Nella giornata di lunedì 17 gennaio un importante impianto di stoccaggio carburanti presso l’aeroporto internazionale di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, è stato colpito da un attacco utilizzante, molto probabilmente, dei droni. L’attacco, che ha causato un incendio e la morte di tre persone, come riferito da Associated Press, è stato rivendicato dagli Houthi, i ribelli yemeniti che combattono una coalizione guidata dall’Arabia Saudita.
A quanto sembra tre autocisterne hanno preso fuoco nella struttura, mentre un altro incendio si è sviluppato nell’aeroporto della capitale emiratina. Secondo i primi rapporti della polizia locale, sembra che ci fossero dei “piccoli oggetti volanti”, forse droni, in volo, quindi si suppone che potrebbero aver causato l’esplosione e l’incendio.
L’attacco è solo l’ultimo e arriva a poco tempo dal sequestro, da parte dei ribelli yemeniti, di una nave cargo battente bandiera degli Emirati che sarebbe stata carica di “rifornimenti militari” mentre era in navigazione nel Mar Rosso. Il sequestro della Rwabee è solo l’ultimo atto di “pirateria” in quelle acque attraversate da una rotta cruciale per il commercio internazionale e le spedizioni di fonti energetiche. Gli Houthi sembrano così voler colpire ancora una volta gli Emirati, in questo momento “anello debole” della coalizione, che sebbene abbiano in gran parte ritirato le proprie forze dal conflitto in Yemen, sono ancora attivamente impegnati nel sostegno alle milizie locali che combattono i ribelli sostenuti dall’Iran.
Gli Emirati Arabi Uniti sono in guerra in Yemen dall’inizio del 2015 è sono stati un membro chiave della coalizione guidata dai sauditi che combatte gli Houthi. Abu Dhabi, però, dal 2019 sembra volersi lentamente sfilare dal conflitto – molto probabilmente dietro pressioni statunitensi che passano anche dalle possibili vendite di armamenti, F-35 compresi – sebbene ci siano segnali che lasciano pensare che gli Eau non intendano completamente mollare la presa sullo Yemen.
Lo scorso maggio vi avevamo raccontato della comparsa di una “misteriosa” base aerea in costruzione sull’isola di Mayun, situata nello strategico Stretto di Bab el-Mandeb. Chi stia costruendo l’infrastruttura è ancora un mistero, ma funzionari del governo Yemenita e analisti di Janes ritengono possibile che dietro ci siano ancora gli Emirati Arabi Uniti. Si potrebbe anche pensare che gli Eau, ritenendo il Corno d’Africa “un luogo pericoloso” a causa della presenza di nazioni concorrenti e dei rischi connessi ai conflitti locali, abbiano ripiegato su Mayun per avere un sito prezioso per il monitoraggio del traffico navale da e per il Mar Rosso, piuttosto che una base per proseguire il conflitto in Yemen.
Gli Houthi recentemente sono stati messi sotto pressione e stanno subendo pesanti perdite poiché le forze yemenite, alleate e sostenute dagli Emirati Arabi Uniti, hanno respinto i ribelli nelle principali province meridionali e centrali del paese, vanificandone gli sforzi per completare il controllo dell’intera metà settentrionale dello Yemen. Le forze allineate al governo regolare sono state aiutate dalle Brigate dei Giganti sostenute da Abu Dhabi e hanno avuto il supporto degli attacchi aerei sauditi.
Tornando a quanto accaduto oggi, Etihad Airways ha affermato che “le misure precauzionali hanno provocato la breve interruzione di un numero limitato di voli” ma che le operazioni aeroportuali sono tornate alla normalità. L’altra serie di esplosioni ha colpito tre autocisterne nei pressi della raffineria della Abu Dhabi National Oil Co. nella zona industriale di Musaffah. Il terminal petrolifero è situato a circa 22 chilometri dal centro di Abu Dhabi, e vede a presenza di 36 serbatoi di stoccaggio carburante. È anche a breve distanza dall’importante base aerea di al-Dhafra, un’installazione militare che ospita le forze statunitensi e francesi.
Sebbene non sia ancora chiaro se effettivamente siano stati utilizzati droni, quindi non sappiamo nemmeno di che tipo possano essere, è noto che gli Houthi sono soliti condurre attacchi con questi piccoli velivoli carichi di bombe per colpire obiettivi in Arabia Saudita o negli Eau. Il gruppo ha anche lanciato missili balistici e da crociera, di fabbricazione iraniana, contro aeroporti, impianti petroliferi e oleodotti sauditi, nonché ha utilizzato barche con trappole esplosive per attacchi nelle principali rotte marittime.
La guerra asimmetrica degli Houthi in Yemen vede pertanto il coinvolgimento di importanti attori regionali che si affrontano “per procura” in un fronte che spesso travalica i confini yemeniti: recentemente alcune milizie sciite irachene sostenute dall’Iran hanno minacciato gli Emirati Arabi in risposta alla presunta interferenza di Abu Dhabi nella politica interna di Baghdad e a pochi giorni da un tentato attacco con razzi alla legazione statunitense, parzialmente neutralizzato dal sistema C-Ram dell’ambasciata. L’attacco nella capitale dell’Iraq è l’ultimo di una serie che ha preso di mira la presenza americana nel Paese dall’inizio dell’anno in occasione del secondo anniversario dell’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani e del comandante della milizia irachena Abu Mahdi al-Muhandi. Giovedì 6 sono state prese di mira le truppe americane in Iraq e Siria: razzi hanno colpito una base militare irachena che ospita truppe statunitensi nella provincia occidentale di Anbar e nella capitale.