Più si andrà avanti nel conflitto e più la questione dei combattenti stranieri diventerà la nuova spina sul fianco delle varie diplomazie. In primo luogo per una ragione direttamente collegata alle dinamiche della guerra: con gli eserciti ucraino e russo sempre più logori, entrambe le parti faranno, da qui in avanti, sempre maggiore uso di combattenti arrivati dall’estero. In secondo luogo per un fatto politico: con le trattative giunte in un vicolo cieco e in una fase delicata, gli stranieri potrebbero diventare una preziosa arma diplomatica e una vera e propria pedina di scambio.

Lo si è visto a Donetsk alcuni giorni fa, con la cattura e il processo lampo, culminato con una condanna a morte, per due combattenti britannici e uno marocchino. Questi ultimi sono stati accusati e condannati in quanto, secondo le autorità dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, erano combattenti stranieri tra le fila ucraine. Nelle prossime ore potrebbe tenere banco invece la questione relativa agli ex militari Usa presi direttamente dai russi a Kharkiv. Due di loro sono stati mostrati in una foto, di un terzo non si hanno più notizie. E ora si rischia un ulteriore gelo tra Mosca e Washington.

I due statunitensi mostrati in foto

La notizia della cattura di due soldati di origine Usa è stata lanciata due giorni fa dalle autorità russe. A differenza dei britannici, i combattenti non sono stati presi dalle milizie filorusse, bensì direttamente dalle truppe di Mosca. Il fronte è infatti quello di Kharkiv, al di fuori quindi del Donbass e dall’area rivendicata dalle repubbliche separatiste. Qui si è tornati a combattere dopo alcune settimane di relativa quiete. Kharkiv è la seconda città dell’Ucraina e forse, nelle intenzioni del Cremlino, doveva essere la prima a cadere nelle proprie mani. C’è infatti al suo interno una forte componente russofona e il suo centro urbano dista appena 40 km dal confine. Tutte ragioni per pensare alla metropoli come primo “trofeo” da sbandierare subito dopo l’avvio delle operazioni militari. Nell’ultima domenica di febbraio però i russi sono stati respinti. Un’ulteriore controffensiva ucraina attuata tra aprile e maggio ha spedito le forze di Mosca lontane dal centro, quasi verso il confine. Ma da qualche giorno i russi sono tornati ad avere in mano l’iniziativa. Probabilmente l’obiettivo, almeno per il momento, non è più prendere Kharkiv ma creare delle zone cuscinetto attorno al confine.

Durante questi ultimi combattimenti è arrivata la cattura dei due soldati Usa. Una circostanza in un primo momento non confermata dal Pentagono. Per la verità una conferma ufficiale non è arrivata nemmeno in queste ore. Ma in Russia, quasi a voler rivendicare la cattura, hanno iniziato a far circolare delle foto. Si notano due persone in divisa, a bordo della parte retrostante di un camion, con le mani legate dietro la schiena. A diffondere la foto è stato il blogger russo Timofey Vasilyev. I due volti corrisponderebbero a quelli dei due combattenti statunitensi filo ucraini. Si tratterebbe, in particolare, di Alexander John-Robert Drueke, di 39 anni, e di Andy Tai Ngoc Huynh, 27 anni. Entrambi provengono dall’Alabama e avrebbero scelto alcuni mesi fa di volare in Ucraina per dar manforte all’esercito di Kiev. Farebbero quindi parte della legione straniera nata in supporto dell’Ucraina.

La madre di Drueke alla Cnn ha detto di essere al corrente della foto. Ma non si è voluta sbilanciare molto, anche perché dal Pentagono ufficialmente si sta ancora lavorando per verificare l’autenticità della foto. I volti sembrerebbero essere quelli dei due cittadini Usa, ma lo scatto potrebbe essere avvenuto in qualsiasi momento e in un qualsiasi fronte dell’Ucraina. In poche parole, prima di dire che i russi hanno in mano due combattenti statunitensi, da Washington si vuole accertare la loro esistenza in vita, la loro condizione e il fatto che realmente quello scatto sia stato effettuato lungo un fronte di battaglia ucraino. Precauzioni che dimostrano la delicatezza della vicenda.

Il terzo combattente di cui non si sa nulla

Fatto sta che comunque i dubbi appaiono veramente pochi. A prescindere dall’autenticità della foto, l’immagine diffusa per Mosca costituisce un’ulteriore prova della cattura di due cittadini Usa e un ulteriore elemento che fa pensare a una massiccia presenza di combattenti occidentali in Ucraina. Anche perché nelle ultime ore è arrivata la notizia di un terzo combattente di origine statunitense di cui non si sa nulla. Inizialmente si era parlato di un terzo cittadino catturato, fonti del Pentagono alla Cnn invece hanno rettificato. Si tratta di un ex marine di cui non si sa nulla dalla notte del 24 aprile scorso. Un disperso dunque, un cittadino che potrebbe essere nelle mani russe, ma che potrebbe anche essere stato ucciso in battaglia. Il suo nome corrisponde a quello di Grady Kurpasi, un veterano dell’esercito Usa. Il classico identikit dei combattenti statunitensi in Ucraina, spesso per l’appunto ex militari o comunque persone vicine al mondo dell’esercito americano.

Ned Price, portavoce del Pentagono, nelle scorse ore ha detto di non poter dare ulteriori commenti alla notizia. L’unica cosa certa è che Kurpasi era effettivamente in Ucraina al fianco di Kiev. Lo ha confermato anche la moglie, intervistata sui media Usa. L’ex soldato avrebbe, in particolare, raggiunto l’Ucraina il 7 marzo e poi il 21 aprile inviato in un punto di osservazione non lontano dal fronte di Kherson.

I rischi di una nuova escalation

Pur se disperso, anche la presenza in Ucraina di Kurpasi appare come un dettaglio in grado di dare manforte alla narrazione di Mosca. Il Cremlino da settimane denuncia la presenza di stranieri. E più volte ha fatto capire di non ritenerli propriamente volontari, bensì inviati camuffati da combattenti “esterni”. Di certo, la cattura di statunitensi e britannici lungo i fronti ucraini, sta contribuendo a mettere benzina sul fuoco.

Da un lato, per l’appunto, i russi possono rivendicare la cattura di cittadini occidentali e possono alimentare i sospetti di una partecipazione occidentale al conflitto più ampia di quella ufficiale. Dall’altro, vedere propri cittadini legati, ammanettati, incarcerati o anche dispersi, potrebbe suscitare non poca irritazione sia a Washington che a Londra. La vicenda dei due combattenti britannici condannati a morte a Donetsk ad esempio, potrebbe portare a divergenze ancora più marcate tra il Regno Unito e la federazione russa.

Anche perché i governi interessati sono costretti in qualche modo a mediare. Gran Bretagna e Usa devono comunque riportare a casa i prigionieri, anche se andati lì ufficialmente in modo volontario. Mosca di questo ne è consapevole e potrebbe alzare il prezzo politico di un loro rilascio.

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