La piccola grande guerra tra Israele e la costellazione dell’antisionismo armato dei Territori Palestinesi è destinata a trovare ampio spazio nei libri di storia di domani, dove sarà descritta come uno dei terremoti geopolitici più devastanti del Medioriente del XXI secolo. Per via dell’impatto sulle relazioni internazionali. Per via dei numeri. E per via del simbolismo.

I numeri dicono che i combattimenti tra l’esercito israeliano e la coalizione capeggiata da Hamas hanno mietuto più vittime in un mese che la guerra arabo-israeliana nel 1948-49: 14.500 morti contro 13-15.000, 40.000 feriti contro 15-30.000, 1.500.000 di sfollati contro 700.000.

Il simbolismo trasuda dalle guerre ai monumenti che stanno avvenendo dentro e fuori la Terra santa, coinvolgendo Israele e sostenitori della Palestina. Numeri e simbolismo sono indicativi di quello che sarà l’impatto della guerra sulle relazioni internazionali.

I simboli sotto attacco

Israele distrugge i simboli della storia palestinese. La umma assalta i simboli dell’Occidente, da McDonald’s a StarBucks. I sostenitori ḥarbī della Palestina nella Dār al-Harb cooptano i monumenti-simbolo delle loro nazioni alla causa palestinese, come la Mole Antonelliana e la Torre di Pisa, mentre i governi che sostengono Israele illuminano facciate, torri e archi di trionfo per esprimere il loro schieramento. Guerra simbolica mondiale.

Nell’Israele-Palestina i simboli sono entrati nel mirino delle operazioni di combattimento dal giorno uno, con la tragica irruzione di Hamas al festival Supernova, obiettivo civile ma intriso di significato (religioso) per l’islamismo. Nei giorni successivi, una volta annichilita la minaccia nell’entroterra israeliano e trasferita la guerra in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, sono state le forze armate israeliane a lanciare una campagna contro i simboli, più che di Hamas, della Palestina.

Simboli e destinatari

Ogni parte del conflitto, dai belligeranti alle piazze, ha delle ragioni proprie, peculiari e differenti per prendere parte alla guerra dei simboli.

Hamas ha attaccato dei simboli, come il super-rave party Supernova, per questioni apocalittico-escatologiche che soltanto chi ha orecchie per intendere può comprendere. La umma ha assaltato dei simboli, come le catene delle multinazionali statunitensi, per estrinsecare l’antioccidentalismo che la attraversa. Israele, aggredendo dei simboli che sono stati scelti con meticolosità, ha voluto esprimere degli obiettivi essenzialmente politici.

Il 14 novembre un bulldozer israeliano ha tirato giù un memoriale dedicato a Yasser Arafat, lo storico volto dell’Olp, che si trovava nei pressi del campo profughi di Tulkarm, in Cisgiordania. Due giorni dopo, stavolta a Gaza City, l’IDF ha demolito l’omaggio monumentale al celebre incidente della Mavi Marmara. Destinatari differenti: nel primo caso la Palestina, nel secondo caso la Turchia. Destinazione comune: la Terra santa è troppo piccola per due o più popoli.

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