Una guerra dimenticata che logora da più di due anni la popolazione inerme, sotto i bombardamenti e gli attentati che si susseguono costantemente. Delle esplosioni e dei corpi senza vita l’unica traccia che resta è impressa nelle poche notizie che arrivano alle agenzie occidentali. Quando capita. Parliamo della guerra civile (almeno così la chiama la stampa occidentale) che dall’ottobre del 2014 sta insanguinando la penisola dello Yemen, lembo di terra che si adagia dolcemente sullo stretto di Bab el Mandeb, che unisce il Mar Rosso al Golfo di Aden, attraverso il quale transitano le petroliere che rimpinguano- tra l’altro- i serbatoi d’Europa.Per approfondire: Perché ci dimentichiamo dello YemenSecondo un rapporto diffuso dalle Nazioni Unite, ad oggi, il conflitto avrebbe causato circa 6600 vittime, e 2,5 milioni di sfollati. E l’ultima tragedia si è consumata ieri, 29 agosto, ad Aden, nel sud del Paese, dove un’autobomba ha ucciso almeno 45 reclute filo-governative – vicine all’Arabia Saudita – ferendo altre 60 persone, a pochi metri da alcune scuole e da una moschea. L’attentato è stato rivendicato nel corso della giornata da Daesh e la notizia è stata diffusa da Medici senza frontiere su Twitter.La guerra geopolitica di Riad e TeheranIn Yemen si sta combattendo un conflitto – iniziato formalmente nel marzo del 2015 con bombardamenti sauditi sulle postazioni degli sciiti Houti, che avevano preso da poco il controllo della capitale Sana’a, facendo fuggire il presidente yemenita – che vede formalmente contrapposti da una parte i sostenitori del presidente Abdel Rabbo Monsour Hadi, alla guida di un Paese (che non è mai riuscito a controllare completamente) dal 2012 e sostenuto dai Paesi del Golfo – su tutti l’Arabia Saudita – e dagli Stati Uniti. Dall’altra parte ci sono i ribelli Houti, gruppo politico-religioso sciita zaydita, al quale appartiene il 35% della popolazione, appoggiato dall’Iran. Di fatto, quindi, lo Yemen è teatro di una guerra geopolitica prima, religiosa poi. Che vede come protagoniste Riad e Teheran, rispettive capitali mondiali del sunnismo – soprattutto wahhabita – e dello sciismo. L’interesse dell’Arabia Saudita per la penisola yemenita ( unitasi in un unico Stato dal 1990) è duplice: il controllo di Riad sullo Yemen serve ad arginare eccesive influenze esterne sull’Arabia. In secondo luogo, la penisola yemenita ha una posizione strategica fondamentale nel Golfo Persico, impossibile da ignorare. E il governo di Teheran di lasciare il Paese in mano ai sauditi proprio non ci sta. Considerando, inoltre, il fatto che per decenni – fino al 2011 – Riad ha influenzato le decisioni del governo yemenita attraverso laute donazioni. Esecutivo – per dirla tutta – guidato dallo stesso Ali Abdullah Saleh, che fino a qualche anno fa accettava volentieri i petroldollari sauditi, e oggi sostiene, in una strana alleanza, gli Houti. E in questa situazione complessa s’inserisce, tragicamente, la presenza in Yemen di molteplici gruppi fondamentalisti e terroristi come al Qaeda nello Yemen e Daesh, che non si capisce bene che rapporti abbiano con Riad.La richiesta dell’OnuPer fare chiarezza sul conflitto è intervenuto, qualche giorno fa, l’Onu – nella persona di Zeid Ra’ad al Hussein, Alto commissario per i diritti umani – che ha pubblicato a Ginevra un interessante rapporto sulla guerra yemenita, denunciando la palese violazione di diritti umani, attraverso attacchi a civili in mercati, ospedali e scuole. Oltre all’utilizzo di bombe a grappolo e al reclutamento di bambini soldato. Per questo le Nazioni Unite hanno chiesto l’istituzione di un organismo internazionale indipendente per indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse nello Yemen. “I civili patiscono da anni in modo insostenibile gli effetti di diversi conflitti – ha dichiarato Zeid Ra’ad Al Hussein in una nota stampa – e continuano a soffrire, in assenza di qualsiasi forma di giustizia, mentre i responsabili di questi abusi e violazioni rimangono impuniti.Per approfondire: Perché i Saud hanno perso in YemenLa comunità internazionale non può più continuare a tollerare una situazione così palesemente ingiusta e che si protrae da tempo”. Sono circa 3.799 i civili rimasti uccisi e altri 6.711 quelli feriti al 23 agosto scorso – si legge nella nota – la metà di queste vittime sono state causate dai raid aerei messi a segno dalla coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita. Nel rapporto si precisa che sono almeno 7,6 milioni le persone, tra cui tre milioni di donne e bambini, che oggi soffrono di malnutrizione e di assenza di acqua potabile, e almeno tre milioni quelle che sono state costrette ad abbandonare le proprie case.
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