Potrebbe essere tutto collegato ai sabotatori misteriosi accusati dall’intelligence statunitense di aver danneggiato i gasdotti del Nord Stream. I raid, ancora senza autore né mandante, che hanno colpito bersagli strategici sul territorio russo; i droni arrivati a lambire il cuore di Mosca; le esplosioni avvenute nelle città situate lungo il confine russo-ucraino. E ancora: l’attacco al ponte di Kerch, in Crimea, e persino l’attentato che è costato la vita a Daria Dugina, figlia dell’ideologo di Aleksandr Dugin.

Gli 007 americani sono al lavoro per capire se dietro a questi ed altri episodi c’è davvero c’è la longa manus di un commando filoucraino. Se così fosse la situazione rischierebbe però di essere più pericolosa di quanto non si possa pensare, visto che la presenza di una simile variabile impazzita potrebbe scatenare da un momento all’altro un’escalation militare inattesa.

Tanto più nel caso in cui, come ipotizzato dal New York Times e da altri analisti, il gruppo dovesse essere formato da membri, tanto russi quanto ucraini, tenuti insieme da due collanti incendiari: l’aperta ostilità contro Vladimir Putin e possibili ideologie neonaziste.

La variabile impazzita e il rischio di un’escalation

Perché gli 007 occidentali sono preoccupati? In teoria il bersaglio del presunto gruppo filoucraino è lo stesso di Europa e Usa: la Russia di Putin. Il problema, semmai, nasce dalle modalità d’azione di questi sabotatori.

Gli Stati Uniti, pur supportando Kiev nel conflitto, sanno che ci sono alcune linee rosse che non devono essere superate. Non è un caso che Joe Biden si sia fin qui sempre mostrato riluttante ad inviare a Volodymyr Zelensky armi a lungo raggio capaci di penetrare in profondità nel territorio russo. Certo, alcuni armamenti possono teoricamente riuscirci, ma il diktat ufficioso di Washington è che gli aiuti militari spediti devono essere utilizzati dagli ucraini in Ucraina.

Alzare troppo l’asticella delle aspettative potrebbe infatti spingere Mosca, a sua volta, ad alzare la posta in gioco; bluff vero o presunto, lo spauracchio nucleare è infatti un fantasma che nessuno vuole evocare. E però blitz improvvisi, senza per altro essere comunicati alla Casa Bianca, come quelli che hanno preso di mira il ponte di Kerch e danneggiato i gasdotti in Europa, potrebbero portare proprio verso l’armageddon atomico.

I blitz misteriosi

La lista di blitz misteriosi, o comunque azioni al momento inspiegabili, è piuttosto lunga. Il raid più eclatante ha preso di mira, come detto, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, ovvero i tubi che trasportavano il gas russo in Europa. Il costo della riparazione delle condutture parte da circa 500 milioni di dollari. Gli Stati Uniti hanno affermato di non aver trovato alcuna prova del coinvolgimento del governo russo nell’attacco.

A seguire troviamo poi l’esplosione di un camion bomba che ha distrutto una parte del ponte di Kerch, il ponte inaugurato da Putin nel 2018; anche in questo caso, nebbia fitta sui mandanti dell’azione chirurgica andata a buon fine. Il terzo episodio clamroso riguarda invece l’attentato che è costato la vita a Daria Dugina, figlia di Dugin. A seguire troviamo svariati raid indirizzati contro infrastrutture strategiche e militari situate nelle periferie occidentali della Russia e, in utlima battuta, una serie di raid perpetuati attraverso l’utilizzo di droni, uno dei quali si è addirittura schiantato a meno di un’ora di distanza da Mosca.

Premesso che ad oggi non sono emersi legami di alcun tipo tra il governo ucraino e il misterioso gruppo di sabotatori – e premesso anche che non sappiamo se tutti gli episodi elencati sono da ricollegare allo stesso autore – ci si può tuttavia chiedere se Zelensky, a Kiev, abbia la situazione sotto controllo. Anche perché nell’esercito ucraino esistono formazioni autonome, come la famigerata Brigata Azov, mentre nell’intelligence militare operano sabotatori che più volte hanno già agito dietro le linee nemiche.

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