L’Italia entra ufficialmente nel mirino di Khalifa Haftar. La presenza delle truppe italiane nella città di Misurata, 400 uomini che servono non solo a gestire un ospedale ma anche a monitorare le evoluzioni del conflitto libico, non piace al generale dell’Esercito nazionale libico. E adesso, Ahmed Mismari, generale e portavoce del maresciallo della Cirenaica, in un video a Il Corriere della Sera dichiara apertamente che gli italiani devono ritirarsi dalla città-Stato fedele al governo di Fayez al-Sarraj.
“Occorre che l’Italia ritiri al più presto il suo ospedale militare da Misurata. Abbiamo le prove che quella struttura ormai non ha più nulla di umanitario, ma costituisce un valido aiuto per le milizie di Misurata che combattono contro il nostro esercito” ha detto al quotidiano italiano il generale libico.
L’uomo a cui è affidata la comunicazione mondiale dell’uomo forte della Cirenaica non ha dubbi: “L’ospedale era stato inviato per assistere i feriti negli scontri contro Isis a Sirte nel 2016. Ma quei combattimenti sono terminati da un pezzo, perché restano 400 soldati italiani? Da quella base partono gli aerei che bombardano le nostre truppe e causano vittime anche tra i civili. Crediamo che gli italiani abbiano un ruolo nel addestrare le milizie. Non va bene, devono andarsene”.
Il messaggio è netto, senza possibilità di interpretazioni. La presenza militare italiana, composta dagli uomini di Misurata e dalla nave Capri alla fonda a Tripoli, non piace per niente al generale che sta avanzando verso la capitale. E adesso, l’obiettivo dell’Esercito nazionale libico è quello di vedere andare via le nostre truppe che, a differenza di altri contingente stranieri, non hanno abbandonato il Paese nordafricano al caos della guerra successivo all’avanzata verso Tripoli.
Fino ad ora,le truppe italiane erano rimaste escluse dal conflitto. Ma da qualche tempo, la presenza militare di Roma è vista con molto interesse da parte di Haftar e soprattutto dei suoi sponsor internazionali. E dopo l’appoggio mostrato da Donald Trump al maresciallo di Bengasi, l’Italia appare in una posizione molto complicata. Ieri, lo Stato maggiore della Difesa ha ribadito che i militari italiani impegnati in Libia “non sono assolutamente coinvolti in scontri attualmente in atto nel Paese nordafricano”.
In una nota, i vertici della Difesa hanno voluto riaffermare che l’Italia “opera in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni Unite con compiti chiari e di carattere prettamente umanitario e di supporto tecnico manutentivo” e ha definito “senza fondamento” le notizie secondo cui le truppe italiane sarebbero impegnate in “compiti di protezione di infrastrutture militari libiche o di supporto logistico a bande e milizie che combattono dall’una o dall’altra parte”. E lo Stato maggiore ha fatto proprio riferimento all’ospedale da campo di Misurata, lo stesso che oggi Mismari ha definito come una sorta di base di partenza degli attacchi delle forze di Tripoli verso l’Esercito del maresciallo.
L’idea, in ogni caso, è che adesso Haftar abbia di nuovo posato gli occhi su Roma dopo un periodo di “tregua”. Con il sostegno ricevuto da Trump, da sempre alleato del governo di Giuseppe Conte, Haftar può rivolgersi direttamente alle forze italiane. Ed è chiaro che il sostengo concesso da Palazzo Chigi a Sarraj non piace al comando di Bengasi. I vertici delle forze di Haftar sanno perfettamente che l’Italia ha un ruolo chiave nelle dinamiche del conflitto e sa che il sostengo al governo riconosciuto dalla comunità internazionale è un ostacolo.