Sono passati più di 40 giorni dall’inizio dell’operazione “Sorgente di pace” lanciata dalla Turchia contro il Rojava con l’intento dichiarato di liberare la zona di confine della Siria dalla “minaccia terroristica”. Per Ankara la presenza delle Syrian democratic forces e della YPG/YPJ vicino all’area a maggioranza curda della Turchia ha sempre rappresentato un problema non solo di politica estera, ma anche interna a cui il presidente Recep Tayyip Erdogan ha reagito lanciando una nuova operazione militare.
In teoria il Sultano ha già raggiunto in parte uno degli obiettivi che si era prefissato prima di iniziare l’invasione della Siria del Nord-est, ossia l’imposizione di una safe zone di 30 chilometri di profondità lungo tutto il confine. Il presidente turco aveva intenzione di mettere le mani su quella fascia di territorio che va da Derik a est fino a Kobane a ovest. Attualmente l’area sotto il controllo turco va da Serekaniye fino ad Ain Issa, ma le operazioni non sono ancora concluse e la stabilità è ancora lontana.
La minaccia di una nuova operazione
Turchia e Russia avevano di recente raggiunto un accordo per la creazione di una safe zone nell’area che va da Serekaniye fino ad Ain Issa e sottoposta al pattugliamento congiunto delle forze russe e turche. Il presidente Putin si era anche impegnato a garantire il ritiro delle milizie curde dall’area, fermando così l’avanzata dell’esercito turco ed ergendosi a difensore (insieme a Bashar al Assad) della popolazione del Rojava. La Russia aveva pubblicamente affermato di aver tenuto fede alla parola data e le stesse forze curde avevano accettato non solo di scendere a compromessi con il Governo di Damasco dopo l’abbandono americano, ma anche di sottostare alle richieste turche per proteggere i civili. Il presidente turco però non è dello stesso parere: il 19 novembre Erdogan ha minacciato una nuova operazione militare lungo il confine, asserendo che la minaccia curda persiste e che la Russia non ha rispettato gli accordi presi sulla safe zone. Il presidente ha ricordato ancora una volta che il suo obiettivo è liberare non solo la Siria ma anche l’Iraq dalla “minaccia terroristica” e che non si fermerà finché non avrà portato a termine questo compito.
Le ultime dichiarazioni di Erdogan hanno messo in luce le tensioni latenti tra la Turchia e la Russia nella gestione della questione curda. Il presidente turco non è soddisfatto dall’estensione della safe zone, né dal controllo congiunto dell’area con la Russia. Nelle ultime settimane tra l’altro non sono mancati gli scontri tra le forze di Damasco e le milizie cooptate dalla Turchia nel nord-est della Siria, segno che la tensione tra le forze in campo continua ad essere alta.
La situazione attuale
La zona calda della Siria del nord-est attualmente è quella di Til Temir, sottoposta da giorni ai bombardamenti della Turchia e difesa dalle forze curde e dalle SAA di Damasco. Per l’esercito turco prendere il controllo della città è importante per poter estendere manu militari la profondità della zona di sicurezza e arrivare così fino all’autostrada M4. Fin dall’inizio dell’operazione militare la Turchia ha voluto impossessarsi di questo nodo stradale particolarmente strategico per poter interrompere le linee di comunicazione tra le città in mano curda. Avanzando fino al Til Temir infatti l’esercito turco sta isolando sempre di più Derik (al confine con l’Iraq), Qamishlo e la regione di Hasaka dove ha trovato rifugio la maggior parte delle persone scappate dalla zona lungo il confine.
Le mire di Erdogan però non si limitano solo all’area più ad est della Siria. Il presidente turco ha un piano più ambizioso: conquistare Kobane e Manbij così da arrivare fino ad Afrin e Idlib, zone già da tempo sotto il controllo diretto o indiretto della Turchia. Proprio lungo l’asse Ain Issa-Kobane si registrano da giorni scontri tra le forze turche e quelle curde e siriane, con particolare intensità nei dintorni di Ain Arab, secondo quanto riportato da LiveuaMap. Sempre nell’area intorno a Kobane sono anche iniziati i pattugliamenti congiunti russo-turchi, a cui la popolazione locale sta però opponendo resistenza: il Rojava information center da giorni parla di pietre e molotov lanciate dai civili contro le vetture militari che attraversano le loro città, operazione che è anche costata la vita ad alcune persone rimaste schiacciate dai carri armati. Allo stato attuale, resta da vedere se la Turchia riuscirà davvero a impossessarsi di Kobane, assestando in questo caso un duro colpo non solo ai curdi ma anche a Damasco.