche di Bashar al Assad. Ma il vero obiettivo di Israele, e cioè la presenza militare dell’Iran, è rimasto perfettamente intatto. Anzi, lo strike di Usa, Gran Bretagna e Francia semmai ha dato modo all’esercito siriano di ottenere maggiore forze e compattezza e di migliorare la sinergia con i suoi alleati regionali. E a Tel Aviv hanno già detto che sono disposti a pagare qualsiasi prezzo per interrompere la presenza militare iraniana in Siria.

In sostanza, è avvenuto quello che si temevaIran e Israele sono sostanzialmente in guerra. E Israele ha fatto la prima mossa: ha ucciso sette militari iraniani in Siria con un bombardamento teso a distruggere il programma dei droni dell’Iran, di cui la base T-4 era il centro nevralgico. Sarà la risposta di Teheran a dirci se siamo entrati in una nuova fase di questa guerra, oppure se l’Iran sarà disposto a incassare il colpo aspettando il momento opportuno per colpire. I fronti che potrebbero aprirsi per Israele, dalla Siria al Libano, sono estremamente complessi e difficili da gestire. 

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