Lo scorso giovedì, con l’arrivo di due sottomarini nucleari americani a quello che è stato battezzato “Camp Seadragon”, una distesa di pack dell’Artico, è cominciata l’esercitazione Icex 2020, che testerĂ  le capacitĂ  delle Us Navy – ma non solo – di operare nelle condizioni proibitive di quella zona del globo.

Le manovre saranno coordinate dall’Arctic Submarine Laboratory (Asl) della marina Usa situato a San Diego (California); comando a cui faranno capo anche le altre nazioni partecipanti: ad Icex 2020 sarĂ  presente, infatti, anche personale di Regno Unito, Canada, Giappone e Norvegia per un totale di 100 unitĂ , di cui 50 vivranno per tre settimane – tanto durerĂ  l’esercitazione – nel campo base costruito sul ghiaccio polare.

Perché Icex 2020

Icex è una esercitazione che si tiene ogni due anni a cominciare dal 2016, anno in cui 200 uomini di Canada, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti costruirono sulla calotta artica Camp Sargo, rimanendovi per ben cinque settimane, affiancati da due sottomarini nucleari da attacco (Ssn) classe Los Angeles.

Come si legge nel comunicato ufficiale della Us Navy, Icex 2020 “offre l’opportunitĂ  di valutare la prontezza operativa nell’Artico e di addestrarsi con altri servizi, nazioni partner e alleati per incrementare l’esperienza nella regione e mantenere la stabilitĂ  regionale mentre vengono implementate le capacitĂ  di operare in ambiente artico”.

Il comandante delle forze sottomarine americane, vice ammiraglio Daryl Caudle, ha espresso meglio questo concetto quando ha riferito che “l’Artico è un potenziale corridoio strategico – tra l’Indo-Pacifico, l’Europa e gli Stati Uniti continentali – di concorrenza allargata. La forza sottomarina deve mantenere la sua prontezza esercitandosi nelle condizioni dell’Artico per assicurare che possa proteggere gli interessi della sicurezza nazionale e mantenere un equilibrio di potere favorevole nell’Indo-Pacifico e in Europa se chiamati a operare”. L’ammiraglio ha proseguito dicendo che “Icex 2020 dĂ  l’opportunitĂ  alla forza sottomarina di dimostrare la propria prontezza tattica e operativa per operazioni di lunga durata nelle dure condizioni dell’ambiente artico” aggiungendo che “operazioni di sottomarini nell’Artico sono state effettuate da decenni per proteggere la sovranitĂ  degli Stati Uniti e la forza subacquea è previsto che giochi un ruolo chiave nella difesa dell’Artico. Esercitazioni come Icex 2020 ci danno l’opportunitĂ  di addestrarci e integrare il dominio sottomarino alla difesa artica”.

All’esercitazione parteciperanno due sottomarini da assalto a propulsione nucleare: l’Uss Connecticut (Ssn-22) della nuova classe Sewolf proveniente dalla base navale di Bremerton (Washington), e l’Uss Toledo (Ssn-769) della classe Los Angelese proveniente da Groton (Connecticut), che effettueranno manovre tra cui anche emersioni attraverso la calotta polare.

Un gelido confronto nell’Artico

Non è una novitĂ  che l’Artico sia diventato un nuovo fronte caldo della riedizione della Guerra Fredda tra Russia e Nato che stiamo vivendo in questi ultimi anni.

Spesso lontano dall’attenzione dei media in quelle zone si sta giocando una partita silenziosa, spesso e volentieri sui mari (e sotto i mari), che sembra aver riportato l’orologio della storia indietro di 30 anni.

Senza scomodare grosse esercitazioni, tenute da ambo le parti, come Trident Juncture 2018, che ha visto coinvolti 50mila uomini, 10mila veicoli, 250 aerei e una sessantina di navi della Nato, oppure il “forzamento” del Giuk Gap da parte dei sottomarini russi a novembre del 2019, quando ben 10 unitĂ  subacquee hanno preso il mare contemporaneamente dirette verso l’Atlantico settentrionale, azione che non avveniva dai tempi della Guerra Fredda,  basterebbe guardare a quanto avvenuto solo negli ultimi 30 giorni.

Dal lato russo, ad esempio, il 5 febbraio scorso due unitĂ  della Voenno Morskoj-flot hanno effettuato un’esercitazione al largo della Norvegia, non molto lontano dalle zone petrolifere offshore. L’incrociatore classe Slava Admiral Ustinov e il cacciatorpediniere classe Udaloy Vice-Admiral Kulakov hanno incrociato per due giorni in quelle acque per effettuare dei lanci missilistici. Una dimostrazione di forza per avvisare l’Occidente che Mosca difenderĂ  i suoi “bastioni” artici ad ogni costo.

Dall’altro lato della barricata, nel medesimo periodo in cui si terrĂ  Icex 2020, la Nato terrĂ , anzi sta tenendo, nel nord della Norvegia l’esercitazione Cold Response 2020, che vede la partecipazione di 16mila uomini (di cui 7500 americani) di Regno Unito, Norvegia e Finlandia che saranno impegnati in sedici giorni di manovre terrestri e anfibie simulando uno sbarco nemico e quindi la difesa del territorio.

Insomma, la regione dell’Artide, insieme a quella dell’Est Europa, è il fronte piĂą “caldo” – scusate il gioco di parole – del confronto tra Nato e Russia a causa, oltre che delle ben note ragioni di carattere energetico (l’Usgs, il servizio geologico americano stima che vi siano 90 miliardi di barili di petrolio, 44 miliardi di barili di condensati e la cifra astronomica di 47mila miliardi di metri cubi di gas naturale) anche del riscaldamento globale che sta caratterizzando il clima terrestre e che ha portato ad una graduale riduzione della copertura dei ghiacci in quella zona: la riduzione dell’estensione stagionale del pack è arrivata ad un punto tale da permettere la navigazione marittima anche durante i mesi invernali attraverso quello che viene comunemente chiamato “Passaggio a Nord Est”, una rotta, ricercata sin dal 1700, che mette in comunicazione l’Atlantico col Pacifico passando per il Mar Glaciale Artico antistante la Siberia.

Rotta che la Russia ha blindato giĂ  da due anni e che interessa da vicino altre potenze non strettamente collegate dal punto di vista geografico come la Cina.

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