L’escalation verbale di Dmitrij Medvedev contro l’Occidente ha probabilmente raggiunto il suo apice. L’ex presidente russo, delfino di Vladimir Putin e adesso vice capo del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, ha sparato a zero contro il blocco occidentale utilizzando termini durissimi.
“Mi viene spesso chiesto perchè i miei post su Telegram sono così duri”, ha scritto Medvedev sul noto social. “La risposta è che li odio. Sono dei bastardi e degenerati. Vogliono la nostra morte, quella della Russia. Finchè sono vivo, farò di tutto per farli sparire“, ha quindi concluso, alimentando polemiche e tensioni.
Non è la prima volta che Medvedev adotta un simile linguaggio contro gli attuali nemici della Russia, soprattutto nelle ultime settimane, in concomitanza con la decisione dell’Ue sull’embargo al petrolio russo. A proposito del tema petrolifero, Medvedev ha dichiarato che l’Europa avrebbe dovuto “perlustrare il mondo” per riuscire a trovare la stessa quantità e qualità di petrolio che importa dalla Russia.
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Gli affondi di Medvedev
Ma non è certo finita qui, perché Medvedev ha recentemente definito “imbecilli” gli europei che “hanno dimostrato ancora una volta di considerare i propri cittadini, i propri affari come nemici non meno dei russi” approvando il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia.
Sempre in merito alle sanzioni, l’ex presidente russo ha persino tirato in ballo la mafia. Medvedev ha infatti criticato le sanzioni “illegittime” contro i familiari dei politici russi, paragonandole ai metodi mafiosi e citando ‘Ndrangheta e Cosa Nostra.
“Sono doppiamente illegali – ha dichiarato -. Non solo statisti o deputati ma anche le famiglie, che non sono in alcun modo in grado di influenzare i loro parenti, sarebbero responsabili delle mitiche violazioni inventate da loro”. Medvedev ha aggiunto quindi con sarcasmo che l’Occidente potrebbe abbracciare “anche altre regole familiari progressiste: per esempio, ci sono molte cose utili nei modi della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra italiane”.
La comunicazione che ostacola i negoziati
È difficile immaginare un avvicinamento tra Mosca e Kiev quando esponenti di primo piano impegnati nel conflitto si lasciano andare a dichiarazioni del genere. Quelle di Medvedev sono parole particolarmente gravi che gettano benzina sul fuoco, creano diffidenza e alzano barriere impenetrabili per qualsiasi tipo di diplomazia.
E pensare che, da fine maggio ai primi giorni di giugno, Medvedev ha progressivamente contribuito ad alzare la temperatura minacciando di colpire i centri decisionali di Kiev nel caso di attacchi contro le città russe, accusando gli Stati Uniti di portare avanti una guerra per procura contro Mosca, fornendo armi al governo di Zelensky e, infine, facendo capire che il rifiuto dell’Ucraina di negoziare con la Russia avrebbe ridotto le possibilità di una soluzione diplomatica del conflitto.
A sentire Medvedev, sembra quasi che la Russia stia utilizzando più megafoni comunicativi. Da un lato troviamo la propaganda di guerra, utile per rispondere alla propaganda ucraina, con dati e informazioni relative a vicende belliche. All’estremo opposto spiccano le sparate a zero contro Occidente, Stati Uniti e, più in generale, i nemici di Mosca, lanciate forse per intimorire gli avversari ma rischiando di generare effetti opposti. Ebbene, l’ex presidente russo Medvedev può essere collocato in quest’ultima categoria comunicativa.