Ogni comandante vorrebbe alle sue dipendenze soldati iper addestrati capaci di assolvere tutte le missioni, instancabili macchine da combattimenti che macinano kilometri a testa bassa.Questo sembra esser il futuro immaginato dalla Darpa, la divisione ricerche avanzate della Difesa americana, che lavora ormai instancabilmente da oltre dici anni ad un esoscheletro capace di implementare esponenzialmente la resistenza dei soldati sul campo di battaglia. Il progetto Warrior Web ribattezzato dall’opinione pubblica progetto Iron Man è stato testato sul campo un paio di anni fa in Afghanistan, dove soldati sceltissimi dell’esercito americano e delle Forze Speciali hanno indossato la preziosa armatura. I risultati sono stati soddisfacenti ma rimangono molti i dubbi sulle reali potenzialità d’impiego di questa tecnologia.
Proprio grazie all’analisi dottrinale degli scenari afghano ed iracheno, gli Stati Uniti hanno compreso che la guerra asimmetrica si vince soprattutto per resistenza fisica e tenuta psicologica. Il fine degli attentati terroristici e del continuo trappolamento delle vie di comunicazione principali serve a destabilizzare la tenuta delle Forze Armate costringendole talvolta a lunghi percorsi a piedi con carichi pesanti, non solo per assolvere alle missioni ma spesso per salvarsi la vita. I danni fisici e la spossatezza che ne derivano sono destabilizzanti per l’efficienza degli uomini sul campo che rischiano di essere vittime fin troppo facili di cecchini e sequestratori. Per ovviare al problema fatica, forse uno dei più complessi dopo la motivazione che spinge gli uomini a combattere, si è progettato l’esoscheletro che trasforma i soldati in super uomini.
Questa tuta corazzata dovrebbe proteggere le caviglie, il bacino e le ginocchia dei soldati durante gli spostamenti in zone ad alto rischio, che avvengono spesso con zavorramenti che si avvicinano ai 50 chili a persona. Il supporto alle giunture dello scheletro eviteranno di sentire la fatica, ma sul lungo periodo bisognerà vedere quali sono gli effetti sul corpo umano e sulla sua efficienza una volta ritornati alla vita civile. In pratica, l’esoscheletro per il momento non è niente altro che una batteria particolarmente costosa che con i dovuti accorgimenti strutturali potrebbe, un giorno trasformarci tutti in cyborg.
Il nome di questa nuova tecnologia è TALOS ovvero Tactical Assault Light Operator – sistema di assalto tattico per operatori leggeri. L’assalto tattico equivarrebbe a quel movimento di truppe sul terreno che si dirige verso l’obbiettivo prestabilito con diversi fini, l’operazione avviene con truppe appiedate ( cioè con la fateria ) armate dell’equipaggiamento base da qui si spiega anche la dicitura ‘operatori leggeri’.
Per il momento, dopo averne testato l’operatività sul terreno, si provvederà ad integrare l’esoscheletro con tutte le tecnologie utili al campo di battaglia. La Darpa in questa operazione sarà aiutata dal Massachussetts Institute of Technology (Mit), i due istituti promettono grandi risultati che abbinino maggiori protezioni per l’operatore ad una tecnologia tra le più avanzate del mondo. I primi fruitori di questo campo di battaglia virtuale saranno quasi sicuramente gli operatori Socom (Special Operations COMmand) a cui dovrebbe essere fornita forza fuori dal comune e allo stesso tempo una maggiore protezione contro le lesioni da arma da fuoco e schegge di ordigno.
Una delle prime tecnologie ad essere inserite è stato un visore simile al Google Glass, la cui funzione è di garantire un aggiornamento in tempo reale delle condizioni sul terreno con lo schema delle forze amiche-nemiche. La realtà aumentata del campo di battaglia è sicuramente un ottimo progresso in campo tecnologico ma risulta difficile comprenderne a pieno l’utilità quando tutte le principali battaglia da quindici anni a questa parte si sono svolte in modo asimmetrico in ambiente urbano.
Questo scenario è complesso proprio perché pieno di posti dove nascondersi e dove piazzare trappole esplosive, una semplice camera termica o un qualsiasi altro visore potrà garantire un vantaggio minimo ma non la sicurezza quasi totale che la tuta TALOS promette. Come potrebbero funzionare questi visori con la presenza massiccia di civili nelle zone d’operazione e soprattutto sono passibili di hackeraggio? Sono tutte domande ancora prive di una risposta concreta ma che dovrebbero avere una risoluzione prima della messa in cantiere di progetti su più ampia scala per la TALOS. Per bloccare pallottole o schegge metalliche e proteggere i soldati dal fuoco, l’esoscheletro Talos sarà ricoperto da uno strato di materiali liquidi definiti “magnetoreologici”, in grado cioè di solidificarsi nel giro di pochi millisecondi quando vengono attraversati da una corrente elettrica o da un campo magnetico.
Quella che doveva essere l’armatura perfetta che avrebbe strasformato i nostri eserciti in cyborg implacabili è probabile che rimanga solo un simpatico esperimento tutto da sviluppare. Allo stato attuale qualsiasi esoscheletro militare, raggiunge un peso superiore a quello che i soldati portano con sé senza l’aiuto dell’armatura, la gestione risulta dunque difficile e persino d’intralcio. L’aspetto che però colpisce maggiormente è che per portare in zone d’operazione l’esoscheletro sarebbero necessarie diverse batterie dal peso consistente che non solo ostacolerebbero il muoversi dei soldati ma che per certi versi diventerebbero persino pericolose. In attesa di trovare fonti di energia pressochè illimitate a poco prezzo e miniaturizzabili questa tuta fantastica dovrà rimanere nell’armadio delle sorprese della Darpa.
L’Italia che non è solita aderire a progetti così fantascientifici si è avvicinata con interesse al progetto dell’esoscheletro militare non prendendone mai veramente parte. Tuttavia, in modo del tutto realistico e concreto, alcune delle tecnologie ad alto tasso d’innovazione sono state mutuate dalle nostre aziende per la Difesa per progettare e costruire giubbotti anti proiettile più efficienti sul campo di battaglia.
Alcune indiscrezioni parlano di materiali liquidi presenti sulla superficie del giubbotto capace di materializzarsi in pochi millesimi di secondo dopo l’impatto con il proiettile, i più audaci parlano di piastre capaci di ingaggiare la minaccia (schegge o proietti ) direttamente prima che colpiscano il corpo dell’operatore. Per il momento la vera rivoluzione sarà l’ergonomia dell’indumento protettivo che prevede una maggior protezione sotto le braccia e un collo più alto per la protezione delle principali arterie.
Anche questa tecnologia rimane per il momento in fase sperimentali e forse ci vorranno anni per poterla vedere davvero sul campo. Il semplice fatto che si stia pensando ad una maggior attenzione al Soldato in quanto operatore sul terreno denota un probabile cambio di rotta dove le tecnologie non sostituiranno l’uomo ma implementeranno la sua presenza nei teatri con più sicurezza.
È ancora lunga e tortuosa la strada che dovranno percorrere queste tecnologie ma speriamo in futuro di vederle migliorate e funzionali sui campi di battaglia.