Come il pipistrelli emersi dall’oscurità, come lame che tagliano silenziosamente, come le granate che deflagrano con rabbia, i commando della Shayetet 13 sono entrati in azione nel silenzio per “vendicare” le razzie di Hamas; e come è abitudine delle forze speciali israeliane, hanno acquisito subito un obiettivo di alto valore: Muhammad Abu Ghali, capo dell’organizzazione terroristica che rappresenta il braccio armato palestinese Hamas, e può contare su un raggruppamento navale senza dubbio connesso al traffico di armi che giungono via mare nella Striscia Gaza.
Le Forze di difesa israeliane hanno dichiarato la sua cattura nella notte tra domenica e lunedì, asserendo che un commando della Shayetet 13, unità d’élite della Marina israeliana, è penetrata in territorio ostile per acquisire il target considerato di “alto livello” mentre tutto il settore di Gaza era sottoposto a pensanti raid aerei condotti dell’Aviazione israeliana, e i razzi lanciati da Hamas bersagliavano Tel Aviv portando quasi a “saturazione” il sistema di difesa anti-aerea Iron Dome. Il tutto, come sappiamo, dopo un assalto in territorio israeliano da parte di Hamas, caratterizzato da una risolutezza e un barbarie senza precedenti.
“Il prigioniero”, si apprende dalle informative diffuse, “è stato interrogato dai vertici della Difesa israeliana” ed ritenuto il “membro più anziano” di Hamas catturato da Israele dall’inizio dell’escalation e da quello che è già stato considerata da molti analisti come un completo fallimento dell’intelligence dello Stato Ebraico. Colta alla sprovvista dai miliziani di Hamas.
Una situazione delicata
L’occupazione dei villaggi e l’infiltrazione di terroristi di Hamas nei territori israeliani confinanti con la Striscia di Gaza ha scatenato l’immediata reazione delle Forze di difesa israeliane che hanno sventato diversi attacchi e tentativi di infiltrazione via mare, condotti proprio dalla forza navale di Hamas nelle prime ore di domenica 8 ottobre.
Ora, in attesa degli sviluppi dell’Operazione Swords of Iron, la risposta militare dello Stato ebraico ai terroristi di Hamas, la principale preoccupazione è legata alla vita dei 130 israeliani presi in ostaggio e probabilmente nascosti nella rete di tunnel e nascondigli che attraversano la striscia. Di questi, almeno una trentina sarebbero nelle mani di gruppi jihadisti.
Per questo motivo, e considerato il timore della comunità internazionale per l’escalation che potrebbe trascinare nel conflitto attori terzi infiammando il Medio Oriente fino al rischio incontrollabile di un conflitto tra l’Occidente e potenze islamiche, le capacità e la risolutezza degli incursori israeliani potrebbero fare la differenza come è già avvenuto in passato. Del resto, gli israeliani sono gli stessi uomini dell’Operazione Entebbe condotta dalla leggendaria Sayeret Matkal, l’unità.
La flottiglia speciale di Israele
Unità d’élite alle dipendenze della Marina israeliana, la Shayetet 13, asserragliata nella sua inaccessibile base-fortezza di Atlit, antico e castello templare che domina la costa a sud di Haifa, è considerata una delle principali unità delle forze speciali delle Forze di difesa israeliane insieme appunto Sayeret Matkal; ed è specializzato in incursioni via mare e via terra, operazioni antiterrorismo e ricognizioni anfibie per l’acquisizione di informazioni di intelligence. E benché sia noto abbia preso parte a tutte le principali guerre combattute da Israele, gran parte delle sue missioni e dei dettagli delle stesse sono preservati dal segreto militare.
Paragonata essenzialmente ai Navy Seal americani (anch’essi mobilitati in Europa data la presenza di cittadini americani tra gli ostaggi, ndr) e ai membri dello Special Boat Service britannico, gli incursori israeliani hanno uno stretto rapporto storico con il nostro Paese, dal momento che la Shayetet 13 deve in parte la sua nascita al fondamentale apporto e addestramento impartito degli uomini-rana italiani come di Fiorenzo Capriotti della Decima Flottiglia Mas, che, su invito del Sis (il servizio segreto italiano in auge tra il ’44 e il ’48, importò nel giovane Stato ebraico i mezzi subacquei e la tattiche di combattimento e sabotaggio che avevano già “terrorizzato e ammaliato” l’alto comando britannico avversario dell’Italia nella prima fase della Seconda guerra mondiale.
Gli incursori della Marina israeliana, al pari delle diverse unità designate come Sayaret, ossia unità speciali di commando israeliani con diverso dislocamento ed expertise, hanno praticamente preso parte ad ogni azione militare che ha riguardato la travagliata storia di Israele: dalla Crisi di Suez del ’56 alla Crisi del Libano del ’58, dalla guerra dei Sei Giorni dove condussero il temerario quando sfortunato “raid di Port Said”, alla Guerra dello Yom Kippur e ancora nella guerra combattuta con il Libano nei primi anni ’80. Quando inflissero pesatissime perdite a Hezbollah.
Pipistrelli contro Hamas
I pipistrelli silenziosi della Shayetet 13 – come recita il loro motto citato in apertura – hanno sempre preso parte alle operazioni anfibie e terrestri lanciate contro le organizzazioni terroristiche estremiste palestinesi che si impongono a Gaza e in Cisgiordania, fin dai primi anni 2000.
Impegnati nella “famigerata” battaglia di Jenin, consumata nel contesto dell’operazione Defensive Shield conseguente alla Seconda Intifada, hanno catturato le navi che tentavano di contrabbandare armi ai terroristi palestinesi, ottenendo una sicura “dimestichezza con il campo di scontro” che potrebbe tornare senza dubbio utile in questa nuova fase di conflitto. Dove si mira a “sigillare” la Striscia di Gaza, eliminando i terroristi che si sono resi responsabili degli eventi che stanno sconvolgendo l’opinione pubblica mondiale per crudeltà ed efferatezza. Ciò che si auspica, però, è l’infiltrazione di unità d’élite che possano agire senza fare terra bruciata come invece si teme.
La liberazione degli ostaggi, considerata la minaccia di Hamas che ha dichiarato di voler “giustiziare gli ostaggi uno dopo l’altro” per ogni raid o azione militare condotta dal governo israeliano ai danni dei territori palestinesi, è un nodo cruciale per frenare le ostilità ed evitare un’operazione terreste su vasta scala all’interno della Striscia di Gaza. Operazione che potrebbe mettere in grande difficoltà le Forze di Difesa israeliane costrette a muovere brigate corazzate e di fanteria in un ginepraio di vicoli e nascondigli sotto l’appoggio dei cacciabombardieri e degli elicotteri d’attacco che i centri abitati in dei cumuli di macerie.
Dove un tempo riecheggiava nella notte il motto Memento Audere Semper, oggi regna il silenzio della Shayetet. Governata, al pari di ogni unità della Sayaret, dallo spirito che segue lo stesso modus operandi degli incursori che fanno parte delle migliori forze armate occidentali, e che in tante lingue hanno sempre tradotto lo stesso pensiero: Chi osa vince. È improbabile che queste unità di coraggiosi non avranno la meglio e vinceranno il terrorismo ora che tutti ne sentono l’impellente bisogno.