Decollo su allarme per gli F-35 dell’Aeronautica Militare impegnati nell’operazione Northern Lightning II nei cieli di Islanda. In un comunicato stampa del 3 luglio l’Arma Azzurra fa sapere che due coppie di velivoli di quinta generazione ridislocati a Keflavik per l’attività di Air Policing della Nato sono dovuti decollare in “scramble” per intercettare velivoli “provenienti dal mar di Norvegia”.

L’ordine di decollo rapido è stato lanciato dal Combined Air Operations Centre (Caoc) Nato con sede ad Uedem (Germania) e quindi gestito dal Control & Reporting Center (Crc) di Keflavik.

Si tratta della prima missione di alpha scramble per i caccia intercettori italiani impegnati nell’operazione di sorveglianza dello spazio aereo nord europeo.

L’attivazione dei velivoli F-35A in Quick Reaction Alert (Qra) è stata richiesta in quanto alcuni velivoli non identificati si stavano dirigendo verso lo spazio aereo islandese.

Leggiamo nel comunicato dell’Aeronautica che una prima coppia di velivoli italiani, decollati in pochi minuti, ha raggiunto l’area di interesse e, in accordo alle procedure Nato, ha effettuato l’identificazione degli assetti provenienti dalla Norvegia.

Un’ulteriore coppia di velivoli è decollata successivamente a protezione dello spazio aereo, effettuando attività di pattugliamento in circolo, impegnati in una attività chiamata Combat Air Patrol (Cap), al fine di assicurare un rapido intervento qualora gli assetti già identificati avessero interessato lo spazio aereo di competenza. Così almeno si legge nella versione ufficiale, che è un modo “militare” di dire che la seconda coppia è decollata per fornire ulteriore copertura vista la numerosa ed “eterogenea” presenza di velivoli intrusi, come vedremo a breve.

L’Aeronautica Militare non riporta la nazionalità dei velivoli in avvicinamento alla Adiz (Air Defense Identification Zone) islandese ma sappiamo, grazie a uno stringato comunicato del Ministero della Difesa russo emesso lo stesso giorno, che si tratta di velivoli della Vks, l’aeronautica militare di Mosca. Si legge infatti che “tre aeromobili Tu-142 della flotta settentrionale hanno completato un volo programmato sulle acque neutrali del mare di Barents, i mari della Norvegia e l’Atlantico nord-orientale”. La missione dei pattugliatori marittimi  Bear F, così è definito il Tupolev Tu-142 in codice Nato, è durata 12 ore e in alcune parti della loro rotta, gli aerei russi sono stati scortati da caccia F-16 norvegesi e da aerei F-35 dalla base aerea di Keflavik.

La scorta per il volo dei Tu-142 della Flotta Settentrionale è stata fornita da MiG-31 come parte del programma di addestramento al combattimento per gli equipaggi dei velivoli coinvolti nell’operazione. Il Cremlino fa sapere anche che sulla rotta di volo di ritorno, gli equipaggi dei quadriturboelica antisommergibile hanno fatto rifornimento in volo da un’aerocisterna Il-78.

L’Aeronautica Militare Italiana partecipa con continuità all’Interim Air Policing, attività svolta dalla Nato sin dagli anni ’50 che consiste nella continua sorveglianza dello spazio aereo Nato e nell’identificazione di tutte le eventuali violazioni integrando i rispettivi dispositivi di difesa aerea dei Paesi membri dell’Alleanza, sin dal 2004 con le missioni in Slovenia, reiterate poi anche in Albania a partire dal 2009, Montenegro dal 2018, ed in particolare è già stata impegnata in Islanda per cinque volte dal 2013 a oggi, oltre ad aver operato in missioni di Enhanced Air Policing a favore dei Paesi membri del fianco orientale quali Bulgaria, Romania ed Estonia.

In quest’ultimo caso si è trattato di un potenziamento dell’attività di sorveglianza dello spazio aereo, prevalentemente con l’impiego dei velivoli F-2000 Eurofighter.

L’operazione Northern Lightning II vede impiegati, per la seconda volta in Islanda, i velivoli F-35A del 32esimo Stormo di base ad Amendola (Foggia). Il primo schieramento dei cacciabombardieri stealth di quinta generazione a Keflavik risale a settembre del 2019: in quella occasione i sei F-35 con le coccarde tricolori sono stati impegnati per tre settimane nei cieli islandesi appoggiati da C-130J e aerocisterne KC-767 rispettivamente della 46esima Brigata aerea di Pisa e del 14esimo Stormo di Pratica di Mare che hanno fornito il supporto logistico; per la sicurezza a terra è stato impiegato un team costituito da personale del 16esimo Stormo “Fucilieri dell’Aria” dell’Aeronautica Militare di Martina Franca (Taranto) mentre la sicurezza dei voli di trasferimento è stata garantita dal pattugliatore P-72 del 41esimo Stormo con compiti Sar (Search and Rescue).

Proprio durante quella missione i nostri F-35 hanno raggiunto un’importante certificazione operativa: la cosiddetta Full Operational Capability (Foc). Questo traguardo ha permesso all’Italia di essere il primo Paese della Nato a utilizzare gli F-35 in condizioni operative. La missione di Air Policing per preservare l’integrità dello spazio aereo Nato in Islanda si rende necessaria in quanto, come noto, Reykjavik non dispone di proprie Forze Armate (eccezion fatta per un corpo di Guardia Costiera) e pertanto delega la sua difesa agli altri Paesi dell’Alleanza Atlantica.

Questa seconda Northern Lightning II durerà circa due mesi per i sei caccia F-35 dell’Aeronautica, che sono arrivati a Keflavik il 7 giugno scorso, quando col primo alzabandiera è cominciata ufficialmente la missione. Dal punto di vista operativo non cambia nulla rispetto alla missione dell’anno scorso, ma la differenza della tempistica di impiego, più lunga rispetto a quella precedente, certifica che i nostri velivoli sono pienamente maturi e in grado di effettuare operazioni in modo efficace anche in teatri distanti, senza considerare poi l’ulteriore testimonianza della capacità dell’Aeronautica Militare di fornire sostegno logistico in modo continuo ai suoi assetti dislocati “fuori sede”.

Un lavoro importante, che fornirà ulteriori credenziali politiche all’Italia nel consesso dell’Alleanza, e che viene svolto, lo ricordiamo, in tempi di pandemia, quindi con particolari protocolli sanitari da osservare. Misure che in ambito militare rappresentano una sfida che non è così scontato si possa vincere, come dimostrano i focolai di Covid19 scoppiati a bordo di unità navali statunitensi nel recente passato.