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Dalle fumanti aree delle città di Sanaa e Hodeidah, butterate dalle bombe, ai bambini in lotta contro un’infezione letale che, stesi sul pavimento degli ospedali, su materassi fatiscenti, aspettano – forse inutilmente – i farmaci anti colera.

Ancor più crude le foto degli yemeniti emaciati, le costole e le ossa delle braccia che spuntano sotto la pelle tesa, a testimoniare le condizioni, simili a una carestia, che hanno portato alla devastazione un Paese sprofondato nel caos nel 2011, dopo una crisi politica.

Ma al di là di queste immagini e del grande numero di vittime – che si stima siano decine di migliaia in questa regione – rimangono ancora dei punti interrogativi su quanta devastazione questa guerra abbia prodotto sui 30 milioni di yemeniti.

Dovrebbe essere valutata in dollari? O per il numero di vite perse? E il bilancio delle vittime dovrebbe includere anche i morti per fame e malattie oltre ai morti per le ferite da arma da fuoco e per i bombardamenti?

Questa settimana i ricercatori dell’università di Denver hanno provato a dare delle risposte a queste domande con la pubblicazione di un rapporto, sotto l’egida delle Nazioni Unite, che cerca di calcolare quanto la guerra abbia sviato il progresso nello Yemen.

Il portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, ha commentato che i numeri non sembrano rassicuranti. “Il conflitto in corso nello Yemen ha già fatto retrocedere lo sviluppo umano di 21 anni”, ha rivelato Dujarric.

I ricercatori hanno detto a Gli Occhi della Guerra che se il conflitto finisse quest’anno, sarebbe comunque costato all’economia dello Yemen 89 miliardi di dollari e avrebbe comunque causato la morte di 233mila persone.

Questa cifra risulta molto più alta di altri calcoli, include non solo 102mila morti in combattimento, ma anche 131mila morti per effetti collaterali, come la fame e il fatto che molti ospedali sono stati ridotti in macerie.

I ricercatori hanno anche fatto delle proiezioni sul futuro, calcolando le perdite dello Yemen nel caso che la guerra si trascini fino al 2022 e persino al 2030, uno scenario orribile ma possibile, data l’attuale lentezza dei colloqui di pace.

“Lo studio mette in guardia sull’impatto a crescita esponenziale, del conflitto, sullo sviluppo umano. Secondo le proiezioni, se la guerra finisse nel 2022, si sarà verificato un regresso di 26 anni, è quasi una generazione “, ha detto Dujarric.

Lo studio di 68 pagine, commissionato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, ha rilevato che una guerra prolungata fino al 2030 lascerebbe l’84% degli yemeniti in uno stato di malnutrizione e il 71% di loro vivrebbe in estrema povertà.

A quel punto, il Paese avrebbe perso 657 miliardi di dollari, una cifra che è 18 volte più grande dell’economia dello Yemen, prima che i combattimenti si intensificassero nel 2015, quando una coalizione guidata dall’Arabia Saudita si è unita a quello che fino a quel momento era stato un conflitto in gran parte interno.

Entro il 2030, il bilancio dei morti potrebbe salire a 1,8 milioni, la stragrande maggioranza dei quali vittime della povertà e di un sistema sanitario devastato dalla guerra. La maggior parte dei morti – 1,5 milioni – sarebbero bambini, più vulnerabili alle malattie e alla fame.

I ricercatori lo ritengono tra i “conflitti più distruttivi dalla fine della Guerra fredda”. “L’entità della sofferenza sopportata dai bambini dello Yemen è devastante. La comunità internazionale deve riunirsi per assicurare una risoluzione pacifica del conflitto in Yemen e promuovere un percorso verso la ripresa “, hanno detto.

Riad guida una coalizione militare musulmana sunnita, appoggiata dall’Occidente, già intervenuta in Yemen nel 2015, per ripristinare il governo riconosciuto a livello internazionale del presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi, che nel 2014 i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, avevano rimosso dal potere, nella capitale Sanaa.

Nel corso dei colloqui patrocinati dall’Onu, tenutisi in Svezia a dicembre, le parti belligeranti hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dalla città portuale di Hodeidah sul Mar Rosso, di vitale importanza per aiuti e altri rifornimenti a milioni di yemeniti.

La tregua è stata ampiamente rispettata, ma la ridistribuzione delle forze si è arrestata poiché entrambe le parti incolpano l’altra di sabotare l’accordo con cui si avvia la strada ai negoziati politici, prima importante svolta, in più di quattro anni, negli sforzi per raggiungere la pace.

Il conflitto, che ha spinto la nazione più povera della penisola araba sull’orlo della carestia, viene visto nella regione principalmente come una guerra per procura tra l’Arabia Saudita e il suo acerrimo nemico dall’altra parte del Golfo: l’Iran musulmano sciita.

I ricercatori hanno esortato tutte le parti a smetterla di fare politica e hanno chiesto “una spinta verso un accordo di pace sostenibile e uno stop a un’ulteriore escalation”.

“La situazione è già estremamente critica. Se peggiorasse ulteriormente, aggraverebbe in modo significativo la lunga sofferenza, ritarderebbe lo sviluppo umano nello Yemen e potrebbe ulteriormente mettere a repentaglio la stabilità della regione “, afferma il rapporto.

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