La Polonia è uno dei protagonisti collaterali della guerra in Ucraina. Il fiume di rifugiati che si sta riversando in territorio polacco è di certo l’elemento più importante per cui oggi Varsavia è sotto la luce dei riflettori. Ma c’è un altro fattore che in questi giorni ha tenuto banco a Varsavia (e non solo): quello dei caccia da consegnare all’Ucraina.
Tutto parte da un triangolo Kiev-Varsavia-Washington. Nelle scorse ore, diverse fonti della Casa Bianca avevano parlato di un accordo per rifornire l’Ucraina di caccia polacchi. Come ha scritto anche il Financial Times, si trattava di un patto che prevedeva la consegna di aerei da guerra di fabbricazione russa rimasti in Polonia dopo la caduta dell’Unione Sovietica e, in cambio, le forze aeree polacche avrebbero ricevuto F-16 dagli Stati Uniti. Le fonti del sito americano Politico parlano in particolare di MiG-29 usati.
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CAUSALE: Reportage Ucraina
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L’accordo, o meglio, la base di un accordo tra Polonia e Stati Uniti è emerso dopo una giornata di colloqui tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e circa 300 membri del Congresso americano. La riunione doveva rimanere segreta ma, come racconta Agi, Marco Rubio e Steve Daines, due senatori repubblicani, l’hanno rivelato sui social.
La notizia è iniziata a circolare non solo su internet, ma anche tra le alte sfere. E le cose hanno iniziato a complicarsi, specialmente perché l’indiscrezione è arrivata direttamente al Cremlino, che non ha preso affatto bene l’ipotesi sul tavolo. Non a caso, proprio nelle ore successive all’incontro, da Mosca è arrivato il monito della Difesa che ha minacciato senza mezzi termini che qualsiasi Paese con aerei utilizzati dalle forze ucraine in combattimento sarebbe stato considerato direttamente coinvolto nel conflitto. L’avvertimento era stato pronunciato dal portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov.
Le parole di Mosca a quel punto sono risuonate direttamente a Varsavia, che nonostante il semaforo verde ricevuto dagli Stati Uniti, ha fatto marcia indietro. Già nei giorni scorsi il presidente Andrej Duda, che aveva incontrato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, aveva detto che inviare caccia “sarebbe un’ingerenza militare in un conflitto” e “la Nato non è parte di questo conflitto“. Poi è arrivato anche il tweet della cancelleria del premier polacco, Mateusz Morawiecki, che ha smentito la consegna degli aerei. Un messaggio che sembra chiudere – per il momento – una partita che rischiava di ampliare il raggio della guerra anche a un Paese dell’Alleanza Atlantica. Con tutte le conseguenze che è possibile immaginare.
La discussione conferma quello che è uno dei più importanti dubbi che ha scosso in questi giorni la Nato. Dall’inizio della guerra, Zelensky chiede al blocco occidentale di imporre una no-fly zone sul Paese in modo da fermare l’aviazione russa. Diversi Paesi dell’Alleanza hanno mandato e continuano a inviare armi alle forze di Kiev, ma sul tema della no-fly zone fino a questo momento è compatto il fronte del “no”. Troppi rischi, ribadiscono da Washington e dalle cancellerie europee. Perché una misura di questo genere significherebbe di fatto mettere uno davanti all’altro caccia atlantici e aerei russi, con il rischio estremamente elevato che si possa giungere anche a un conflitto a fuoco. Cosa che si tradurrebbe in modo abbastanza inevitabile in un conflitto aperto tra Russia e Occidente.
L’invio di aerei di fabbricazione sovietica dalla Polonia all’Ucraina rappresenterebbe il tentativo di sviare da questo impasse della no-fly zone attraverso il rifornimento di mezzi all’aeronautica di Kiev. Cosa che inoltre avrebbe velocizzato il loro impiego da parte dei piloti ucraini, abituati a quel tipo di mezzi. Però non si può negare che l’avvertimento della Russia non possa essere preso sottogamba. La guerra ha già dimostrato che Vladimir Putin, in questa fase, non sembra un presidente avvezzo ai bluff. E il rischio di un coinvolgimento delle basi polacche o rumene nella guerra avrebbe scatenato un effetto domino tale da poter fare invocare l’articolo 5 del Trattato Nord-atlantico, attivando quindi la sicurezza collettiva.
Sul fronte diplomatico, invece, lo stop momentaneo all’accordo tra Varsavia e Washington indicherebbe un primo tentativo da parte della Polonia di porre un freno all’aumento di tensioni con la Russia. Le divergenze restano, le forniture di armi all’Ucraina anche. Ma questo sembra ancora non avere innescato una spirale di sfida che potrebbe condurre a esiti a dir poco inquietanti. Per quanto riguarda i rapporti tra Varsavia e Washington, va detto che forse la mossa polacca di evitare un invio diretto, per il momento toglie dall’impasse una Casa Bianca abbastanza restia ad estendere il raggio d’azione della guerra. Ed è chiaro che un inserimento delle basi polacche nel mirino russo, avrebbe rischiato di imporre un nuovo e ulteriore impegno americano in Europa. Da tempo Zelensky ha fatto più volte capire che i rapporti con la Casa Bianca sono forti ma non così idilliaci. Di recente ha anche tenuto a ribadire che, di fatto gli aiuti Usa sono stati tardivi. Con la videochiamata al Congresso forse voleva premere sul legislativo facendo così leva sul presidente: ma la scoperta del piano potrebbe averlo accantonato definitivamente. Né no-fly zone, né caccia, almeno per il momento. Anche se il nodo resta: Kiev chiede gli aerei o un modo per fermare l’aviazione russa.