La Cina può contare su un arsenale missilistico moderno e sempre più sofisticato, ormai capace di impensierire seriamente gli Stati Uniti e i suoi partner nel teatro dell’Asia-Pacifico. Attenzione però, perché anche Taiwan è in possesso di jolly che non dovrebbero essere sottovalutati, soprattutto in chiave difensiva.

Se analizziamo le recenti tensioni che stanno scuotendo lo stretto di Taiwan dal punto di vista militare, è impossibile non mettere a confronto i programmi della Repubblica Popolare Cinese e della Repubblica di Cina. Anche perché non sappiamo che cosa succederà nell’imminente futuro, né se la crisi scatenatasi in seguito alla visita di Nancy Pelosi sull’isola potrà rientrare senza lasciare cicatrici indelebili nei rapporti diplomatici tra Pechino e Washington. Da giorni i funzionari cinesi ripetono che ogni opzione è sul tavolo, compresa quella militare, e che molto dipenderà dalle reazioni, o meglio provocazioni nell’ottica della Cina, che arriveranno dall’asse Taiwan-Usa.

Se l’ipotesi migliore coincide con un riappacificamento, al momento una pista piuttosto fredda, il worst case scenario fa rima con un conflitto aperto, che potrebbe, tra l’altro, contagiare il resto dell’Asia e del mondo. Non è detto che si arrivi al punto di non ritorno, anche perché tutti gli attori coinvolti andrebbero a pagare un prezzo altissimo, tanto in termini di vite umane quanto di economia pura. È probabile però che la situazione continuerà a restare tesa per mesi, in una “fisarmonica di tensioni”, tra avvicinamenti e nuovi allontamenti.

A patto che non avvengano incidenti (il rischio è altissimo), durante questo lasso di tempo, di durata ancora indefinita, Cina e Taiwan faranno leva su fattori psicologici, utilizzerano bluff e si provocheranno a vicenda, ben attenti a non superare l’invisibile linea rossa che potrebbe segnare l’inizio di una guerra. Sfoggiare le proprie armi, stringendo i muscoli nel caso cinese, chiudendosi a riccio nell’ottica taiwanese, è un atteggiamento che potrebbe caratterizzare la nuova quotidianità nel Mar Cinese Meridionale.



I missili della Cina

Come ha sottolineato il Center for Strategic and Inteernational Studies (CSIS) nel suo progetto Missile Defense Project, l’arsenale missilistico della Cina è avvolto nel mistero, a causa di ambiguità intenzionali e riluttanza a sottoscrivere accordi relativi al controllo degli armamenti. Il piatto forte di Pechino è tuttavia caratterizzato da una combinazione di missili balistici e da crociera lanciati da terra, aria e mare, pensati in primis per prendere di mira le risorse militari Usa dislocate nell’Asia-Pacifico. La Cina sta inoltre sviluppando varie capacità avanzate, che comprendono missili balistici antinave manovrabili, MIRV e veicoli di planata ipersonici.

In generale, la Repubblica Popolare vanta il programma di sviluppo missilistico più attivo e diversificato al mondo. Il Dragone sta modernizzando i suoi missili balistici intercontinentali, sviluppando più veicoli di rientro e veicoli ipersonici boost-glide. La marina cinese, al contempo, sta schierando una nuova flotta di sottomarini dotati di missili balistici nucleari. Tutto questo rappresenta una significativa minaccia sia per gli Stati Uniti che per le forze alleate Usa dell’Indo-Pacifico.

Scendendo nei dettagli, tra i missili cruise citiamo l’HN-2 e l’HN-3, dotati rispettivamente di un range di 1.400-1.800 e 3.000 chilometri. Tra i missili balistici intercontinentali (ICBM) elenchiamo il DF-5 e il DF-41, con range di 13.000 e 12-15.000 chilometri. Passiamo poi al DF-21, un missile balistico a medio raggio (MRBM) capace di arrivare fino a 2.150 chilometri di distanza, e al DF-15 e DF-16, due missili balistici a breve raggio d’azione (SRBM) con range di 600 e 800-1000 chilometri.

I missili di Taiwan

Il programma missilistico di Taiwan è stato pensato per essere un elemento chiave della sua politica militare di deterrenza nei confronti della Repubblica Popolare Cinese. Taipei sa bene di non essere allo stesso livello di Pechino, e quindi preferisce concentrarsi sulla difesa, su eventuali attacchi intelligenti e mirati. Nella sfida tra il Davide taiwanese e il Golia cinese, la piccola isola ha così scelto ormai da tempo di adottare la strategia del porcospino.

In ogni caso, guai a sottovalutare i missili di Taiwan. È vero che Taipei ha limitato la composizione delle sue forze missilistiche a mezzi per lo più difensivi, come missili da crociera antinave e missili balistici a corto raggio. È però altrettanto vero che, in anni più recenti, Taiwan ha iniziato a sviluppare e implementare anche sistemi missilistici più adatti per missioni di attacco, compresi i missili da crociera a lungo raggio e da attacco terrestre. Ovviamente il governo taiwanese ha perseguito tali programmi con discrezione, facendo bene attenzione a non sollevare preoccupazioni né da parte statunitense né da quella cinese. Last but not least, bisogna considerare un aspetto non da poco: visto che la maggior parte dei Paesi del mondo non intrattiene relazioni diplomatiche ufficiali con l’isola, per Taiwan è stato spesso complicato acquisire sistemi d’arma avanzati nel mercato internazionale. Di conseguenza, Taipei ha scelto di sviluppare a livello nazionale una nuova tecnologia missilistica, dando vita, come diretta conseguenza, ad una solida industria della Difesa “made in Taiwan”.

Dando uno sguardo all’arsenale taiwanese notiamo subito la presenza dei fondamentali missili antinave (ASCM). Troviamo varie versioni dello Hsiung Feng: l’Hsiung Feng I / IA, con range di appena 40 chilometri, l’Hsiung Feng II, 100-120 chilometri, e l’Hsiung Feng III che va dai 120 ai 150 chilometri. Taipei si affida poi al Tien Chi, un SRBM con range di 120 chilometri, e al Wan Chien, un missile da crociera aviolanciato da 240 chilometri. Arriviamo così ai due jolly taiwanesi: lo Hsiung Feng IIE e lo Yun Feng (non ancora operativo), due missili da crociera ad attacco terrestre (LACM) dotati rispettivamente di un range di 600 e 1200-2000 chilometri.

La capacità di risposta di Taipei

Va da sé che, in caso di scontro aperto tra Cina e Taiwan, i ruoli ricoperti dai due attori sarebbero facilmente definibili: offensivo per Pechino, difensivo per Taipei. Eppure, la piccola isola non ha alcuna intenzione di passare per semplice vittima sacrificale. Intanto l’esercito taiwanese ha fatto sapere che condurrà esercitazioni militari martedì 9 e giovedì 11 agosto nella contea di Pingtung, nel sud. Secondo l’agenzia di stampa di Taiwan, queste manovre sono una risposta alle esercitazioni militari cinesi. A essere coinvolti nelle esercitazioni saranno veicoli da combattimento ed elicotteri, oltre a tiratori scelti.

Al di là delle prove di forza, è interessante ragionare sulle capacità missilistiche dei due Paesi. Per quanto riguarda la Cina c’è poco da dire: i missili di Pechino sono puntati su Taiwan da anni, pronti ad ogni evenienza. Il discorso si fa più interessante se cambiamo prospettiva. Taipei è in teoria in possesso di missili capaci di colpire obiettivi cinesi nonché la terraferma della Repubblica Popolare.

Lo Hsiung Feng III può lambire le coste della provincia del Fujian, mentre il Wan Chen può penetrare nel cuore della stessa provincia. Attenzione poi al Tien Chi sparato dalle isole Tungyn, a ridosso della Cina, ma soprattutto allo Hsiung Feng IIE e allo Yun Feng I, ancora in fase di rodaggio. Con questi ultimi due missili, infatti, Taiwan potrebbe rispettivamente colpire bersagli situati tra lo Jiangxi, il Fujian e lo Zhejiang e praticamente tutta la Cina occidentale. Guai, dunque, a sottovalutare Taiwan.

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