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A pochi giorni dall’attentato rivendicato dall’Isis a Baghdad contro i pellegrini sciiti in visita al santuario Musa Al – Khadim e dalle proteste dai toni anti sunniti e anti curdi dei manifestanti sciiti contro il Parlamento iracheno, le recenti dichiarazioni del Vice Presidente Usa, Joe Biden, critiche nei confronti dei confini tracciati sulla sabbia in cui popolazioni ed etnie sarebbero state messe insieme a caso, fanno riemergere con forza il possibile scenario di una divisione in senso federale dell’Iraq.A spingere in questa direzione sono i curdi della Regione Autonoma del Kurdistan iracheno che, proprio qualche giorno fa, grazie all’azione dei Peshmerga, sono riusciti a liberare, con il contributo dell’aviazione statunitense, il villaggio di Bashir, a sud di Kirkuk, conquistato nel 2014 dai miliziani dello Stato Islamico.BeshirLa città era rimasta a lungo nelle mani dell’Isis che aveva anche lanciato razzi carichi di armi chimiche contro la città di Taza, uccidendo 3 bambini e ferendo un centinaio di persone lo scorso marzo.Le operazioni di liberazione della città sono durate meno di 24 ore, come ha confermato Steve Warren, portavoce della missione americana contro l’Isis, Operation Inherent Resolve (OIR), e, da quanto si apprende da fonti di sicurezza curde, i Peshmerga sarebbero riusciti dove le milizie sciite Hashed al Shaabi avevano più volte fallito. È notizia di ieri che sempre i Peshmerga, sostenuti dall’aviazione della coalizione internazionale a guida Usa, hanno respinto un’offensiva dell’Isis a Nord di Mosul.Queste ennesime dimostrazioni delle capacità militari dei combattenti Peshmerga hanno contribuito a rafforzare la posizione del governo regionale del Kurdistan nei confronti di Baghdad e nei riguardi della stessa Comunità internazionale.Non sfugge infatti che proprio il ruolo svolto dai combattenti curdi nell’estate del 2014 sia stato essenziale nel frenare l’avanzata dell’Isis a fronte di un esercito iracheno in cui si registravano diserzioni di massa.La stessa liberazione di Tikrit, che ha contribuito a rafforzare il peso dei curdi, è stata vista con sospetto da Baghdad che teme una possibile resa dei conti con il governo regionale del Kurdistan nel momento in cui l’Isis sarà sconfitto sul territorio iracheno.

Non è una novità che lo sconvolgimento e l’azzeramento da parte dell’Isis dei confini definiti con l’accordo di Sykes – Pikot nel 1916 abbiano contribuito in vario modo a riaccendere il dibattito sull’autodeterminazione e sull’indipendenza dei curdi iracheni.Proprio ieri Masrour Barzani, responsabile per il Comitato per la Sicurezza del Kurdistan (KRSC), in un lungo editoriale pubblicato sul Washington Post, ha duramente riconosciuto il fallimento dell’Iraq come stato per la sua incapacità di difendere, nell’estate del 2014, ad undici anni dalla caduta di Saddam Hussein, la popolazione e la sua stessa esistenza di fronte all’avanzata dell’Isis.La stessa convivenza forzata di popoli e confessioni che avevano ben poco in comune non ha funzionato ed è per questo che Barzani ha annunciato che il governo regionale del Kurdistan iracheno terrà un referendum per diventare uno stato sovrano, formalizzando la rottura con Baghdad.La scelta, che avrà anche importanti ripercussioni economiche per quanto riguarda l’estrazione e l’esportazione del petrolio della regione curda, è motivata anche dalla consapevolezza di essere un partner affidabile nella lotta contro l’Isis e, al tempo stesso, un paese che ha saputo accogliere profughi in fuga dall’Isis, oltre che essere la regione che attualmente ospita il più alto numero di cristiani sfollati, ai quali Baghdad non ha potuto dare rifugio.Il governo regionale del Kurdistan avvierà negoziati amichevoli sia con Baghdad, affinché vengano tutelati i reciproci interessi, sia con la Turchia e l’Iran per spiegare loro che questa iniziativa non andrà a destabilizzare i loro confini e i loro assetti.Non sfugge dall’editoriale di Barzani l’attenzione ai futuri rapporti con Turchia e Iran ma soprattutto la volontà di ribadire e ricordare di essere stati l’unica forza militare sul campo ad essersi battuta contro l’Isis nel momento più drammatico della storia dello Stato iracheno.Uno stato che in questi due anni, secondo Barzani, ha filtrato tutti gli aiuti militari e soprattutto quegli armamenti che avrebbero fatto la differenza, per la difesa del governo regionale del Kurdistan e per la lotta all’Isis. Una regione, quella del Kurdistan iracheno, che anche in virtù del fatto di ospitare contingenti militari di più di una dozzina di paesi, si sente ormai parte a pieno titolo della Comunità internazionale.

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