Salgono a bordo degli autobus verdi, i vecchi autobus di linea, e lasciano così i settori orientali di Aleppo, le ultime sacche del territorio cittadino ancora controllate dalle milizie ribelli siriane, sfruttando un cessate il fuoco negoziato per settimane con l’interessamento della Turchia e già fallito ieri. Fragile, ma che per il momento sembra tenere, dopo che i bombardamenti erano di nuovo tornati a martellare, e ha consentito ad almeno mille persone di allontanarsi dalla città in rovina, nonostante un primo convoglio sia finito sotto il fuoco delle milizie mentre si allontanava, in un attacco che – dicono notizie difficili da verificare – avrebbe fatto almeno una vittima.Sono migliaia le persone che ancora si trovano nella zona orientale della città, dove una coalizione di milizie controllava una fascia di territorio che si è progressivamente ristretta, fino a che, a inizio dicembre, hanno perso anche la Città vecchia. Un’area in cui non si trovavano soltanto i miliziani (circa 5.000) e le loro famiglie, ma anche civili: 50mila secondo le stime, che ora stanno lentamente sfollando da Aleppo, tornata definitivamente nelle mani delle forze che sostengono Bashar al-Assad.La via d’uscita da Aleppo è verso ovest, verso la provincia di Idlib, dove ancora le forze che si oppongono a Damasco sono forti. Idlib che si trova a meno di cinquanta chilometri dal confine con la Turchia e dove in molti si sono già diretti, che è però dominata dagli uomini di Jabhat Fateh al-Sham, l’ex Fronte al-Nusra, che se ha annunciato di avere troncato i suoi rapporti con Al-Qaida, non ha cambiato di una virgola la sua visione della realtà.Idlib che rischia di non essere un approdo sicuro, perché da mesi è sottoposta ai bombardamenti. E potrebbe dunque non essere una soluzione per i civili in fuga. Quello che al momento non è chiaro è se la città a ovest di Aleppo sarà la loro meta definitiva.”Ho paura per quello che potrebbe succedere quando quest’operazione sarà terminata”, ha detto oggi Jan Egeland, a capo della task force delle Nazioni Unite che si occupa della questione umanitaria in Siria, chiarendo di temere tanto per i luoghi verso cui gli sfollati di Aleppo si stanno dirigendo, quanto per le possibili rappresaglie delle milizie leali ad Assad.

#Turkey, the world’s largest refugee hosting country, is to set up a tent city to accommodate up to 80,000 Syrian refugees fleeing #Aleppo.

— Mehmet Simsek (@memetsimsek) 13 dicembre 2016Le Nazioni Unite sono in queste ore in contatto con la Turchia e la ragione è una dichiarazione del vice-premier Mehmet Şimşek, che ieri ha assicurato l’impegno del suo Paese per allestire un campo che possa ospitare fino a 80.000 persone per i profughi. Non è ancora chiaro dove dovrebbe essere allestito, ma non è impensabile che ad Ankara puntino a una tendopoli in territorio siriano – in una sorta di buffer zone -, per non aumentare ulteriormente il numero di rifugiati già accolti.Sono all’incirca tre milioni i siriani che, dall’inizio della guerra civile, hanno attraversato il confine. Numeri che fanno della Turchia il primo Paese per numero di rifugiati accolti, davanti al più piccolo Libano, che nonostante le dimensioni ridotte ne ospita oltre un milione. Un quarto di quanti hanno passato la frontiera si sono stabiliti nelle aree metropolitane, gli altri prevalentemente nelle province meridionali in cui, dicono dati citati alcuni mesi fa dal Washington Institute, il tessuto sociale si sta rapidamente trasformando. Alcuni dei profughi di Aleppo – dice l’agenzia stampa Anadolu -, feriti, hanno già raggiunto il confine siro-turco.L’ipotesi su cui Ankara è orientata, a sentire quanto dichiarato ancora oggi dal vice primo ministro Veysi Kaynak, è quella di “allestire un campo all’interno della Siria”. Ad agosto i turchi hanno lanciato l’operazione Scudo dell’Eufrate, contro il sedicente Stato islamico, e altrettanto per contrastare il consolidamento di una zona controllata dalle milizie curde siriane nei cantoni del nord. Le milizie ribelli guidate da Ankara hanno creato di fatto una zona cuscinetto oltre confine. E qui vorrebbero ospitare i siriani in fuga.





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