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Alla vigilia della drôle de guerre ai confini dell’Europa, la strana posizione della Germania nei confronti della Russia continua a suscitare imbarazzi e malumori. Se fino ad ora Berlino poteva essere accusata di eventuale cerchiobottismo tra vocazione europeista e il controverso gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, adesso sono le alte sfere militari a porre la Germania in una situazione scomoda.

La vicenda

Nella serata dello scorso 22 gennaio il viceammiraglio Kay-Achim Schönbach si è dimesso con effetto immediato: lui, che aveva tra l’altro descritto come sciocca l’idea che la Russia volesse invadere l’Ucraina, durante un convegno a Nuova Delhi, nel corso di uno scambio di opinioni organizzato da un think tank, ha sostenuto che “l’Ucraina non riuscirà mai a recuperare la Crimea” e che “va dato il rispetto che merita” al presidente russo Vladimir Putin. Come se non bastasse, Schönbach si è definito un “radicale cristiano” e ha sottolineato le comuni radici religiose tra Germania e Russia, con cui bisognerebbe cooperare in funzione anti-Pechino. Un filmato che ha immortalato le delicate dichiarazioni è poi finito su Twitter e ha iniziato a viaggiare nella rete, destando clamore in patria. Così, dopo le feroci proteste di Kiev e dopo un colloquio tra lo stesso Schönbach e l’Ispettore generale della Bundeswehr, la massima carica militare che coordina le Forze armate e l’intelligence, le dimissioni sono state formalizzate per “evitare ulteriori danni”.



Le incongruenze degli ultimi giorni

A guardarla da fuori, la vicenda di Schönbach potrebbe essere ascritta ad uno dei tanti scivoloni a cui gli uomini pubblici ci hanno abituati nell’era del villaggio globale: tuttavia, tradisce un sentimento che invece è molto diffuso presso le alte sfere tedesche, forze armate comprese, oltre che presso gli apparati di governo costretti tra ragion di Stato e opportunismo. Solo pochi giorni fa la ministra degli Affari Esteri della Germania, Annalena Baerbock, aveva affermato che il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2 non sarebbe ancora “pienamente conforme” alla normativa dell’Unione Europea, avvertendo Mosca che Berlino avrebbe adottato “misure appropriate” in caso di escalation in Ucraina. Baerbock ha intimato alla Federazione Russa di interrompere l’atteggiamento provocatorio nei confronti dell’Ucraina, dichiarando che il Paese, insieme ai partner europei, è “pronto ad adottare appropriate misure congiunte” in risposta di un’escalation.

E poi, ancora, a disegnare quasi una giostra schizofrenica, il rifiuto della Germania di unirsi ad altri membri della NATO nella fornitura di armi all’Ucraina. La questione è emersa durante il fine settimana scorso, a seguito di un rapporto secondo cui Berlino era arrivata al punto di impedire all’Estonia di fornire vecchi obici tedeschi a Kiev per difendersi dalle truppe russe che si ammassavano vicino al confine ucraino. “La posizione della Germania sulle forniture di armi non corrisponde al livello delle nostre relazioni e all’attuale situazione della sicurezza”, ha affermato su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Parlando con i giornalisti lunedì a Berlino, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha negato che fosse stata presa una decisione sugli obici e ha insistito sul fatto che il suo Paese si schiera con i suoi alleati della NATO e dell’Unione Europea nell’opporsi a qualsiasi incursione russa in Ucraina. “Se si verificherà questa situazione, agiremo insieme”, ha detto ai giornalisti. “Ci sarebbe un prezzo elevato. Tuttavia, mentre la Germania continuerebbe a fornire aiuto all’Ucraina, ci sarebbe un’eccezione: non forniremo armi letali”.

Socialdemocratici, Verdi  e i fantasmi del passato

Al di là degli interessi pragmatici sul gas e simili, emerge come, di fronte ad una escalation militare, la Germania si confronta sempre con i suoi fantasmi: “l’eredità della militarizzazione della Germania in Europa durante le due guerre mondiali ha portato molti leader tedeschi a considerare qualsiasi risposta militare come l’ultima risorsa”, sostiene Rachel Ellehuus, vicedirettore del programma Europa, Russia ed Eurasia presso il Center for Strategic and International Studies. E mentre in passato la Germania ha sottolineato la sua posizione restrittiva sulle esportazioni di armi verso le zone di conflitto, gli analisti affermano che la regola non è stata applicata in modo coerente: ci sono sempre stati casi limite, come ad esempio la guerra del Kosovo o il sostegno ai curdi contro l’ISIS in Siria.

Al momento, dunque, il Paese sembra incastrato tra i socialdemocratici di Scholz, intrisi dell’eredità di Willy Brandt e i Verdi, radicati in una tradizione di pacifismo anti-russo: tuttavia, la ministra Baerbock sta assumendo toni sempre più pragmatici. In occasione del suo incontro negli Stati Uniti con Anthony Blinken ha più volte ripetuto che la Germania è a favore del dialogo e si concepisce come strumento dell’Occidente per rapportarsi con Mosca: molto più Merkel che Verdi di ferro.

Il partito di Scholz

Nel frattempo, i principali media tedeschi da giorni promuovono in modo aggressivo il contrasto con la Russia. Mentre Scholz e Baerbock hanno finora ufficialmente escluso la consegna di armi tedesche all’Ucraina, altri rappresentanti dei partiti di governo chiedono proprio questo. “La consegna di armi difensive potrebbe essere un modo per sostenere l’Ucraina”, ha affermato Marie-Agnes Strack-Zimmermann (Liberi Democratici, FDP), presidente della commissione parlamentare di difesa, in un’intervista a t-online.de. In un’intervista al Tagesspiegel, l’ex ministro degli Esteri Sigmar Gabriel (SPD) ha adottato un tono simile e ha chiesto una risposta più aggressiva del governo federale e dell’Unione europea contro la Russia. Il partito di Scholz, inoltre, partner senior della coalizione, ha una potente sinistra che sostiene legami più stretti con Mosca e il suo leader parlamentare, Rolf Mützenich, ha sostenuto un nuovo “ordine di pace europeo inclusa la Russia”. Anche i luminari moderati dell’SPD sono riluttanti a perseguire una dura politica anti-russa, appellandosi alla distensione e il dialogo.

Nemmeno gli appelli alla mediazione rigorosa, però, riescono a sedare la furia ucraina. Kiev ritiene che le osservazioni dell’ammiraglio Schönbach riflettano il pensiero di una larga fetta dell’establishment tedesco e adesso chiede a Berlino di cambiare alla svelta la sua posizione sul conflitto.

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