Guerra /

Il ministero della Difesa russo ha rilasciato un video che mostra l’ultima missione di pattugliamento di una coppia di bombardieri strategici Tupolev Tu-160 “Blackjack” effettuata tra il Mare di Barents e quello di Norvegia.

Nel comunicato stampa allegato si legge che i velivoli “hanno effettuato un volo programmato sulle acque neutre dei mari di Barents, della Norvegia e del Nord. La durata del volo è stata di circa 12 ore”. Il testo prosegue sottolineando che “in alcune fasi della rotta, i vettori di missili strategici (così vengono indicati in Russia i bombardieri nucleari come il Blackjack n.d.r.) sono stati accompagnati dai caccia MiG-31 dell’aviazione della Marina russa, oltre che da Eurofighter Typhoon della Royal Air Force britannica e da F-16 dell’Aeronautica Norvegese”. Il Cremlino, come da copione, termina il suo stringato comunicato affermando che “tutti i voli degli aeromobili delle forze aerospaziali russe vengono effettuati in stretta conformità con le regole internazionali per l’uso dello spazio aereo”.

I bombardieri sono decollati dalla loro sede della base di Engels-2, situata 14 chilometri ad est della città di Saratov, nell’omonimo oblast della Russia sudoccidentale. Dai tracciati radar open source sappiamo che i velivoli del 121esimo reggimento da bombardamento pesante delle Guardie coinvolti nel lungo volo di pattugliamento sono stati in totale tre: uno dei Tu-160 ha infatti assunto il ruolo di aereo “picchetto radar” circuitando sul Mare di Barents mentre gli altri due hanno proseguito per il Mar di Norvegia spingendosi sino al Mare del Nord. I Mig-31, invece, hanno effettuato la scorta solo per una parte della rotta.

Ormai non è affatto raro che i bombardieri russi effettuino queste “puntate” verso gli spazi aerei della Nato, soprattutto lungo il “Fronte Nord”. Pochi mesi fa, ad esempio, proprio i nostri velivoli F-35 che l’Aeronautica Militare ha messo a disposizione per la missione di air policing effettuata in Islanda, hanno intercettato tre pattugliatori marittimi Tu-142 che si stavano avvicinando verso la Adiz (Air Defense Identification Zone) dell’isola.

Quello che invece si può notare, rispetto ad altri “fronti caldi” come quello del Mar Nero e del Baltico, è che l’attività di Russia e Nato nel settore dell’estremo Nord è più rilevante: le attività militari, di entrambe le parti, sembrano susseguirsi ad un ritmo costante.

La motivazione è da ricercarsi proprio nell’apertura del Passaggio a Nord-Est, o quella che per i russi è la Rotta Nord, a seguito dei cambiamenti climatici: la zona dell’Artico sta diventando più facilmente accessibile (e per un periodo di tempo più lungo durante l’anno) e con essa le sue risorse minerarie (non solo di idrocarburi).

Avere dei presidi stabili, e soprattutto controllare gli accessi a quel tratto marittimo che ha tutte le carte in regola per diventare fondamentale per gli interessi globali andando a integrare la più lunga (e pericolosa) via che passa per il Mediterraneo e gli importanti stretti di Bab el-Mandeb e della Malacca (sede non casualmente di sempre più atti di pirateria), diventa pertanto fondamentale dal punto di vista strategico.

Non è infatti un caso che la Nato, e gli Stati Uniti, abbiano ripreso a guardare alla Norvegia con particolare interesse: Washington e Oslo stanno concludendo infatti dei negoziati intesi ad aggiornare il loro accordo di cooperazione in materia di difesa che esiste sin dal 1950. Un documento che regola il modo in cui le forze statunitensi possono posizionarsi all’interno del Paese scandinavo e come le due nazioni coopereranno in ambito militare.

La Norvegia ha preso delle misure volte anche ad ampliare la capacità di proiezione di forza degli Stati Uniti: risulta infatti che il porto di Tromsoe, cittadina sita circa 300 chilometri a nord del Circolo Polare Artico, sia stato ingrandito per farne un vero e proprio hub per i sottomarini nucleari d’assalto statunitensi che così possono operare in un braccio di mare strategico posto a poca distanza dalla “tana” delle unità subacquee russe, ovvero le basi di Murmansk/Poljarnyj nella penisola di Kola, ma soprattutto pattugliare gli accessi occidentali alla Rotta Nord.

Quel teatro è diventato così importante che anche il nostro Paese ha deciso di esservi presente: la missione di esplorazione scientifica della Marina Militare High North, la cui campagna di quest’anno è terminata da poco ed i cui risultati sono stati esposti dai responsabili da noi sentiti, testimonia la necessità di guardare all’Artico sotto una nuova luce, soprattutto in considerazione dei cambiamenti climatici che, oltre a liberare la rotta Nord dai ghiacci, ha anche sconvolto le correnti e le caratteristiche fisiche delle acque, che, come sappiamo, sono fondamentali non solo per questioni ambientali ma anche militari: i sottomarini utilizzano le differenza di temperatura e salinità (quindi di densità), o il “rumore di fondo” della banchisa polare, per occultarsi ai sistemi acustici degli avversari.

Si spiega quindi perché la Russia abbia puntato direttamente, con l’ultima missione, sul Mare di Norvegia arrivando a lambire quello del Nord: Mosca avvisa i suoi rivali che il suo interesse strategico arriva sino agli accessi ai mari freddi che la circondano (quello che si chiama Giuk Gap) e non ha affatto intenzione di subire intrusioni nell’area che possano “strangolarla” , nonostante il principio internazionale di libertà di navigazione nei cieli o nei mari.