Il capo dello Stato maggiore congiunto, generale Mark Milley, ha difeso in modo netto i risultati raggiunti nel conflitto in corso da 18 anni in Afghanistan, presentando –nel corso di una conferenza stampa al Pentagono– una situazione decisamente piĂą rosea rispetto a quella emersa nella recente inchiesta del Washington Post.  Quella del generale Milley è stata una linea seguita anche dal segretario alla Difesa Mark Esper che, nel corso dello stesso evento, ha assicurato che nessun funzionario del Pentagono abbia mentito all’opinione pubblica riguardo l’andamento della guerra in Afghanistan. Entrambi, inoltre, hanno riaffermato che alcuni degli obiettivi posti a inizio conflitto sono stati raggiunti, rovesciando il governo dei talebani ed evitando che al-Qaeda mettesse in atto negli Stati Uniti un attentato terroristico come quello dell’11 settembre.

Nessuna cospirazione

Quelli che erano i due obiettivi principali però non sono stati ancora raggiunti: l’Afghanistan è ancora un Paese in guerra e le istituzioni del governo di Kabul non sono ancora –propriamente e pienamente– democratiche. Nonostante questo, Milley ha dichiarato di considerare la “storia” degli “Afghanistan Papers” un’esagerazione dettata dal fatto che sull’Afghanistan hanno lavorato troppe agenzie e funzionari per far sì che vi sia un’unica lettura. Qualsiasi dichiarazione o rapporto pubblicato, quindi, stando alle parole del capo dello Stato maggiore congiunto non è altro che una valutazione “onesta” del conflitto. Nessuna cospirazione da parte del Pentagono ma una lettura diversa dei risultati conseguiti nella guerra in Afghanistan. L’impegno militare sarebbe stato, quindi, fruttuoso dal punto di vista politico perchĂ© al momento a Kabul siede un governo fedele agli Stati Uniti, ma positivo sarebbe stato –in parte– anche per quel che riguarda alla guerra al terrore, visto che al-Qaeda è stata quasi del tutto smantellata e Osama bin Laden neutralizzato in un raid dei Navy SEALs in Pakistan. Ma la vittoria sarebbe solamente parziale perchĂ© ad al-Qaeda si è sovrapposto l’Isis –che inizialmente sarebbe stato finanziato anche dall’Occidente– che, sebbene non abbia colpito negli Stati Uniti, ha compiuto diversi attentati in Europa e in Medio Oriente, coinvolgendo anche soldati americani che ancora cadono o vengono feriti in attacchi in Afghanistan.

Senza una strategia unica

L’Afghanistan, però, continua a dividere l’opinione pubblica e la politica statunitense, ma non sulle “menzogne” che il generale Milley ha provato a smentire. Il principale problema sta nel fatto che è emerso come le amministrazioni guidate da George W. Bush e da Barack Obama abbiano puntato a conseguire risultati tangibili sul breve termine, non seguendo una strategia unica di ampio spettro che permettesse di normalizzare il Paese e di procedere al ritiro delle truppe. Una prima leggera riduzione dell’impegno è iniziato con Obama, ma è stato l’attuale presidente Donald Trump a premere maggiormente affinché potesse essere ridotto consistentemente il contingente americano. Al momento in Afghanistan vi sono circa 12-13 mila soldati, ma l’obiettivo posto per il prossimo futuro è quello di ridurli di 4.000 unità. Un “ritiro” figlio di una decisione a breve termine che “odora” di campagna elettorale dal momento che è e sarà uno dei “temi caldi” fino al 3 novembre 2020, quando i cittadini statunitensi saranno chiamati al voto.

Il futuro?

Nel frattempo i funzionari del Dipartimento di Stato stanno continuando a cercare di trovare un accordo con i talebani per mettere la parola fine al conflitto, pacificando l’Afghanistan così da permettere a chiunque sarà il Presidente degli Stati Uniti di dichiarare raggiunto l’obiettivo principale fissato il 7 ottobre 2001: far sì che il Paese asiatico non sia più un posto sicuro per i terroristi. La conclusione di una guerra combattuta non solo per scopi strategici ed economici, ma anche per indirizzare il dibattito politico interno a proprio favore approfittando.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.