L’impegno della Francia in Siria resta uno dei punti interrogativi di questa guerra infinita, complessa e logorante. Le forze francesi sono presenti nel Paese da anni. Lo stesso François Hollande comunicò ai giornalisti il primo raid aereo di Parigi sulla Siria contro le postazioni dello Stato islamico. Il tutto nel quadro della Opération Chammal, la campagna mediorientale francese contro l’Isis che prende il nome dal vento del nord-ovest che spira su Iraq e Golfo Persico.

Ma il punto interrogativo è sempre stato quello di comprendere la reale portata della presenza francese nella regione. Sempre presente nell’ambito della coalizione internazionale contro lo Stato islamico (dove ha già detto di voler uccidere più jihadisti francesi possibili) e con un sostegno a una ampio spettro di forze ribelli, Parigi non ha mai negato di pensare a una Siria senza Bashar al Assad. E quel famigerato cementificio francese che versò milioni di euro all’Isis getta ancora più ombre (o luci) sul senso di questa guerra francese in Medio Oriente.

L’ascesa di Macron e la Siria

Con l’avvento di Emmanuel Macron, la Francia ha dimostrato di voler rientrare prepotentemente nel grande gioco della diplomazia mondiale. E che era disposta a farlo anche attraverso le sue truppe. Non solo in Africa, dove Parigi vanta un retaggio coloniale che le permette di avere un ruolo di leadership in vaste aree del continente. Ma anche in Medio Oriente, lì dove sembrava essere stata espulsa, nel tempo, dagli Stati Uniti prima e dalla Russia poi.

Tra Libano, Iran, Israele ed Egitto, sono molti gli Stati dove la Francia ha una sua forza diplomatica notevole. Senza contare, gli enormi interessi delle monarchie del Golfo sul territorio francese. Ma anche militarmente serviva qualcosa di più. E la Siria, più dell’Iraq, anche per motivi storici, è divenuta un banco di prova importante.

Il presidente francese ha più volte dichiarato il suo impegno ad attaccare l’esercito siriano qualora venisse provato l’uso di armi chimiche. E in molti hanno paventato l’ipotesi che la Francia sia pronta a intervenire con i suoi aerei al fianco degli Stati Uniti.

Le truppe francesi sono già a Manbij

Dopo l’annuncio di Donald Trump di voler ritirare le truppe dalla Siria, in particolare dall’area nordorientale del Paese, sono in molti a credere che la Francia possa assumere un ruolo prioritario. Le forze francesi erano già presenti nell’area e il fatto che una rappresentanza ribelle sia andata in visita a Parigi, ne dimostra la presenza fisica sul terreno. Una visita che ha fatto andare su tutte le furie il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che ha già più volte ammonito Macron dal continuare con questa idea.

Ma la presenza francese a Manbij sembra già essere realtà. Fonti locali danno per certo il dispiegamento delle forze speciali francesi in tutta l’area. Una presenza che confermerebbe quanto sostenuto dai rappresentanti curdi e arabi invitati all’Eliseo a fine marzo.

Secondo quanto appreso dal sito Debka, legato all’intelligence israeliana, le forze speciali francesi si sono trasferite in due basi statunitensi su suolo siriano: Manbij e Remelin. E mentre il presidente degli Stati Uniti diceva di voler ritirare rapidamente le truppe Usa dalla Siria, il Pentagono ha inviato in tutta fretta i marines per bloccare ogni tentativo di assedio da parte della Turchia. “Gli ingegneri militari statunitensi stanno anche costruendo una nuova struttura nel minuscolo villaggio di Dadat, a 8 km a est del fiume Sajur, come base per la nuova linea di difesa degli Stati Uniti” riporta il sito israeliano.

Tra domenica e lunedì 1 e 2 aprile, le forze francesi si sono trasferite nella Siria settentrionale. Le truppe di terra sono arrivate a Manbij per unirsi ai marines statunitensi. Gli aerei e gli elicotteri sono invece atterrati a Remelin, per fornire supporto aereo ai contingenti statunitensi e francesi di terra.

La mossa rientra perfettamente nella sinergia nata tra Macron e Trump. Il presidente Usa vuole una riduzione dell’impegno militare in Siria. E questo nonostante la furia dei generali che lo circondano. Il presidente francese, dall’altra parte, smania per mostrarsi come unico leader europeo protagonista in Siria. Macron ha dichiarato che vuole collaborare con i curdi per mettere in sicurezza l’area da un possibile risorgere dell’Isis. Ma il motivo sembra essere molto più ampio: inserirsi nel complesso gioco per il futuro della regione. Da una parte fermando le mire espansionistiche di Erdogan, dall’altra osservando da vicino l’evoluzione del conflitto in Siria. Il tutto, val bene ricordarlo, nel territorio di uno Stato che è, formalmente, invaso.

Macron e Trump discutono di una risposta contro Damasco

Donald Trump ed Emmanuel Macron hanno deciso per una “forte risposta unita” al presunto attacco chimico a Douma. I due leader “si sono scambiati le informazioni e le analisi sull’attacco che confermano l’uso di armi chimiche”, ha scritto l’Eliseo in una nota. I due leader hanno stabilito “di coordinare le loro azioni ed iniziative” al Consiglio di Sicurezza che si riunirà oggi. Intanto, la Francia nega, al pari degli Usa, un coinvolgimento nell’attacco missilistico alla base siriana T-4, vicino Homs.

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