Avrebbe fatto la loro prima apparizione nel conflitto del Nagorno-Karabakh in questi giorni, colpendo un bus di volontari armenial fronte e uccidendone sette.

Sono i nuovi droni kamikaze made in Israel. Comprati e testati sul campo dall’esercito dell’Azerbaigian – secondo quanto riportato dal ministero della difesa armeno – non dovremo aspettare molto per vederli all’opera in altri conflitti. Dal Caucaso, ci è giunto un assaggio di quello che sarà il futuro della guerra: più automatizzata e con una presenza sempre più massiccia di robot. Di umano, certo, resteranno le vittime, soprattutto fra i civili.

Imbottiti con quindici chili di esplosivo, questi droni di ultima generazione sono concepiti per essere guidati a distanza, ma all’occorrenza anche per identificare in autonomia i propri obiettivi, grazie a un radar o all’emissione di onde radio. Il drone israeliano dispone di un’autonomia di 600 miglia prima di colpire. Una volta trovato l’obiettivo, il velivolo si lancia a tutta forza su di esso per portare a termine la sua missione suicida.

Ne era stata annunciata la preparazione lo scorso anno da parte della Israel Aerospace Industries (IAI), industria aeronautica del paese. Ora, il 4 aprile, è arrivato il debutto nella regione separatista del Caucaso del Sud, occupata dagli armeni, ma ancora ufficialmente parte dell’Azerbaigian. A denunciarlo è stato il ministero della difesa armeno. Secondo il quotidiano Haaretz, Yerevan avrebbe anche fatto una protesta ufficiale per mezzo del suo ambasciatore. Da parte sua, l’israeliana IAI ha confermato di aver venduto questo modelli di droni, senza però specificare gli acquirenti.

Immortalato nel video fatto da giornalista di Radio Free Europe in Nagorno-Karabakh, lo Harop – questo il nome di questo modello di drone – è stato anche al centro di una polemica in Israele in questi giorni. Il leader del partito di opposizione Meretz, Zehava Galon, ha indirizzato una lettera di protesta al ministro della difesa Moshe Ya’alon esprimendo “un serio timore” circa l’utilizzo di armi israeliane nel conflitto in Nagorno-Karabakh. Nella lettera, Galon ha chiesto che venga interrotta la fornitura di questo tipo di armi, che – secondo quanto riportato – potrebbe essere inviata all’Azerbaigian già nei prossimi giorni.

È nota da tempo la collaborazione politica e militare fra Israele e l’Azerbaigian, anche in chiave anti-iraniana. Come riportato da Wikileaks, il presidente azero Aliyev ha paragonato il loro rapporto a un iceberg, che resta per “nove decimi sotto la superficie”. Eppure, questi droni di ultima generazione non si trovano solo nel Caucaso. Come riportato dal Washington Post – che per primo a denunciato l’utilizzo dello Harop in Nagorno-Karabakh – ne sarebbe in possesso anche l’India, e sarebbero stati avvistati anche in Ucraina e in Siria. La stessa IAI lo scorso giugno ha parlato di “centinaia” di questi velivoli “venduti a diversi acquirenti”.

Il tutto mentre si discute in questi giorni alle Nazioni Unite delle implicazioni legali e morali dell’utilizzo dei robot killer e delle armi completamente automatizzate. Proprio come il drone Harop, capace di scegliere e colpire anche in autonomia dall’intervento dell’uomo. Una settimana di incontri bilaterali inaugurati a Ginevra l’11 aprile, che affronta un tema chiave per il futuro della guerra. Difficile immaginare che la diplomazia riesca a fermare questo cambiamento epocale. Come ricordato da Bonnie Docherty di Humar Rights Watch, che ha appena pubblicato uno studio sull’argomento: “Il rischio reale è quello che gli uomini rinuncino al loro controllo sulle macchine, delegando ad esse la facoltà di uccidere”.