La tregua raggiunta a marzo tra Russia e Turchia per mettere fine ai combattimenti intorno all’area di Idlib ha retto fino ad oggi, ma diverse notizie dal terreno lasciano intendere che nei prossimi mesi il cessate il fuoco potrebbe facilmente essere violato dalle truppe governative. Il presidente siriano Bashar al Assad d’altronde non ha mai fatto mistero del suo desiderio di rimettere le mani sulla provincia e non ha mai gradito la presenza turca in Siria. A fermare Assad fino ad oggi erano state le pressioni provenienti dalla Russia, ma a Mosca sanno bene che lo stallo su Idlib non potrà durare per sempre.
I punti deboli della tregua
L’accordo di marzo prevedeva la creazione di una zona di sicurezza sei chilometri a nord e sei a sud dell’autostrada M4 e il suo pattugliamento congiunto tra le forze russe e turche al fine di ripristinare la circolazione sull’arteria principale del Paese. La Turchia inoltre avrebbe dovuto liberare la provincia dalle forze “ribelli” più estremiste che avevano trovato rifugio a Idlib. A questo scopo, Ankara aveva usato la milizia Hayat Tahrir al Sham (HTS), ma i risultati non sono stati quelli sperati. Nonostante le epurazioni interne e gli arresti dei dissidenti, l’accordo russo-turco ha creato una profonda spaccatura tra le forze ostili ad Assad presenti a Idlib, portando così alla nascita di nuove milizie ancora più estremiste di HTS decise a combattere non solo Damasco e Mosca, ma anche Ankara.
Gli stessi pattugliamenti lungo la M4 non sono andati come previsto. In molti casi le operazioni sono state interrotte o addirittura annullate a causa delle resistenze della popolazione civile e dei cosiddetti ribelli, che in più occasioni hanno bloccato le strade o attaccato i convogli russi (risparmiando molto spesso quelli turchi). Questa situazione ha inasprito ulteriormente i rapporti tra Assad e Ankara, con il presidente che spinge sempre di più per la ripresa dei combattimenti. Una prospettiva che alletta molto anche gli Emirati Arabi Uniti, ufficialmente fuori dal conflitto siriano, ma desiderosi di allontanare la Turchia dal territorio siriano: l’emirato era arrivato a offrire 3 miliardi di dollari ad Assad perché riprendesse i combattimenti, ma il suo piano era stato sventato dalla Russia.
Assad ammassa le truppe
Ad agosto però qualcosa sembra finalmente muoversi sul terreno. Dopo mesi di relativa tranquillità, Damasco ha iniziato ad ammassare le truppe a sud di Idlib con l’obiettivo di colpire la Piana di Ghab e il monte Zawiyah. Si tratta di territori ancora nelle mani di forze ostili al presidente siriano e la cui presa offrirebbe un importante vantaggio alle forze governative nell’avanzata verso nord. A quel punto, secondo alcuni analisti, le truppe di Assad potrebbero muovere in direzione nord-ovest fino alla città di Jisr al-Shughuper tagliare le linee di rifornimento turche e isolare ulteriormente l’enclave, indebolendo così i jihadisti. Una volta assicurato il controllo del fronte sud e nord-ovest, Assad potrebbe circondare Idlib muovendosi lungo la M4. Il controllo dell’autostrada è infatti fondamentale non solo per indebolire ulteriormente le forze presenti nella provincia, ma anche per il suo già citato valore economico.
A far credere agli esperti che la ripresa delle ostilità su Idlib sia vicina sono anche le operazioni russe lanciate tra il 2 e il 3 agosto proprio contro la Piana di Ghab e il monte Zawiyah, le due aree su cui ci aspetta che muova anche l’esercito governativo. Resta da vedere quale sarà eventualmente la risposta turca. Perdere Idlib sarebbe un duro colpo per la Turchia – che vorrebbe invece continuare a controllare la zona di confine nel nord del Paese – ma potrebbe sfruttare la situazione per avere dei vantaggi in Libia. Ankara e Mosca si trovano su fronti opposti in Nord Africa e la presenza delle due potenze tanto in Libia quanto in Siria rende i due conflitti interdipendenti: Ankara potrebbe quindi cedere su un lato per avere vantaggi sull’altro. E viceversa.