“Così muoiono i maiali”. Sono queste le parole che si sentono nel video realizzato dagli assassini di Hevrin Khalaf, attivista per i diritti delle donne e segretaria del Partito per il Futuro della Siria. Il suo corpo è stato trovato sul ciglio dell’autostrada M4 che collega Manbij e Qamishli, vicino alla Toyota crivellata dai colpi esplosi con molta probabilità da Ahrar al-Sharqiya, gruppo jihadista legato alla Turchia. Il fuoristrada su cui viaggiavano Khalaf e il suo autista è stato fermato da alcuni uomini armati, che hanno intimato ai due di scendere per poi ucciderli brutalmente, premurandosi però di immortalare in un video l’esecuzione appena conclusa (Guarda il video).

“Khalaf è stata trascinata fuori dalla sua auto durante un attacco sostenuto dalla Turchia e giustiziata da milizie mercenarie appoggiate da Ankara.È una chiara prova che lo Stato turco sta continuando la sua politica criminale nei confronti di civili disarmati”, ha dichiarato il portavoce delle Sdf, commentando l’omicidio perpetrato dai miliziani jihadisti e confermando così la notizia.

Una morte non casuale

La morte di Khalaf, che in un primo momento era stata inserita tra le vittime dell’autobomba fatta esplodere dall’Isis a Qamishlo, non è così casuale come si credeva in un primo momento. I miliziani che hanno messo fine alla sua vita sapevano bene chi avevano di fronte. Khalaf, come detto, era la segretaria del Partito per il futuro della Siria e si batteva per il riconoscimento dei diritti delle donne e per la parità di genere. Il suo attivismo era noto a tutti, anche grazie all’importante lavoro di diplomazia da lei svolto dal 2018, anno della fondazione del partito a cui apparteneva e che ha tra i suoi obiettivi la nascita di una Siria democratica e pluralista, in cui anche i curdi possano finalmente avere una voce. Poco prima di essere uccisa, precisamente il 5 ottobre, mentre partecipava all’evento organizzato dal Centre of Diplomatic Studies and consultation, Hevin Khalaf aveva condannato le minacce di un’invasione armata avanzate da mesi dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ricordando il ruolo determinante svolto delle forze curde nella guerra contro l’Isis.

“Respingiamo le minacce turche, soprattutto perché ostacolano i nostri sforzi per trovare una soluzione alla crisi siriana”, aveva dichiarato Khalaf, rivolgendosi al Sultano. “Durante il periodo in cui l’Isis era al potere vicino al confine, la Turchia non lo vedeva come un pericolo per la sua gente. Ma ora c’è un’istituzione democratica nel Nord-est della Siria e minacciano di occuparci”.

Le reazioni internazionali

L’uccisione di Hevin Khalaf per mano di miliziani jihadisti ha indignato l’opinione pubblica e puntato l’attenzione sulla presenza di gruppi estremisti diversi dallo Stato islamico e legati a doppio filo con la Turchia. Sono molte le condanne giunte non solo da semplici cittadini, ma anche da figure politiche di spicco come il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che ha definito l’omicidio dell’attivista “un orrore” su cui la comunità internazionale deve indagare. Parole che, per quanto importanti, si spera siano seguite da un’azione concreta e di reale condanna da parte dell’Unione europea stessa e delle potenze internazionali. Khalaf è la prima “morte illustre” di cui si ha notizia dall’inizio dell’invasione turca, ma non sarà purtroppo l’ultima e chi come lei si batte per i diritti delle donne è molto probabilmente nei primi posti della lista nera redatta dai jihadisti.





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