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Il trattato New Start sulla riduzione degli arsenali nucleari di Russia e Stati Uniti vedrà presto la scadenza e nonostante i negoziati attualmente in corso a Vienna tra i rispettivi inviati diplomatici, il suo futuro sembra tutt’altro che certo.

Esistono infatti delle criticità che probabilmente non potranno essere risolte, come ad esempio la volontà di Washington di includere anche Pechino nel nuovo accordo, e pertanto, nella migliore delle ipotesi, la validità del trattato potrebbe essere estesa solo per ulteriori cinque anni, se non addirittura vedere la fine.

Cosa succederebbe se il New Start cessasse di esistere? Se si lasciasse scadere il trattato le dimensioni degli arsenali nucleari di Stati Uniti e Russia non avrebbero più limiti per la prima volta da decenni. Le procedure di trasparenza incluse nel New Start e nei trattati precedenti (Start I, II e Trattato di Mosca) cesserebbero di avere effetto, nel qual caso entrambe le parti perderebbero i mezzi per avere una conoscenza diretta delle capacità del loro avversario. Infine con la cessazione delle ispezioni in loco, la fine degli scambi di informazioni ed il ritorno della crittografia per i dati dei test di volo, aumenterebbe esponenzialmente l’incertezza sulla consistenza e capacità delle reciproche forze nucleari, generando insicurezza e di conseguenza instabilità.

La possibile estensione ha diviso l’opinione degli esperti e della politica americana. C’è chi sostiene che prolungarlo sarebbe controproducente perché il trattato non copre i nuovi sviluppi tecnologici inclusa la crescita del numero di armi nucleari russe a corto raggio in grado di colpire gli alleati degli Stati Uniti della Nato; soprattutto non copre i nuovi sistemi “esotici” che la Russia ha sviluppato molto di recente oltre alla sua già accennata natura esclusivamente bilaterale, che quindi non pone vincoli alle forze nucleari cinesi che sono attualmente in espansione.

Al contrario, chi ritiene che occorra prolungarlo, lo afferma sostenendo che che la Russia ha sempre rispettato il New Start (nonostante abbia violato alcuni trattati precedenti); che in cinque anni sarebbe possibile coinvolgere la Cina nei colloqui sul controllo degli armamenti, inoltre, l’estensione del trattato fornirebbe tempo per quelli che probabilmente sarebbero negoziati lunghi ed estesi non solo per un accordo multilaterale ma anche per apportare modifiche che includano i nuovi sistemi d’arma.

Quali strade si aprirebbero per gli Stati Uniti in uno scenario post New Start? Sostanzialmente Washington si troverebbe a dover decidere tra tre scenari, e a riferirlo e il Cbo (Congressional Budget Office) che ha stilato in un rapporto anche i loro possibili costi.

Gli Usa potrebbero adeguare il proprio arsenale allo status quo del Trattato di Mosca del 2002, e cioè espandendo l’attuale limite di di 1550 testate sino alla soglia di 2200. Questo scenario, e rimanere sul percorso attuale del New Start, sono le opzioni meno costose. Si calcola infatti che il budget non vedrebbe degli aumenti rispetto a quanto già preventivato.

L’espansione sino ai limiti del trattato Start II (3500 testate e 1004 Sdv – Strategic Delivery Vehicle) del 1993 richiederebbe 100 milioni di dollari per aumentare il numero di testate senza costruire nuovi vettori di lancio al di fuori di quelli già programmati, mentre un approccio più flessibile che prevede la costruzione di nuovi Sdv viene stimato possa costare tra i 114 miliardi e i 172 miliardi di dollari globalmente e dai 3 agli 8 miliardi all’anno. Infine l’aumento sino ai limiti del trattato Start I del 1991 (6000 testate 1600 Sdv) costerebbe fino a 439 miliardi di dollari totalmente e 28 miliardi all’anno. Questi costi sono al netto di quelli del Dipartimento dell’Energia per la creazione dell’esplosivo atomico, la costruzione di una nuova testata ed il suo immagazzinamento ma il Cbo ha stimato che potrebbero variare da 15 a 20 milioni di dollari ciascuna, che equivarrebbe a una cifra che oscilla tra i 45 e i 60 miliardi in caso si raggiungesse il limite 6000 testate.

Ma anche non espandere il proprio arsenale potrebbe avere un costo esorbitante, soprattutto se da parte di Mosca si decidesse di intraprendere una nuova corsa agli armamenti nucleari. Continuare ad avere l’attuale numero di testate e Sdv significherebbe per gli Stati Uniti essere più dipendenti dai sistemi di sorveglianza satellitare (le ispezioni sarebbero proibite) quindi dover aumentare il numero di sistemi in orbita col compito di ricognizione e allarme precoce, soprattutto per avere la capacità di ridondanza in caso il nemico decida di colpirli con armi Asat (Anti Satellite).

Vorrebbe anche dire dover implementare i sistemi antimissile (Abm) come il Gmd (Ground-based Midcourse Defense): 40 nuovi silos nella base di Fort Greely in Alaska insieme all’acquisto di nuovi missili intercettori costerebbero circa 5 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti poi dovrebbero anche espandere o accelerare lo sviluppo di altri sistemi di difesa missilistica, compresi quelli progettati per contrastare le nuove armi ipersoniche il che comporterebbe costi aggiuntivi. Washington dovrebbe anche aumentare le sue capacità convenzionali per rafforzare la sua capacità di deterrenza, e un modo per farlo sarebbe quello di accelerare i programmi di sviluppo per armi ipersoniche o missili balistici convenzionali a raggio intermedio (Irbm) che ora non sono più vincolati dal Tratto Inf, recentemente decaduto.

Un altro problema che dovrebbero affrontare riguarda le armi nucleari tattiche, non sottoposte al Trattato, di cui gli Usa attualmente dispongono di un solo un tipo: la bomba a caduta libera B-61. Secondo una stima, circa 150 di queste bombe sono basate in Europa in ambito Nato col sistema “a doppia chiave” (circa 40 sono in Italia), e altre sono immagazzinate negli Stati Uniti. Si ritine che, a confronto, la Russia abbia una scorta di questi ordigni notevolmente più grande pari a circa 1800 testate non strategiche. Proprio per colmare questo divario, nella recentissima Nuclear Posture Review americana, pubblicata nel gennaio 2018, si è chiesto di espandere le forze nucleari non strategiche sviluppando e schierando un nuovo missile da crociera (Slcm) con possibilità di avere carica nucleare.

Non sappiamo quale sarà la strada che verrà intrapresa dagli Stati Uniti, e soprattutto non sappiamo quale sarà la sorte del New Start o se si arriverà ad un nuovo accordo che includerà anche i nuovi sistemi d’arma, quello che sappiamo, però, è che l’attuale situazione rappresenta, per la prima volta dopo decenni un “disequilibrio del terrore” che ci ha riportato con le lancette indietro nel tempo.

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