Si è riunita nella giornata di lunedì per la prima volta la commissione militare libica composta con il formato cosiddetto “5+5”. Si tratta di un organismo previsto in uno dei 52 punti del documento finale della conferenza di Berlino, formato da cinque personalità designate dal premier Fayez al Sarraj e cinque invece nominate dal generale Khalifa Haftar.

La prima riunione a Ginevra

Quando lo scorso 28 gennaio era stata diffusa la notizia dello slittamento della prima riunione della commissione, l’impressione negli ambienti diplomatici è stata quella di trovarsi dinnanzi ad un ennesimo fallimento. L’incontro era infatti saltato non per problemi logistici od aspetti tecnici, bensì perché né a Tripoli e né a Bengasi, dove ha sede il quartier generale del Libyan National Army di Haftar, era saltato fuori un accordo sui nomi da inviare a Ginevra. Nella città svizzera, scelta come sede per ospitare i colloqui della commissione, era tutto pronto per avviare la prima sessione di incontri. Alla fine però, questa volta si è trattato di un leggero rinvio: nella giornata di lunedì 3 febbraio infatti, sono arrivate le delegazioni scelte dai due principali attori impegnati nello scacchiere libico.

L’insediamento della commissione è avvenuto alla presenza dell’alto rappresentante dell’Onu per la Libia, ossia il capo della missione Unsmil Ghassan Salamé. Saranno proprio i diplomatici delle Nazioni Unite a fare da moderatori nelle varie sessioni che avranno luogo da qui alle prossime settimane. Come detto in precedenza, la commissione militare è stata prevista nell’ambito degli accordi presi durante la conferenza di Berlino dello scorso 19 gennaio. L’obiettivo del formato 5+5 è quello di valutare l’andamento della tregua concordata a Mosca il 13 gennaio, fissando sotto la mediazione Onu tutti i passi necessari ad evitare ulteriori escalation. Ma la missione della commissione militare non è certo partita sotto i migliori auspici.

Gli occhi puntati su una tregua che non esiste

Non è secondario il fatto che Al Sarraj ed Haftar siano riusciti a far incontrare in una stessa sede cinque propri delegati. Visto l’andamento del conflitto e vista l’impossibilità attuale di mettere in contatto diretto il premier libico e l’uomo forte della Cirenaica, la formazione della commissione sotto il profilo politico ha costituito già di per sé un piccolo successo. Un elemento dunque positivo, al contempo però marginale nell’economia della guerra. La funzione stessa della commissione sarà in proseguo tutta da verificare. Come detto, il suo compito è quello di valutare l’andamento della tregua. Di fatto però, la tregua al momento non c’è e per la verità non c’è mai stata nemmeno nelle ore successive alla conferenza di Berlino.

A Tripoli si continua a sparare, con i combattimenti che imperversano sempre di più anche nella quotidianità della popolazione della capitale libica. Entrambi gli schieramenti, le forze di Al Sarraj da un lato e quelle di Haftar dall’altro, stanno continuando a ricevere nuovi rifornimenti dai rispettivi sponsor internazionali. La Turchia su questo fronte appare l’attore più attivo: navi con la bandiera turca da giorni vengono avvistate a largo della Tripolitania, secondo i servizi di sicurezza di diversi paesi, tra cui quelli francesi, da questi mezzi vengono fatti scendere armi e mezzi a favore delle milizie pro Al Sarraj. Si è dunque davanti ad un vero e proprio paradosso: mentre a Ginevra si è insediata la commissione che ha il compito di vigilare sulla tregua, a Tripoli ed in tutta la Libia la guerra è proseguita senza alcuna sosta ed alcuna pausa. Senza che dunque la stessa commissione abbia un qualche elemento da poter vigilare.

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