L’Ucraina non può fare a meno della Cina. Poco importa se Pechino, alla vigilia dello scoppio della guerra in Ucraina, ha rafforzato la cooperazione con la Russia, annunciando urbi et orbi la creazione di una partnership senza limiti con Mosca. E poco importa se il gigante asiatico continua a riferirsi al conflitto parlando di “crisi politica ” e non di guerra, o se il Dragone non ritiene il Cremlino responsabile per quanto avvenuto. Volodymyr Zelensky sa bene quanto pesano le relazioni bilaterali ucraine con la Repubblica Popolare Cinese, soprattutto in campo economico. E per questo non intende affatto chiudere le porte in faccia a Xi Jinping.
La tanto attesa telefonata tra i due leader è arrivata nei giorni scorsi. Zelensky l’ha definita “significativa ” e “cordiale “, e in grado di dare “un forte impulso ” ai legami sino-ucraini. Dal canto suo, Xi ha ribadito al suo interlocutore che il dialogo e i negoziati rappresentano l’unica via per risolvere la crisi, e che nessuno sarebbe mai in grado di vincere una guerra nucleare nel caso in cui questa dovesse esplodere (come minacciato in passato, più volte, dalla Russia).
Gli Stati Uniti, che non erano a conoscenza della decisione di Pechino né si aspettavano una chiamata cinese adesso, hanno ammesso di non sapere se la telefonata possa portare a qualcosa di concreto. “Sta all’Ucraina e Zelensky decidere se vogliono sedersi al tavolo dei negoziati per la pace “, ha sottolineato il portavoce del Consiglio per la sicurezza americana, John Kirby.
Zelensky è apparso, al contrario, molto più ottimista ed entusiasta di Washington. Così come lo era qualche settimana fa, quando il presidente ucraino ha dato l’impressione di apprezzare, seppur con riserva, l’iniziativa del piano di pace presentato dalla Cina, affermando di volerne parlare con il suo omologo cinese.
Adesso questa tendenza sembrerebbe essersi ulteriormente rafforzata. Non è un caso che, in seguito al dialogo con Xi, lo stesso Zelensky abbia nominato il nuovo ambasciatore ucraino a Pechino, mentre il presidentissimo cinese ha promesso di inviare un rappresentante speciale a Kiev nel tentativo di mediare.
Il legame economico tra Ucraina e Cina
Da qualunque prospettiva si guardi la vicenda, l’Ucraina sta dando l’impressione di apprezzare le mosse cinesi. Non è difficile capirne le ragioni. Anche con la guerra in corso, Pechino ha mantenuto il primo posto negli scambi commerciali con Kiev. Basta leggere alcuni numeri per rendersi conto degli interessi intrecciati che uniscono cinesi e ucraini.
Secondo i dati del Servizio statistico di Kiev, precedentemente analizzati da InsideOver, nel 2019 la Cina aveva scavalcato la Russia diventando il più grande partner commerciale dell’Ucraina, con un commercio complessivo di 18,98 miliardi di dollari e un incremento di quasi l’80% rispetto al 2013.
Le esportazioni ucraine verso la Repubblica Popolare, principalmente materie prime come minerale di ferro, mais e olio di girasole, nel 2021 hanno toccato gli 8 miliardi di dollari, mentre le importazioni dalla Cina, per lo più macchinari e beni di consumo, hanno raggiunto i 10,97 miliardi di dollari. Il Dragone è inoltre diventato il più grande importatore di orzo ucraino nella campagna di commercializzazione 2020-21: circa il 30% delle importazioni cinesi di mais risalenti allo scorso anno, oltre 8 milioni di tonnellate, proveniva dall’Ucraina.
In generale, Pechino mette sul tavolo beni di consumo, prodotti chimici e macchinari, per ricevere in cambio minerali (ferro) e derrate alimentari (grano ma anche, orzo, mais e semi di girasole), A conti fatti, circa il 16% dell’export ucraino finisce oltre la Muraglia. C’è poi un altro aspetto curioso da ricordare: nonostante gli incontri tra Putin e Xi, la Cina è rimasta il partner commerciale numero uno di Kiev, con 1 miliardo di dollari di scambi al mese (e 2,6 di esportazioni) nel periodo compreso tra gennaio e marzo 2023, e cioè più della Polonia che continua a rifornire di armi il governo ucraino.
Le grandi aziende cinesi con attività in Ucraina comprendono il conglomerato alimentare statale Cofco, i costruttori statali China Pacific Construction Group e China Harbor Engineering Co (Chec) e il gigante delle telecomunicazioni Huawei Technologies.
Giusto per fare qualche esempio a conferma della profonda interazione sino-ucraina, nel 2016 Cofco ha lanciato un terminal per il grano nel porto marittimo di Nikolaev per un valore di 75 milioni di dollari nell’Ucraina meridionale. Nel 2019 Chec ha completato un progetto di dragaggio nel porto di Chornomorsk, mentre un anno più tardi China Pacific Construction Group ha firmato un accordo per la costruzione di una linea metropolitana nella capitale Kiev. Huawei, che ha aiutato l’Ucraina a sviluppare le sue reti mobili, nel 2019 ha vinto la gara per l’installazione della rete 4G nella metropolitana di Kiev e nel 2020 è stata scelta per contribuire a garantire e migliorare la difesa informatica e la sicurezza informatica dell’Ucraina.
Nel 2021, China Longyuan Power Group Corporation, il più grande produttore di energia eolica della Cina, ha costruito e messo in funzione un grande parco eolico nella città di Yuzhne. Nel 2011 è stato firmato un accordo con la Export-Import Bank of China e la China National Machinery Industry Complete Engineering Corporation (CMEC) per la realizzazione di una linea capace di collegare Kiev all’aeroporto Boryspil. La banca ha fornito un prestito di 372,3 milioni di dollari (327,6 milioni di euro), mentre il CMEC è diventato appaltatore del progetto.
Non è finita qui, perché SINOMACH e la sua controllata China National Complete Construction Engineering Co hanno intrapreso un percorso per costruire rispettivamente la centrale elettrica a gas Crimea Serkino e la ferrovia leggera dell’aeroporto di Kiev Sky Express. Nel novembre 2017, il governo della città di Kiev ha firmato un accordo di cooperazione per la costruzione della linea 4 della metropolitana di Kiev con China Railway International Group e China Pacific Construction Group (China Consortium).
Dulcis in fundo, Kiev ha aderito alla Belt and Road Initiative nel 2017, firmato nel 2020 un accordo con la Cina per rafforzare la cooperazione nella costruzione e finanziamento di infrastrutture e, dal 2016 al 2020, è stato il terzo fornitore di armi di Pechino, dietro Russia e Francia. A proposito di Difesa, nel 1998 la Cina ha acquistato una portaerei di fabbricazione sovietica attraverso l’Ucraina e ha rimodellato la nave nella Liaoning, in quella che sarebbe diventata la sua prima portaerei.

Il rebus di Kiev
Gli Stati Uniti hanno appena inviato l’ennesimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina: circa 325 milioni di dollari di aiuti, tra i quali un’ingente quantità di munizioni e colpi di artiglieria. Fin dallo scoppio della guerra, Washington si è schierata al fianco di Kiev facendo il possibile per aiutare Zelensky a respingere l’offensiva della Russia.
L’impegno di Washington è stato fin da subito tangibile su più fronti e ha riguardato più fronti: la condivisione di informazioni di intelligence, l’addestramento specifico dei soldati ucraini all’utilizzo di armi moderne e tecnologiche, l’attuazione di sanzioni economiche contro Mosca per fiaccare la macchina da guerra del Cremlino e, infine, la spedizione di armamenti. Il tutto, cercando di coinvolgere gli alleati europei e, al tempo stesso, di esaudire, entro i limiti, i desideri del governo ucraino.
Dopo un anno di ostilità, con il conflitto che intanto si è trasformato in una lunga guerra di logoramento, gli entusiasmi iniziali dell’Occidente stanno iniziando a lasciare spazio alla Realpolitik. Non solo per una mera motivazione strategica, con il rischio di placare la fame di armi di Kiev per innescare la furia atomica di Mosca, ma anche, banalmente, per ragioni organizzative.
Giusto per fare un esempio, le scorte statunitensi di proiettili da 155 mm e quelle degli alleati europei non sono preparate a sostenere una guerra terrestre convenzionale come lo è quella in corso in Ucraina. Ad impensierire ulteriormente il blocco occidentale troviamo le mosse del governo ucraino, in seno al quale, a quanto pare, esisterebbero più anime. Compresa quella più nazionalista, che vorrebbe allargare il fronte, attaccare in profondità il territorio russo e portare avanti una serie di attentati, blitz e raid strategici che potrebbero causare una pericolosissima escalation.
La sensazione, la stessa che potrebbe aver avuto Zelensky, è che gli Stati Uniti continueranno a rimpinguare le scorte militari ucraine fino alla controffensiva primaverile di Kiev. Dopo di che, sia in caso di riconquista dei territori occupati che di fallimento, gli Stati Uniti e i partner europei potrebbero gradualmente chiudere il rubinetto degli aiuti bellici.
Nel worst case scenario, ovvero a fronte di un’offensiva finita nel nulla, l’Ucraina si ritroverebbe impantanata in un territorio inesplorato e soggetta alla reazione nemica. Ecco perché il presidente ucraino potrebbe aver pensato ad una sorta di piano b che contempli l’appoggio della Cina a riempire eventuali vuoti lasciati dagli Usa.
Kiev guarda a Pechino
Zelensky continuerà a fare affidamento sugli Stati Uniti. Ma, se Washington dovesse cambiare strategia, allora il presidente ucraino potrebbe, come detto, giocare la carta cinese. Xi Jinping sarebbe ben disposto a scendere in campo nelle vesti di mediatore, per risolvere la faccenda proponendo una “soluzione con caratteristiche cinesi”, e cioè uno status quo filtrato da massicce dosi di pragmatismo e favorevole agli interessi geopolitici di Pechino.
Per evitare di restare senza un protettore, l’Ucraina potrebbe così accettare di indossare il salvagente cinese facendo leva sulle vecchie – e mai tramontate – reciproche relazioni economiche. Intanto, le due parti hanno schierato in campo i loro alfieri.
La Cina invierà in Ucraina Li Hui, rappresentante speciale della Cina per gli Affari euroasiatici, nonché ex ambasciatore cinese in Russia dal 2009 al 2019. Zelensky, invece, ha nominato il nuovo ambasciatore ucraino nella Repubblica Popolare Cinese. Si tratta di Pavel Ryabikin, dal novembre 2021 al marzo 2023 ministro delle Industrie Strategiche dell’Ucraina. A Hui e Ryabikin toccherà il compito di avvicinare Kiev e Pechino. Con Zelensky e Xi pronti a scendere in campo quando e se sarà necessario.