Dovessimo schematizzare quanto sta accadendo in Ucraina potremmo dire che da una parte troviamo la Russia e dall’altra il blocco occidentale. In mezzo ai due schieramenti fa capolino il rischio di un conflitto nucleare mondiale; un rischio evocato da più fronti e che dovrebbe essere scongiurato in tutti i modi.

Il punto è che l’equilibrio della guerra ucraina è fragilissimo, potrebbe essere rotto in qualsiasi momento e, come se non bastasse, una sua improvvisa rottura porterebbe il mondo verso il baratro. Tutto contribuisce ad alimentare la tensione: le minacce di Mosca all’Occidente, le offese di Joe Biden rivolte a Vladimir Putin, i massacri compiuti sui campi di battaglia e pure dichiarazioni apparentemente innocue rilasciate da ministri e leader probabilmente amanti dell’azzardo.

Se Olaf Scholz ed Emmanuel Macron stanno facendo di tutto per condannare l’assalto russo all’Ucraina ma senza esacerbare gli animi, dall’altro lato troviamo alcuni falchi che agiscono in maniera diametralmente opposta e molto più diretta. Stiamo parlando di Ben Wallace e Lloyd Austin, rispettivamente ministro della Difesa del Regno Unito e segretario della Difesa degli Stati Uniti.



I falchi occidentali

Stati Uniti e Regno Unito sono probabilmente i Paesi occidentali più risoluti nel voler risolvere la questione ucraina, nonché le nazioni più attive nel rifornire di armi il governo guidato da Volodymyr Zelensky. Nei giorni scorsi Austin, ad esempio, ha esortato gli alleati dell’Ucraina a “muoversi alla velocità della guerra” per portare più armi a Kiev.

Austin, carriera militare alle spalle, comandante generale in Iraq, ha ricoperto vari incarichi di prestigio ma, allo stesso tempo, ha pure dovuto fare i conti con varie polemiche. Nel 2013, è diventato capo del Comando Centrale dell’esercito americano (CENTCOM), da dove ha diretto le azioni contro lo Stato Islamico. Tuttavia, è stato criticato per aver esagerato il successo degli attacchi aerei contro il gruppo terroristico. Non solo: due anni più tardi ha dovuto spiegare al Congresso il fiasco di un programma da 500 milioni di dollari avviato per addestrare i ribelli siriani. Oggi lo troviamo in prima linea nel fronteggiare, a distanza, la Russia di Putin.

Wallace, conservatore di ferro, nel primo e secondo governo Johnson segretario di Stato per la Difesa, dal canto suo, ha ipotizzato uno scenario apocalittico in vista del prossimo 9 maggio. A detta del ministro britannico, Putin potrebbe usare il Giorno della Vittoria per trasformare l’ “operazione speciale” in Ucraina in una “guerra totale” contro Kiev. Wallace è lo stesso che il 12 gennaio 2020, in un’intervista al Sunday Times, dichiarò che il Regno Unito “deve essere pronto a combattere guerre senza gli Stati Uniti”, ovvero uno dei principali alleati del Regno Unito. Vista l’autonomia con cui Londra sta gestendo il dossier ucraino, c’è da pensare che l’Uk abbia imboccato proprio quella strada. Insomma, mentre molti leader stanno cercando di capire come raggiungere il cessate il fuoco affilando da dietro le quinte le armi della diplomazia, c’è chi le armi le invoca con dichiarazioni caldissime.

Negoziati in bilico

Dichiarazioni del genere non fanno altro che consentire alla Russia di trovare validi pretesti per alzare a sua volta la tensione. Sullo sfondo della difficile sfida dei negoziati, si fa sempre più consistente lo scambio di accuse sul piano internazionale.

Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha dichiarato che i Paesi della Nato starebbero facendo di tutto per impedire il completamento dell’operazione mediante il “raggiungimento di accordi politici”. “Stiamo assistendo alla manifestazione del classico doppio standard e dell’ipocrisia dell’establishment occidentale in questo momento”, ha detto Lavrov in un’intervista con l’agenzia cinese Xinhua, ripresa dalla Tass.

“Esprimendo pubblicamente sostegno al regime di Kiev – ha continuato -, i Paesi della Nato stanno facendo di tutto per impedire il completamento dell’operazione attraverso il raggiungimento di accordi politici”. Nel frattempo, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato che non c’è alcuna novità sui negoziati tra le delegazioni di Russia e Ucraina.

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