Nell’Iraq post Saddam Hussein è spesso sembrata un “porto sicuro”, quasi una nicchia di stabilità e sicurezza all’interno dell’infuocato contesto iracheno. Il riferimento è a Bassora, seconda città del paese e capitale culturale per gli sciiti iracheni, nonché metropoli a pochi passi dall’unico sbocco a mare dell’Iraq. Un centro quindi di vitale importanza politica ed economica, che è sempre apparso distante negli ultimi anni da Baghdad. La capitale infatti, è crocevia di guerre, attentati e tensioni che caratterizzano l’Iraq dopo la guerra del 2003: al contrario, Bassora rappresenta (o, per meglio dire, rappresentava) uno spiraglio tranquillo grazie soprattutto al fatto che essa è il riferimento della maggioranza sciita salita al potere. Ma adesso la situazione appare completamente diversa.
Le prime proteste di luglio
Che in Iraq c’è malcontento non è un mistero e non serve molto a comprenderne i motivi: l’Isis ha imperversato nel paese dal 2014 fino a pochi mesi fa, arrivando a conquistare anche Mosul e costringendo il paese ad una nuova guerra. Non solo: a nord i curdi reclamano l’indipendenza, a Baghdad si protesta per avere maggiore sicurezza e, in generale, in tutto l’Iraq si chiede a gran voce una migliore qualità della vita. E così l’elettorato nelle elezioni generali di maggio ha dato ragione clamorosamente alla lista di Muqtada Al Sadr, leader religioso sciita che invoca una pacifica rivoluzione anti sistema e che, per far questo, si è addirittura alleato con il partito comunista. Ma il nuovo governo fatica a vedere la luce, la classe politica irachena appare in balia dei veti incrociati e rispecchia le divisioni settare del paese.
Per tal motivo, finita la guerra contro l’Isis, l’insofferenza nel sud del paese si è palesata questa estate con gravi scontri in tutte le città a maggioranza sciita. Da Najaf fino a Nassirya, da Kerbala fin per l’appunto a Bassora: la maggioranza sciita irachena, dopo aver pazientemente aspettato l’evolversi della guerra al califfato, ha iniziato a reclamare migliori condizioni di vita.
Esplode la protesta a Bassora
Se durante l’estate la situazione si è placata, già ad inizio settembre sono ricominciate le manifestazioni. E questa volta il tutto sembra essersi concentrato proprio su Bassora, lì dove migliaia di cittadini nei giorni scorsi hanno messo a ferro e fuoco la città. Auto incendiate, spazzatura usata per fare barricate, pietre contro agenti di Polizia ed assalto alle sedi governative: ecco lo scenario di Bassora al termine della scorsa settimana. Ad essere preso di mira è stato anche il consolato iraniano: Teheran, che dopo la deposizione di Saddam Hussein è diventata partner dei governi sciiti succedutisi nell’ultimo decennio, adesso viene percepita come potenza regionale che interferisce sugli affari interni. Ecco il motivo per il quale c’è chi intravede più di una “mano” di Al Sadr nelle proteste. Il leader sciita ha impostato un’intera campagna elettorale contro la classe politica attuale, considerata troppo vicina all’Iran, e contro il governo di Teheran.
Gli assalti alle sedi governative ed al consolato iraniano, hanno fatto propendere le autorità verso la decisione di imporre il coprifuoco in tutta Bassora. La metropoli irachena a maggioranza sciita ha assunto quindi per alcuni giorni un aspetto spettrale, con soltanto le auto della Polizia autorizzate a circolare di sera per le strade. Ma a Bassora sono arrivate nei giorni scorsi anche le forze speciali e l’esercito, per il timore che la situazione potesse in qualche modo ugualmente degenerare. Per il momento è da registrare, così come riporta l’Ansa, una calma apparente ma sopratutto surreale. Nella giornata di lunedì in città è arrivato anche il premier Al Abadi, il quale ha voluto rassicurare circa l’attenzione del suo governo di quello che dovrebbe nascere nei prossimi mesi per Bassora. Intanto in città si fa anche la conta dei morti: 15 in totale dall’inizio delle nuove tensioni.
Mancano molti servizi essenziali
La rabbia della popolazione non è soltanto contro l’elevata presunta corruzione della classe politica e contro lo stallo che, da maggio ad oggi come prevedibile, sta comportando notevoli disagi all’intero Iraq. Si protesta contro condizioni di vita sempre più difficili, nonostante un certo aumento delle esportazioni di greggio e degli investimenti sul petrolio. Le tante aziende straniere che operano proprio nella provincia di Bassora, non sembrano dare benefici specifici ad una popolazione che invece, quasi paradossalmente, è costretta a vivere con il razionamento della fornitura di energia. Tra debiti contratti dal governo con fornitori stranieri ed altre problematiche di tipo infrastrutturale, a Bassora luce ed energia elettrica vengono razionate e non assicurate per diverse ore al giorno. Questo sta comportando anche il mancato funzionamento di molte centrali di depurazione dell’acqua ed oggi anche l’accesso ad acqua potabile non è scontato.
Si calcola che almeno 17.000 cittadini della provincia di Bassora si sono recati negli ospedali della zona presentando sintomi di infezioni causate dall’aver ingerito acqua non potabile. Ma anche gli ospedali funzionano a singhiozzo: molti medici, per carenza di fondi, non ricevono stipendi da mesi e con le attrezzature ci si arrangia come si può. Mai forse, nemmeno durante le guerre degli anni passati, la situazione è arrivata ad essere così tragica e preoccupante.
In un Iraq dove lo spauracchio dell’Isis appare calato, adesso emergono tutte le ferite causate da 15 anni di conflitto tra invasione americana, guerra civile del 2007 e per l’appunto lotta all’Isis. E le ferite emerse fanno molto male: la popolazione è allo stremo, vi è inoltre molta rabbia in quanto nessuno, a Bassora come a Baghdad e Mosul, vede spiragli di speranza nel prossimo futuro. E l’Iraq, la cui unità nazionale è stata spesso messa in discussione nel dopo Saddam, adesso rischia di spezzarsi per via di una classe politica che non riesce a migliorare le condizioni di vita della popolazione.