Non c’è solo la Siria al centro della sfida fra blocco composto da Israele e Stati Uniti e quello rappresentato dall’Iran e dai suoi alleati. Anche l’Iraq è al centro della sfida. E anzi, proprio perché la guerra in Siria è ormai cristallizzata sul fronte di Idlib, nel problema della regione curda e con le continue richieste di Israele rispetto alla presenza iraniana, c’è il rischio che l’Iraq passi in secondo piano. Come se fosse possibile dimenticare che è da quel Paese che lo Stato islamico è sorto ed è da quel Paese che è nato un conflitto che ha devastato la Siria ma che ha sconvolto anche l’Iraq.
Ma l’Iraq non può essere dimenticato. Non solo per il conflitto in sé (devastante) ma anche perché adesso, proprio con la possibile soluzione del conflitto siriano, il Paese rischia di essere di nuovo al centro della guerra fra Iran e Israele. E le ultime novità sul fronte iracheno non inducono certamente all’ottimismo: a partire da alcune notizie che sono circolate in questi giorni e che Teheran ha prontamente smentito. Ma che dimostrano, in ogni caso, che l’occhio si sta di nuovo spostando su Baghdad.
I missili iraniani in Iraq
Alcuni giorni fa, Reuters pubblicava la notizia che l’Iran stesse dispiegando i suoi missili balistici in Iraq attraverso le milizie sciite irachene. Le prime ricostruzioni dell’agenzia britannica citavano fonti occidentali, irachene e iraniane. “Secondo tre funzionari iraniani, due fonti di intelligence irachene e due fonti di intelligence occidentali, l’Iran ha trasferito missili balistici a corto raggio agli alleati in Iraq negli ultimi mesi”, scriveva Reuters.
Secondo le prime indiscrezioni, i missili assegnati dall’Iran ai suoi proxy iracheni sarebbero missili Zelzal, Fateh-110 e Zolfaqar. Questi missili hanno un raggio d’azione che va dai 200 ai 700 chilometri. E questa gittata è naturalmente d’interesse prioritario per gli avversari dell’Iran, in particolare Israele e Arabia Saudita.
E non a caso, Israele ha messo da subito in guardia l’Iran attraverso le parole di Benjamin Netanyahu che ha commentato queste indiscrezione dicendo che chi minaccia di cancellare Israele “si metterebbe in un pericolo simile”. Parole molto importanti, visto che, poco più a ovest, la Siria è stata ripetutamente bombardata da Israele proprio perché considerata in questo modo da Israele, cioè la base avanzata di Teheran.
La fonte occidentale citata da Reuters ha dichiarato che, dalle prime informazioni, “sembra che l’Iran abbia trasformato l’Iraq nella sua base missilistica avanzata”. Questo significa che non solo Teheran avrebbe schierato i missili, ma avrebbe soprattutto dato il via a una vera produzione di missili in territorio iracheno. Secondo la stessa fonte e una dell’intelligence di Baghdad, le fabbriche utilizzate per sviluppare missili sono ad al-Zafaraniya, a est di Baghdad, e Jurf al-Sakhar, a nord di Kerbala. Mentre una fonte iraniana ha detto che c’è una fabbrica nel Kurdistan iracheno. Le aree sono controllate dalle milizie sciite, tra cui Kata’ib Hezbollah.
Una conferma di quanto detto a Reuters, è arrivata poi da un comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, che ha dichiarato alla stessa agenzia: “Abbiamo basi simili in molti posti e l’Iraq è uno di questi. Se l’America ci attacca, i nostri amici attaccheranno gli interessi degli Stati Uniti e i loro alleati nella regione”.
La smentita dell’Iran e le parole di Mike Pompeo
Il governo iraniano ha smentito quanto detto da Reuters in questi giorni. Come riporta l’agenzia iraniana Irna, il portavoce del ministero degli Esteri, Bahram Qasemi, ha definito “una menzogna” la notizia diffusa dai media su un invio di missili dall’Iran all’Iraq. Secondo Qasemi, “tali notizie non fanno altro che provocare il panico tra i Paesi della regione e sono in linea con la loro politica di diffusione dell’iranofobia”.
Ma le smentite ufficiali dell’Iran non hanno cambiato la posizione dell’Occidente e, in particolare degli Stati Uniti. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato su Twitter di essere “profondamente preoccupato” dalle notizie sui missili iraniani. E ha aggiunto, in maniera molto chiara, che “se fosse vero, sarebbe una grave violazione della sovranità irachena e dell’Unscr 2231”.
Il tweet si riferiva alla risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E non è un riferimento da sottovalutare. La risoluzione 2231 è la risoluzione Onu che approvava il piano congiunto sul programma nucleare dell’Iran. Donald Trump ha deciso di abbandonare l’accordo del 2015 perché ha accusato l’Iran di non rispettarlo e perché considerava l’accordo non confacente agli interessi degli Stati Uniti (e di Israele). Ma in questi mesi ha sempre spostato l’attenzione sul fatto che fosse l’Iran a non rispettare l’accordo. E il fatto che ora incolpi Teheran di aver violato la risoluzione, è un segnale abbastanza chiaro.
E prima di scrivere via Twitter queste frasi, la portavoce del Dipartimento di Stato Heather Nauert ha informato di una telefonata di Pompeo con il primo ministro iracheno Haider al-Abadi e con il vicepresidente iracheno Ayad Allawi. Con il primo ha parlato del prossimo governo iracheno e della necessità di avere un governo “nazionale”. Con il secondo si è discusso soprattutto delle relazioni tra Baghdad e i curdi.
L’intelligence israeliana punta l’Iraq
Le ultime notizie che arrivano da Israele (in particolare da siti legati all’intelligence dello Stato ebraico) sono particolarmente interessanti. Da qualche settimana, i media israeliani si concentrano sulle operazioni delle forze sciite in Iraq e sulle decisioni di Qasem Soleimani, leader dei Pasdaran, di rafforzare la rete stradale al confine fra Iraq e Siria.
Per molto tempo, Israele ha richiesto che le forze iraniane e quelle alleate di Teheran si ritrassero dalla Siria. Ma il fatto che si parli di Iraq indica che nel mirino non c’è solo la Siria. E l’idea che circola fra Pentagono e vertici delle Israel defense forces è che nel mirino vada inserita anche la regione al di là del confine iracheno, in particolare oltre Abu Kamal. E nelle scorse settimane, si è parlato di uno strano raid contro Kathib Hezbollah. Non una novità, visto che a giungo Israele ha colpito in Siria proprio le milizie irachene legate all’Iran.
Nelle ore in cui avveniva il raid di agosto, finora riferito solo da Debka, John Bolton, consigliere per la Sicurezza nazionale americano, era impegnato negli incontro in Israele e nel faccia a faccia con il suo omologo Nikolai Patrushev a Ginevra.