Nei giorni scorsi il Regno Unito, non a sorpresa, ha affermato di voler fornire all’esercito ucraino un piccolo quantitativo di carri armati tipo Challenger 2. La decisione è stata presa dal governo di Londra dopo che l’Ucraina ha dimostrato di non essere in grado di riprendere l’iniziativa tattica nel conflitto, in quanto le due offensive estive (su Kharkiv e Kherson) hanno profondamente logorato il potenziale bellico dell’esercito a causa delle perdite subite per quanto riguarda i mezzi corazzati, in particolare i fondamentali Mbt (Main Battle Tank) che pure sono stati forniti a Kiev da alcuni Paesi Nato che possedevano nei propri arsenali residuati di fabbricazione sovietica (T-72 e la versione aggiornata dei T-55).
Il governo Zelensky ha richiesto i carri armati sin dalle prime battute del conflitto – insieme ai cacciabombardieri – ma la Nato (escludendo alcuni membri come la Polonia) si è sempre dimostrata piuttosto fredda in merito alla possibile fornitura di questi mezzi corazzati. In particolare la Germania, sebbene si sia detta possibilista, ha aperto un aspro dibattito, anche interno, che ha portato Berlino ad affermare dapprima che gli Mbt di fabbricazione tedesca Leopard 2 sarebbero giunti in Ucraina non prima de 2024, poi, dietro pressioni statunitensi, che li avrebbero inviati solo se prima Washington avrebbero fornito i carri M1A1 Abrams.
Giovedì il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin è giunto in Germania per incontrare il nuovo ministro della Difesa Boris Pistorius. Il giorno successivo gli alleati della Nato saranno convocati alla base aerea di Ramstein per un altro vertice che deciderà i prossimi pacchetti di aiuti militari all’Ucraina, e nonostante si preveda l’invio di ulteriori mezzi corazzati, obici semoventi e altri sistemi d’arma tra cui quelli antiaerei, se non si troverà la quadra sugli Mbt si potrà considerare un fallimento.
“La questione dei carri armati per l’Ucraina deve essere chiusa il prima possibile”, ha affermato su Telegram Andriy Yermak, capo ufficio della presidenza ucraina, “Stiamo pagando la lentezza con la vita del nostro popolo. Non dovrebbe essere così”.
Lo stallo tra Washington e Berlino ha impedito di inviare i suoi carri armati Leopard 2, con la Germania che dimostra ancora una volta la sua riluttanza a piegarsi alla volontà degli Stati Uniti, ma stavolta più per questioni meramente interne che per differenti visioni di politica estera. La Bundeswehr ha infatti radicalmente mutato la sua postura, recuperando la dottrina del warfighting convenzionale e allontanandosi dall’impiego in missioni internazionali: il progetto è quello di ristabilire un esercito in grado di affrontare un avversario convenzionale in vaste operazioni terrestri. Parallelamente il piano pluriennale di miglioramento delle forze armate, finanziato inizialmente con 100 miliardi di euro (che a quanto pare si sono già ridotti a meno di 70), è forse il freno inibitore più grande: in attesa di avere nuovi sistemi d’arma, Berlino non vuole privarsi delle sue riserve strategiche.
Washington, insieme ad alcuni alleati occidentali, continua a fare pressione affermando che i Leopard 2 sono l’unica opzione adatta disponibile in numero sufficiente. La questione, come accennato, ha anche diviso il Bundestag: attualmente è in atto un dibattito in cui la Cdu accusa il governo di essere il “freno” e non “l’acceleratore” quando si tratta di armamenti all’Ucraina. Secondo Johann Wadephul, vicepresidente del gruppo parlamentare Cdu/Csu, sarebbe “immediatamente possibile consegnare 200 carri armati Leopard all’Ucraina dalle scorte del settore senza indebolire la Bundeswehr”. Proprio Cdu e Csu hanno presentato una mozione al Bundestag chiedendo al governo federale di concedere all’industria e ai Paesi terzi il permesso di esportare i carri armati Leopard 1 e 2, mettendo pressione sul governo Scholz, che respinge nettamente le critiche dell’opposizione definendone “disonesta” la mozione.
Una fonte del governo tedesco riportata da Reuters ha affermato che Berlino ritirerà le sue obiezioni se Washington invierà i propri carri armati Abrams, ma i funzionari statunitensi affermano che l’M1A1 non è appropriato per l’Ucraina, perché propulso da motori a turbina che consumano troppo carburante per il sistema logistico di Kiev, ormai troppo sotto pressione. Polonia e Finlandia hanno già detto che invieranno i Leopard se la Germania toglierà il veto, e anche altri Paesi hanno dichiarato di essere pronti a farlo.
Insomma, stiamo osservando un braccio di ferro internazionale che sottolinea come i rapporti di forza all’interno della Nato siano cambiati proprio per via della nuova politica di riarmo di Berlino, i cui effetti pratici però, è bene sottolinearlo, non sono ancora stati osservati se escludiamo l’ordine per gli F-35.
In vista della riunione del gruppo di contatto ucraino a Ramstein, Kiev aumenta la pressione diplomatica chiedono alla comunità internazionale di fornire carri armati Leopard tedeschi e garantendo che saranno usati in modo responsabile ed esclusivamente per difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno di confini riconosciuti a livello internazionale.
La Germania è stata riluttante a inviare armi offensive che potrebbero essere viste come un’escalation del conflitto, ma Berlino, all’approssimarsi del vertice di Ramstein, ha affermato che la decisione sui carri armati è il primo punto all’ordine del giorno del neo ministro Pistorius che si è impegnato a sostenere l’Ucraina anche con materiale militare, ma senza fornire dettagli.
Un braccio di ferro interno alla Nato – e al parlamento tedesco – che rischia di far perdere ulteriore tempo, ovvero l’unico fattore realmente importante in questo momento della guerra: la Russia ha avviato un’ulteriore mobilitazione e sta avanzando, se pur con molta fatica, nel Donbass mentre il fronte meridionale tace, sospeso in un silenzio che sembra presagire l’arrivo di una tempesta.
Per inciso qualsiasi decisione positiva in merito agli Mbt che potrebbe uscire da Ramstein sarebbe già tardiva, in quanto le consegne non saranno immediate e soprattutto ci sarà bisogno di addestrare il personale ucraino all’utilizzo di carri armati di fabbricazione occidentale, a meno che, in questi mesi, questo tipo di addestramento non sia stato già svolto in segreto da qualche parte in Europa, magari in Polonia o in Repubblica Ceca.