L’allarme lo ha lanciato il generale John Hyten, comandante dello Stratcom, il comando strategico degli Stati Uniti: l’Us Air Force ha solo una manciata di bombardieri strategici B-1B pronti all’impiego.
“Attualmente, dell’intera flotta di bombardieri B-1, abbiamo solo sei velivoli in grado di essere pienamente impiegati in missione: cinque sono ripartiti tra la base di Ellsworth (South Dakota) e quella di Dyess (Texas), uno è un aereo per test di volo, altri 15 sono in deposito” sono state le parole del generale Hyten “i rimanenti 39 sul totale di 44 B-1 in forza all’Usaf di stanza nelle basi di Ellesworth e Dyess non sono disponibili per una varietà di problemi e ispezioni”.
Il B-1B: il bombardiere che doveva sostituire il B-52
il progetto del bombardiere B-1 nasce sul finire degli anni ’60 per rispondere ad una specifica del Pentagono per un bombardiere a lungo raggio dalle caratteristiche high-altitude supersonic/low-altitude high subsonic, che avrebbe dovuto rimpiazzare la linea di B-52 a partire dal 1980: il cosiddetto programma Lamps (Low Altitude Manned Penetrating System).
La North American Rockwell (ora Rockwell International) venne selezionata per la costruzione di tre prototipi volanti ed un velivolo per test a terra. Il 5 giugno del 1970 la Rockwell International, nata dalla fusione con la North American Aviation, si aggiudicò il contratto per lo sviluppo del nuovo bombardiere che venne denominato B-1A.
Il primo volo del B-1A fu effettuato il 23 dicembre del 1974 ed il primo finanziamento per la produzione di 244 velivoli venne messo a bilancio nel 1978 sotto l’amministrazione Ford. Successivamente, il 30 giugno del 1977, l’amministrazione del presidente Carter cancellò l’intero programma sacrificato, per esigenze economiche, in favore dello sviluppo di un nuovo missile da crociera.
L’avvento di Reagan alla presidenza cambiò ancora una volta le sorti della rivoluzionaria macchina di Rockwell: ad ottobre del 1981 la nuova versione del bombardiere, il B-1B, venne selezionata per il programma Lrca (Long Range Combat Aircraft), in quanto il velivolo soddisfaceva gli studi del Dipartimento della Difesa – cominciati proprio nel 1977 – volti a determinare i requisiti del nuovo bombardiere strategico. Studi che stabilirono come il B-1B fosse il migliore candidato in grado di soddisfare le richieste del dicastero della Difesa.
Il B-1B, anche se ha una linea molto simile a quella del B-1A, risulta essere una macchina molto diversa: le differenze riguardano l’avionica, il carico bellico, il raggio d’azione e la velocità massima. Riportiamo, a titolo d’esempio, come il massimo carico bellico possibile sia passato da 177.750 a 214.650 chilogrammi, se pur i miglioramenti sostanziali riguardano proprio le dotazioni elettroniche di bordo.
Il primo B-1B è stato consegnato all’Usaf, presso la base di Dyess in Texas, nel giugno del 1985 ed ha raggiunto la Ioc (Initial Operational Capability) il primo ottobre del 1986. Il centesimo velivolo è stato consegnato il 2 maggio del 1988. Nel 2000 l’Usaf annoverava nei suoi registri 95 velivoli di cui 82 operativi.
Il B-1B nasce come un velivolo per il bombardamento convenzionale e atomico ma ha perso quest’ultima prerogativa nel 1994 quando l’Usaf ha eliminato la missione nucleare dall’addestramento degli equipaggi. La conversione del bombardiere in “solo convenzionale” è però cominciata, sotto l’egida del trattato Start, nel 2007 ed è stata completata a marzo del 2011. Per effettuare questo tipo di conversione sono state eseguite due modifiche: sono stati eliminati i cablaggi di armamento dei dispositivi atomici dalle stive bombe e sono state saldati delle “toppe” metalliche ai punti di aggancio per i missili da crociera nucleari sui piloni del bombardiere.
Un problema di usura e scarsa manutenzione
Se ora l’Usaf lamenta il grosso problema di disponibilità del B-1B la colpa è da imputare essenzialmente al pesante utilizzo che ne è stato fatto nell’ultima decade che ha messo a dura prova la resistenza all’usura dei velivoli, ormai vecchi di 30 anni.
Il generale Hyten ha affermato, infatti, che “abbiamo problemi col B-1 perché lo abbiamo sfruttato sino all’osso, schierandolo e ancora schierandolo ovunque. Pertanto abbiamo dovuto ritirarlo un poco (dal servizio attivo n.d.r.) e pensare a sistemare i problemi. La manutenzione può essere effettuata solo se viene stabilmente finanziata”.
Il generale Tim Ray, comandante del Afgsc (Air Force Global Strike Command), ha rimarcato che “normalmente viene impiegato il 40% delle forze in tuo possesso nelle operazioni – escluse quelle in deposito – noi invece abbiamo utilizzato tra il 65 ed il 70% della forza complessiva dei B-1 per oltre una decade”.
A marzo di quest’anno, l’intera flotta è stata messa a terra per ispezioni a seguito di problemi riscontrati col sistema di eiezione del velivolo e a giugno lo stesso problema si è ripresentato causando il ritiro dei velivoli dalle operazioni per circa tre settimane a seguito di un atterraggio di emergenza di un B-1B avvenuto il primo maggio sull’aeroporto di Midland, in Texas.
L’efficienza operativa del B-1 è crollata rispetto al passato: se nel 1993 era pari al 57% – comunque ben lontana dal 75% richiesto dall’Usaf – ora risulta essere del 51.75%. Molto bassa soprattutto se paragonata a quella del B-2 e del B-52, rispettivamente pari al 60.7 e 69.3%.
Il problema della manutenzione non affligge solamente la flotta di B-1B, bensì è diffuso in tutta l’Air Force: a fronte di una maggiore richiesta di uomini e mezzi dai fronti operativi non si è avuto un parallelo incremento delle disponibilità, anzi, i tagli al bilancio hanno pesantemente ridotto il numero di velivoli ed equipaggi, sia di volo sia di terra, in grado di mantenere lo stesso livello di prontezza operativa.
I turni di servizio si sono infatti notevolmente allungati provocando anche l’aumento dell’usura delle macchine, la maggior parte delle quali hanno già parecchi anni di vita alle loro spalle, quindi sempre meno stormi riescono ad avere velivoli efficienti ed in condizioni “operative”. Allo stesso modo il carico di lavoro dei piloti è aumentato oltremisura venendo prelevati da altri reparti per “tappare i buchi” generati dalla riduzione degli stormi e dall’indisponibilità dei velivoli, il tutto quindi si traduce in un aumento del carico di lavoro complessivo.
Con solo una manciata di B-1B disponibili, a fronte di una flotta complessiva di 62 velivoli che saranno ritirati nel 2036, viene intaccata anche la capacità di deterrenza strategica convenzionale, stante il fatto che i B-2 vengono conteggiati solo per il bombardamento atomico, utilizzo condiviso anche da una buona fetta dei 76 B-52H in forza all’Usaf.