Il 2020 sarà un anno di cruciale importanza per le dinamiche dell’Ucraina: ci si aspettano importanti progressi in merito alla questione del Donbass, dove il conflitto con i separatisti locali prosegue da ormai cinque anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha portato avanti, negli ultimi mesi, un lento percorso di riavvicinamento alla Russia di Vladimir Putin, con lo scopo di giungere ad una conclusione dei combattimenti quanto prima. Si tratta, però, di un percorso ad ostacoli: il duplice scambio di prigionieri con Mosca, il ritiro delle truppe di Kiev e dei separatisti implementato in alcuni punti del fronte ed il primo faccia a faccia tra i due Capi di Stato, svoltosi a Parigi, non hanno ancora sbloccato del tutto la situazione.
Il Donbass
Le agenzie di stampa ucraine continuano a riportare notizie di violazioni del cessate il fuoco da parte delle milizie separatiste: una dinamica, quest’ultima, che non aiuta di certo a calmare le acque. Putin e Zensky, in occasione dell’incontro di Parigi, avevano concordato sulla necessità di implementare tutte le misure per giungere ad un cessate il fuoco entro la fine del 2019 ma giungere a questo obiettivo non sarà facile. L’esercito ucraino ha riferito che, nel solo mese di gennaio, le forze separatiste avrebbero subito 83 perdite, tra cui ci sarebbero 27 morti e 56 feriti. I soldati ucraini periti tra il 2019 ed il 2020, secondo quanto riferito dall’Ufficio del Procuratore Generale, sarebbero 101 mentre i feriti dovrebbero essere 716. Il 16 gennaio, ad esempio, un milite di Kiev è stato ucciso nella regione di Lugansk dal fuoco di un cecchino.
Il clima che si respira nel Donbass, dunque, non è esattamente dei più calmi. Kiev, però, dovrebbe poter contare sull’aiuto degli Stati Uniti: il Segretario di Stato Mike Pompeo, nel corso della sua recente visita nel Paese dell’Europa Orientale, ha riaffermato l’impegno di Washington nel supportare Kiev in merito alla crisi del Donbass e per quanto concerne lo status della Crimea, annessa dalla Federazione Russa nel 2014. Il complesso scacchiere regionale, dunque, risente delle azioni tanto di Washington quanto di Mosca ed una sua stabilizzazione definitiva sembra ancora piuttosto lontana.
Le prospettive
L’appoggio di Wahington, comunque lontana dai teatri del violenze, dovrebbe accompagnarsi a quello fornito da Francia e Germania,che coadiuvano il dialogo tra Mosca e Kiev e che vorrebbero porre fine al conflitto. L’Ucraina ha espresso l’intenzione di consultare Parigi e Berlino in merito ai recenti scontri perché, a quanto sostiene il ministro degli Esteri Vadym Prystaiko, gli accordi non starebbero funzionando. Prystaiko ha poi aggiunto che Kiev avrebbe discusso della questione anche con l’Ocse, incaricato di monitorare quanto sta accadendo in Ucraine orientale. Il coinvolgimento della comunità internazionale appare dunque cruciale per garantire la stabilizzazione del Paese ma bisognerà vedere quanto i Paesi esterni vorranno essere coinvolti. La Russia, in ogni caso, pur avendo aperto ad un possibile disgelo non potrà tollerare un eccessivo avvicinamento dell’Ucraina agli Stati Uniti ed all’Europa: un certo grado di tensione, dunque, potrebbe permanere ancora per molto tempo.