Il ritorno dei droni ucraini su Mosca rappresenta un ulteriore segnale di un cambiamento nel modo di condurre la guerra da parte dell’Ucraina. In attesa dei risultati della controffensiva nel Paese invaso – al momento il fronte appare bloccato per entrambi le parti in conflitto – Kiev sembra intenzionata a spostare il più possibile la percezione della guerra. Non più solo un affare “interno” all’Ucraina, ma anche un tema che può modificare la quotidianità dei cittadini russi.
I droni diretti sulla capitale della Federazione sembrano avere in effetti più un obiettivo psicologico che realmente bellico. Non sono certo tre velivoli a poter rivoluzionare un conflitto, tanto più se isolati nel contesto di una città che appare ancora saldamente lontana dal fronte di guerra. Tuttavia, l’aumento di attacchi diretti verso Mosca impone una duplice riflessione da parte degli strateghi russi.
Da un lato, gli ucraini dimostrano una capacità di penetrazione all’interno del Paese che non è secondaria, dal momento che la capitale dista circa 800 chilometri dal confine. Questo implica che le forze di Kiev siano in grado di colpire molto in profondità, bucando anche parte delle difese aeree della Federazione, addirittura di quelle che proteggono il suo centro nevralgico.
Dall’altro lato, c’è un problema di come l’opinione pubblica percepisce il conflitto, quella “operazione militare speciale” che appare sempre più vicina alla capitale del Paese. E questo crea inevitabilmente delle crepe all’interno di una opinione pubblica che è comunque stata rassicurata, dopo più di 500 giorni di guerra, dall’impossibilità che il conflitto potesse davvero arrivare in patria, ad eccezione degli attacchi che hanno coinvolto le regioni al confine. Quindi quelle a ridosso della prima linea delle forze russe.
Per quanto riguarda il primo aspetto, quelle del miglioramento delle capacità ucraine di colpire con i droni in territorio russo, va detto che l’ultimo attacco, quello della notte di domenica, non è stato né il primo né il più incisivo. L’escalation, come detto in precedenza, è iniziata in particolare a maggio, anche se esistevano già prove di attacchi in profondità anche nei mesi precedenti. A fare da spartiacque, l’attacco diretto contro il Cremlino, un’immagine che ha mostrato il primo vero grande buco nello scudo che la Difesa russa aveva posto su Mosca. Poi, da maggio a luglio, una serie di attacchi ha messo in allarme tutta la regione della capitale. Prima di quello di domenica che, come affermato dai media russi, ha coinvolto due edifici e provocato il blocco temporaneo dell’aeroporto di Vnukovo, il 24 luglio era stato abbattuto un drone nel distretto di Zelenogradsky, sempre nella regione di Mosca.
Il ministro Sergei Shoigu ha annunciato che, in considerazione degli “ultimi sviluppi”, i militari hanno preso “ulteriori misure per migliorare la protezione dagli attacchi aerei e navali”. E a questo proposito, non è da sottovalutare la contemporanea notizia fornita dal canale Mash secondo cui sarebbero sorte barriere galleggianti a difesa del ponte di Kerch, quello sabotato dagli ucraini proprio con dei droni. I servizi segreti di Mosca, al momento, non sembrano avere dubbi: dietro il miglioramento delle capacità offensive ucraine vi sarebbe la mano dell’Occidente. Ne è convinto Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, secondo il quale “gli Stati Uniti e i loro satelliti, rendendosi conto che è impossibile sconfiggere la Russia solo con azioni militari, hanno iniziato a usare attivamente metodi terroristici”. Sulla stessa linea il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale “il regime di Kiev conferma la sua essenza continuando i suoi tentativi di sferrare attacchi terroristici”.
Il tema dell’attacco terroristico si ricollega poi al secondo aspetto, quello psicologico. Kiev non ha rivendicato l’attacco su Mosca. Tuttavia, le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un videomessaggio lasciano pochi dubbi sulla responsabilità dei droni sulla capitale russa. “A poco a poco, la guerra sta tornando in territorio russo, nei suoi centri simbolici e basi militari, e questo è un processo inevitabile, naturale e assolutamente giusto” ha detto Zelensky. E questo sembra essere un messaggio molto chiaro su quanto accaduto la notte di domenica.
Allo stesso tempo, è interessante quando detto dall’intelligence britannica, che su Twitter fa il suo resoconto giornaliero degli sviluppi sul fronte ucraino. “La maggiore possibilità di essere costretti a combattere, gli attacchi di droni su Mosca, l’eccezionale livello di repressione interna e il recente ammutinamento di Wagner evidenziano l’incapacità dello stato russo di isolare la popolazione dalla guerra” ha scritto l’intelligence di Londra. E anche questo fa capire il peso psicologico di questi attacchi, che mostrano una “fortezza Russia” sempre meno impermeabile alle conseguenze dell’invasione.