Strani scatti che iniziano a circolare sulle reti social. Raffigurano delle luci sulla pista della base aerea di Bagram, in Afghanistan, precedente roccaforte delle forze Usa e abbandonata da Washington nel precipitoso ritiro di fronte ai talebani. E nell’arco di poche ore, i sospetti iniziano a correre paralleli alle foto.
Qualcuno non ha dubbi: quelle luci nelle base aerea di Bagram sono il segnale che i cinesi sono finalmente giunti in Afghanistan. Ma sono ipotesi che non trovano conferma in alcuna fonte verificabile. Da Kabul negano, così come da Pechino. Dopo alcune ore in cui la notizia è stata rilanciata dal Daily Mail, dall’Emirato sono arrivate le parole dei funzionari che all’emittente afghana Tolo News hanno parlato di semplici operazioni dei membri delle forze talebane. Un esponente del governo – riferiscono i media locali – ha detto che non esiste alcuna forza straniera in territorio afghano, ribadendo che quelle luci sono state attivate dalle truppe degli “studenti coranici”.
La notizia resta avvolta nel mistero. Arrivano le smentite ufficiali, certo, ma perché è stata fatta circolare la voce non tanto sulla riattivazione di alcune parte della base aerea di Bagram, ma proprio che dietro vi fossero delle operazioni compiute dalla Cina? Non una scelta casuale. Infowar? Disinformazione? Messaggi mandati da una parte all’altra? Difficile da dirsi, ma certo è che da tempo gli Stati Uniti accusano la Repubblica popolare cinese di aver messo gli occhi su quella base.
Molti esperti segnalano da diverse settimane un pressante interessamento di Pechino rispetto a quella che fino a qualche mese fa era il cuore pulsante delle truppe Usa in Afghanistan. Gli alti funzionari del Partito comunista cinese hanno negato più volte questo tipo di coinvolgimento nel territorio del nuovo Emirato. Il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, già i primi giorni di settembre aveva riferito ai media che il suo governo non aveva alcuna intenzione di prendere possesso di Bagram o di avere colloqui in tal senso con i talebani. Ma queste frasi di parte cinese non hanno mai spento i riflettori di buona parte della politica statunitense, che anzi sulla base a nord di Kabul continua a mantenere ben salda l’attenzione. Nikki Haley, esponente repubblicana e ex rappresentante alle Nazioni Unite durante il mandato di Donald Trump, ha accusato la Cina di avere l’intenzione di controllare l’ex avamposto Usa, probabilmente per carpirne i segreti. Altri diplomatici e ex militari hanno invece parlato dell’abbandono di Bagram come un errore strategico enorme da parte degli Stati Uniti, non solo perché Washington si ritrova senza basi aeree in Asia centrale, ma anche perché rischiano di aver dimenticato qualche elemento che potrebbe finire nelle mani sbagliate (e cioè dell’intelligence cinese).
Resta quindi il giallo su chi abbia davvero utilizzato la base e acceso le luci dopo che gli Stati Uniti, ritirandosi dal Paese, avevano deciso di tagliare la corrente elettrica abbandonando il campo come per una fuga dal nemico (e non per un accordo concluso). A oggi non esistono prove che confermino la presenza cinese, essendoci in realtà solo poche immagini non ad alta risoluzione e le smentite sia da parte talebana che da parte della Repubblica popolare. Hanno iniziato a circolare voci anche di un interessamento del Pakistan, supportate dal fatto che Islamabad è considerato il vero dominus del nuovo corso afghano. Ma anche in questo caso non esistono prove concrete a sostegno dell’ipotesi pakistana, se non alcuni sospetti lanciati anche in parallelo con le notizie delle forti difficoltà che sembra avere l’Emirato nel controllo del territorio.
Come spiegato dal sito The Drive, l’ipotesi più concreta – fino a questo momento – rimane dunque quella di un primordiale utilizzo da parte delle milizie talebane, che di certo non possono aver dimenticato di avere un aeroporto militare a pochi chilometri dalla capitale. Un avamposto che gli strateghi americani resta ancora una ferita aperta, tanto che il generale Kenneth Frank McKenzie, capo del Comando centrale delle forze armate Usa, ha dovuto spiegare a fine settembre davanti alla Camera dei rappresentanti i motivi dietro quell’abbandono. “Gli ordini che ho ricevuto ad aprile prevedevano il completo ritiro delle forze di combattimento Usa e un piano per la sicurezza diplomatica con un numero massimo di 650 militari”, ha detto McKenzie, e “l’opzione di restare a Bagram è scomparsa nel momento in cui è stata ordinata la riduzione della nostra presenza a 650 uomini a Kabul”. Washington però sa di aver perduto molto. E forse anche per questo sospetta che la Cina abbia messo gli occhi sulla base.